lunedì 3 settembre 2012



Questo fresco mi fa bene…

Dopo quattro, forse cinque mesi di caldo torrido, senza una nube nel cielo e uno scroscio di pioggia, senza la messa in scena dell’abituale passeggera burrasca nei giorni della tradizionale “Festa dell’Unità” nel castagneto di Doccioli, a due chilometri dal paese, tre giorni fa mi sono svegliato per andare in bagno e, come faccio sempre, ho guardato la sveglia fosforescente, posta un po’ di sghembo sul comodino all’altro lato del letto, ho visto il numero 7 e qualcosa dietro e mia moglie ha detto “Stamani c’è una strana oscurità, per quest’ora!” E’, si  alle sette ci dovrebbe essere il sole abbastanza alto…e poi non si sentono rumori nella strada…”. Son tornato a letto, ma non riuscivo più a dormire. Ho pensato di alzarmi e mettermi a lavorare, con la mente riposata, all’indice dei nomi di un libro che, iniziato molti anni fa, compensa in questa fase la mia abulia e aridità creativa. Ma poi, la pigrizia ha avuto la meglio e mi son rimesso sotto il lenzuolo, immergendomi delle consuete fantasticherie. Ma ecco il primo segnale d’allarme: una luce accecante è penetrata nella camera da “malchiuse imposte” (avrebbe detto Montale)  e subito appresso il rumore del tuono, una vera e propria cannonata! al quale ha fatto seguito un tambureggiare assordante, il tremare dei vetri e lo scroscio di tre elementi, quasi dimenticati: il fulmine, la grandine e la pioggia! Mi sono alzato di nuovo per chiudere bene le finestre, calare le serrande, aprire la porta dello stanzino dove dorme la gatta, agitatissima e impaurita, staccare le televisioni e il computer…ho dato anche un’occhiata all’orologio a pile che è in cucina e con sorpresa ho notato che erano le 5 e mezzo del mattino! L’orologio digitale di camera era stato rimesso male, spostato in avanti di 12 ore esatte! Con queste due ore guadagnate, tra l’infuriare del temporale, mi sono finalmente riaddormentato. Intermezzo d’autunno al declinar dell’estate. Fa presto da noi a venir freddo, dato che il paese, a mezza costa di un monte boscoso, è ubicato tra i 500 ed i 650 metri sul livello del mare. La mia casa è proprio a 600 metri di quota e aperta a nord ed est, cioè ai venti più freddi. Adesso il tempo è variabile, la temperatura interna è di 20 °C e quella esterna di 17°C. Ogni giorno piove un po’, ma ci vorranno mesi di pioggia per ripristinare il livello delle falde acquifere, dalle quali attingiamo il prezioso liquido per uso potabile e ridar vita al corso del torrente Pavone. Quest’anno avremo un magro raccolto di castagne, mentre per la raccolta dei funghi c’è ancora speranza. Questo fresco mi fa bene. Mi godo la casa, il cibo, la lettura ed anche il lavoro. Oggi, ad esempio, ho praticamente messo la parola fine alla bozza della seconda edizione dei proverbi licenziosi, che è passata dai 1200 ai 1800 proverbi! La vorrei chiamare “TIRA PIU’ UN PELO DI TOPA,
CHE CENTO PAIA DI BOVI…Proverbi licenziosi ed altri motti spiritosi della cultura orale nelle Colline Metallifere e in Maremma, tra i fiumi Magra e Fiora, in Toscana, con l’aggiunta di alcune espressioni proverbiali, latine, italiane e straniere”. C’è più poesia in questi proverbi che nelle mie raccolte poetiche di sessant’anni di scrittura! Vi voglio anticipare la premessa:

“Durante la raccolta dei proverbi sulla pastorizia, iniziata più di venti anni fa, della quale ho pubblicato (1999), con l’amica Claudia, un primo libricino, dal titolo “Fiorin di cacio, facciamo finta di chiamare il micio…”, ho appuntato diligentemente tutti i motti, i modi di dire, i proverbi, e modi proverbiali, relativi all’immaginario della sfera dell’eros che via via mi capitavano sotto gli occhi: dall’innamoramento all’amore, al matrimonio, alla voluttà, agli eccessi, al tradimento ed alla fiducia, alla fisicità del corpo umano, alla trivialità dell’invettiva, così come sono stati tramandati, molte volte soltanto oralmente, nel territorio compreso tra i fiumi Magra e Fiora, nelle Colline Metallifere e in Maremma, in Toscana, con l’aggiunta di alcune espressioni proverbiali, latine, italiane e straniere. Vi ho inserito qualche proverbio più leggermente allusivo, qualche indovinello, stornello e filastrocca, tra quelli che mi sono parsi nostrali e originali, lasciando, in tal modo, aperto un ulteriore spazio di ricerca in questo meraviglioso settore della cultura popolare. Successivamente all’uscita della prima stampa privata (marzo 2009, tirata in 350 copie e contenente 1200 proverbi), molte persone mi hanno segnalato proverbi, modi di dire, stornelli, canzoni…da poter aggiungere al testo. Inoltre, man mano che lentamente procedevo nella raccolta, mi sono avvalso, oltre alle fonti orali, di innumerevoli testi di autori antichi e moderni italiani, toscani e locali, fino a quando il materiale raccolto non è diventato così consistente  che ho dovuto ridurlo ai circa 1800 proverbi, per renderlo leggibile, scegliendo tra i modi proverbiali, motti, detti sentenziosi,  aforismi e indovinelli., iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici.
Ritengo tuttavia che la raccolta di questa rinnovata edizione, abbia soltanto aperto una finestra sul grande universo de “li vulgari proverbi”, del quale il lettore potrà facilmente intuire la vastità, in particolare per i proverbi regionali e per una più attenta comparazione tra quelli dei paesi europei di cultura neolatina e germanica ed i nostri, provenienti da un’area assai più limitata, dalla quale siamo usciti raramente per raccogliere soprattutto proverbi e aforismi latini, francesi, inglesi, sardi, lombardi e spagnoli, a tema generico “licenziosità”.
Rinunciando ad ogni commento, tanto m’è sembrato evidente il significato, manifesto o allusivo, ho omesso l’indice delle fonti, scritte e orali, e la bibliografia, quest’ultima davvero imponente. Mi limito pertanto a citare: il biblico Re Salomone, figliolo di David, re d’Israele; il greco Esiodo, il divino Marco Valerio Marziale e i due grandi del ‘500 toscano, Cinthio de li Fabrizi e Antonio Vignali; i deliziosi detti di Bertoldo, toccando il veronese Pescetti, per giungere ai “moderni” Giuseppe Giusti, Antonio Gotti, Gino Capponi, Augusto Alfani, Arrigo Pecchioli ed ai contemporanei, tra i quali “nonna Zoe”, originaria di Belforte, Siena, che ha raccolto circa duemilacinquecento proverbi. A chi volesse effettuare confronti e verifiche, nonché approfondimenti, segnalo: l’interessante opera di G. Pitrè, voce Proverbi, della Bibliografia delle Tradizioni Popolari d’Italia, Torino-Palermo, 1894, vol. V, pp. 177-257 e 464-475, ristampa CDL, Cosenza, 1965, nonché il volume “Dizionario Letterario del Lessico Amoroso: Metafore, Eufemismi, Trivialismi”, Utet, Torino, 2000; i lemmi specifici del Grande Dizionario della Lingua Italiana, Utet, Torino, 1961-2004; i 5000 proverbi e motti latini raccolti da L. De Mauri, Hoepli, 1926 e 1990, ed infine Il Grande Dizionario dei proverbi italiani in Cd-rom di Paola Guazzotti e Maria Federica Oddera, Zanichelli, 2006, che contiene 11.000 proverbi con esclusione di quelli dialettali. Inoltre un ringraziamento speciale lo devo a Wilma Banchi, per la quantità di proverbi, stornelli e aforismi che mi ha trascritto con precisione.
Non rientrava nel mio scopo eseguire un lavoro scientificamente impostato, ma soltanto appagare l’antico desiderio di mettere nero su bianco una parte di quel patrimonio, considerato, non a torto, “la scienza dei poveri”, così volgare, tenero e corposo che ci accompagna nella vita quotidiana, quanto più è nascosto nella cultura ufficiale e scolastica, onde salvaguardarne il bagaglio di sapienza, di ironia, e di saggezza che esso racchiude. Apparirà al lettore moderno, anacronistico e superato il misoginismo maschilista ispiratore della maggior parte dei proverbi da me riportati, frutto di una cultura millenaria non ancora del tutto rinnovatasi, che trasforma la donna in un mero oggetto di piacere e di utilità domestica; una creatura inferiore di cui non fidarsi mai; tuttavia non potevo operarne l’oscuramento; al contrario, la visione in negativo del ruolo femminile consentirà di apprezzarne il progresso sulla strada dell’emancipazione e della parificazione sessuale. Con le parole del “maestro”, l’incantevole Rabelais, mi accomiato dai cari lettori:

Lettori  amici, voi che m’accostate,
liberatevi d’ogni passione,
e, leggendo, non vi scandalizzate:
qui non si trova male né infezione.
E’ pur vero che poca perfezione
apprenderete, se non sia per ridere:
altra cosa non può il mio cuore esprimere
vedendo il lutto che da voi promana:
meglio è di risa che di pianti scrivere,
ché rider soprattutto è cosa umana.

Si, ridere è cosa saggia e salutare, e, come recita un antico proverbio: “Chi ride leva un chiodo alla bara!”, ossia vive più a lungo e meglio di chi non lo faccia. Infine, per correzioni, osservazioni e proposte di ulteriori aggiunte, sarò contento di riceve e mail all’indirizzo: karl38cg@libero.it e in anticipo ringrazio chi lo farà.




Nessun commento:

Posta un commento