Non dimenticare che
questo è stato [i]
27 gennaio
Al tardo risveglio m’è compagno
lo scintillio della neve sul Pratomagno.
Dall’Est un amico mi scrive
che l’inverno stringe la terra
in una morsa di ghiaccio.
Non lontano, nella pianura, Auschwitz
è sepolto in un silenzio doloroso.
Ma, oggi, memorabile giorno dell’orrore
palpabile, della disumanità dell’uomo,
le avanguardie a cavallo con la rossa stella
e gli occhi fessure d’Oriente, spalancarono
i cancelli ai morti viventi,
e fu così che la verità invase le incredule
coscienze, colpevoli, inorridite.
Anch’io ci sono andato, alla ricerca
di volti, cari nomi, testimonianze
ormai cenere ascesa oltre il livido cielo,
e il turbamento mi sarà fratello per
l’eternità.
Eppure, è stato là che ho compreso
l’unica cosa veramente da fare,
finché
vivrò:
non dimenticare che questo è stato.
[i] Il titolo della poesia
è ispirato ad un’opera di Primo Levi, il cantore della Shoah, per celebrare il
27 gennaio “la giornata della memoria”, coincidente con l’ingresso nel lager di
Auschwitz-Birkenau delle avanguardie liberatrici dell’Armata Rossa sovietica.
E’ in quel lager che si perdono le tracce di tutti i componenti le famiglie
boeme di Rudolf ed Edmund, i due cugini
fuggiti dalla Cecoslovacchia nel 1939, prima dell’invasione tedesca, e
arruolati nella Legione Ceca in Inghilterra,
con i quali ho condiviso una lunga ed eccezionale stagione di amicizia.
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