lunedì 17 febbraio 2020


In  a Disused Graveyard

The living come with grassy tread
To read the gravestones on the hill;
The Graveyard draws the living still,
But never any more the dead.

The verses in it say and say:
The ones  who living come today
To read the stones and go away
Tomorrow dead will come to stay.’

So sure of death the marbles rhyme,
Yet can’t help marking all the time
How no one dead will seem to come.
What i sit men are shrinkingn from?

It would be easy to be clever
And tell the stones: Men hate to die
And have stopped dyving now forever.
I think they would believe the lie.

Ho trovato questa poesia di Robert Frost  (S.Francisco, 1874-Boston, 1963), nel volume “Conoscenza della notte e altre poesie” nella traduzione di Giovanni Giudici per Einaudi, 1^ ed. italiana, 1965. Frost è un poeta che amo.  Ho scritto anch’io molto sui “cimiteri”, sulle tombe” e sui “morti” visitando quasi tutti i camposanti delle Colline Metallifere Toscane, non per una mera quanto inutile “documentazione” , data la transitorietà delle sepolture, ma per cercare “emozioni”. Ed emozioni ne ho trovate nella visita al cimitero del piccolo borgo di Serrazzano che ho cercato di riassumere in poesia:

Tombe, ricordi e un dubbio [i]
Il corbezzolo rosseggia tra il verde smeraldo                      
eppure l’autunno tarda i suoi ritmi freddi e nebbiosi,                             
il castagno stanco della lunga attesa apre finalmente
i ricci spinosi, come una sposa il suo grembo,
mostrando il frutto saporito, un frutto dolcissimo,
mentre  nel cielo che s’incurva
al degradar della collina al mare,
stridono le avanguardie degli uccelli in partenza
verso una terra solatia e lontana…

Indeciso se salire alla camera dell’amica in attesa,
che s’è fatta bella nel buio della vita che d’assedio la serra,
- oh! potessi mandare un tenue raggio
oltre l’insondabile tenebra! –
m’inoltro nel bosco stillante brume
al piccolo camposanto dove riposano antichi
amici aggirandomi tra pietre consunte,
evanescente memoria.

Rodolfo veniva
a scuola con me e Lino mi vendeva i primi giornali
dove incontrai la storia, un grande amore a prima vista,
- il Partito Comunista - e talvolta, fingendo,
quando il denaro mancava, si ritirava nel piccolo
ripostiglio per farmeli rubare! Maria mi portava
nelle magre pasture con in mano la vetta del salcio,
stupito imparavo che forze sconosciute legano l’uomo
al mistero dell’Universo, e intanto invocava con ardore
Gesù e la Vergine benedetta; insieme a lei
un’anima eletta mi commuove in un distico:
amai la poesia, amai la vita, così rivedo quegli
occhi penetranti che leggevano le ansie del
                                                               nostro cammino…[ii]

Tutto è silenzio tra il lieve mormorio
delle foglie e lo squittire dei topi campagnoli
nelle scope, tutti i morti a me che m’avvicino
ora si stringono salutando con sbiaditi biglietti
da visita: anima mite e buona, spargi gemme
e fiori su questa pietra che mi grava
dopo lunga e penosa malattia;
ed io che lasciai la terra per donare la vita,
fulmineamente rapita alla ridente giovinezza,
di rivolgere un pensiero al sorriso che non vidi
soltanto ti chiedo, e una preghiera
a quell’ignoto Dio;
qui giace, ormai polvere e vermi, un giovane pio
e laborioso,  che trovò inattesa morte sul lavoro
nello stabilimento boracifero a ventinove anni;
m’è compagno silente un povero fante
che si coprì di gloria sui campi di battaglia
e nella pace cadde vittima
delle bollenti acque dei lagoni,
infine un’orazione ti rammento
per me che non potei invocare l’Altissimo
nel tragico incidente che mi tolse la vita…

Oh! come grondano dolore due lastre
neglette e scure dimenticate da tutti addossate
al vecchio muro! Folle gelosia  ed un rimpianto
spezzarono i nostri cuori innocenti, noi non abbiamo
croci per piangere in questo luogo santo,
ma dolcissimi baci ci scambiamo
in paradiso, tra lacrime pure. 

Il cancello cigola, geme la stanghetta arrugginita;
il tempo inghiottirà polvere e memoria
di noi tutti, non resterà niente se non qualche
pallida lettera e immagini fredde
su dischi indecifrabili, come lamine
etrusche o alieni enigmi sui campi di grano.
E allora?

Forse è un bene la dimenticanza, un bene il nulla?
un male l’eterno ritorno, un male la passiva beatitudine?

E’ solo un dubbio che improvviso m’è
entrato in quella che viene chiamata “anima”.




[i]  La lirica è suggerita da una passeggiata tra le tombe del piccolo cimitero del borgo di Serrazzano.

[ii] Asia Olinda Castellini, la delicata poetessa di Serrazzano, che mi fu amica (1912 – 2004).


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