Il biancospino.
…e venne
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità.
marzo, e tu, magro contadinello,
restasti a mezzo, così con le penne,
ma nudi i piedi, come un uccello:
come l'uccello venuto dal mare,
che tra il ciliegio salta, e non sa
ch'oltre il beccare, il cantare, l'amare,
ci sia qualch'altra felicità.
Ai tempi della scuola elementare (1946-1951) le poesie si imparavano a
memoria. Erano musicali, non si faceva fatica. Ricordo ancora la dolce poesia
del Pascoli “Valentino”, che a quel tempo pareva fosse stata scritta per me! Il
biancospino fiorito sulle pietraie dei Poggi, e spesso a piedi nudi o con
zoccoli di legno, mentre paravo le pecore, il freddo pungente e poi l’esplodere
della primavera ed il cucule che arrivava ed io che a lui chiedevo qualcosa,
qualcosa di misterioso imparato sul focolare materno, che diceva, pressappoco:
cuculin che vien dal mare, dimmi, fra quanti anni mi potrò sposare? e, come
dice il poeta, non sapevo altro della vita, oltre il beccare e il cantare e
l’amare. Una parola grossa, quest’ultima, perché la mia famiglia s’era spezzata
presto. Ma, tuttavia, come nelle fiabe più truci, la felicità arrivò.
Forse è per la nostalgia di quegli anni lontani, non più rischiarati
dalla luce della memoria, che amo ritornare su quei poggi selvatici, per rivedere
il tremolio del mare, il rosso sole che vi s’immerge, i paleri fruscianti,
ascoltare il canto del cucule, ritrovare le antiche prugnolaie e le fonti, e
stupirmi del biancor dello spino, un arbusto pungente e imperforabile, dietro
al quale mi riposavo a sognare, al riparo dalla tramontana e dai venti gelidi
della vita.
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