Di geotermia, suo stato, suo futuro.
Seguo con preoccupazione la vicenda della “geotermia”
italiana. Ciò a dire tutto quello che i nuovi padroni, anche con sigle inglesi,
hanno ereditato dalla “Larderello SA”, nel 1962/63, successivamente smembrata tra la produzione di
energia elettrica e la produzione chimica. La prima trasferita all’ENEL e la
seconda, dopo varie fasi, trasferita all’ENI ed altre Società del settore. Io c’ero
nel periodo del “rinnovamento”, negli anni ’70 ed ’80 del Novecento, che ebbe
inizio dopo la trivellazione del pozzo geotermico “Travale 22”, nell’area di
Radicondoli-Montieri-Chiusdino. Si disse, ed è vero, che questo “soffione”
fosse il più potente mai esploso nel mondo, con le sue 300 tonnellate ogni ora
di fluido geotermico. L’allora mio amico Radi, il Sindaco di Radicondoli, abitante
a Belforte e conduttore di una deliziosa locanda, definì questo sondaggio come “il
soffione della speranza”. Speranza per il territorio di questi tre comuni dell’area
senese-grossetana, ma anche speranza per l’intera geotermia nazionale. Per
alcuni decenni, tra una ristrutturazione aziendale ed un’altra, tra il
decentramento direzionale tra Pisa e Firenze e Roma, tra lo smembramento
interno e la continua erosione degli organici, infine con l’avvento totale dei “telecomandi”
e della drastica riduzione del personale a seguito dell’abolizione dei “turni
di lavoro notturni” nelle Centrali Geotermiche, è iniziata la fase della
decadenza ed anche gli organici delle maestranze sono scesi dai 2000 del 1962
agli 8-900 di quelli attuali. A ciò si è aggiunto il rimescolamento delle
competenze in materia di “concessioni” e “permessi di ricerca minerari”, non
più sottoposti al Governo Italiano ed al
Corpo delle Miniere, ma ai governi delle Regioni. Si è verificato di fatto l’ingresso
in geotermia di molti soggetti nazionali e internazionali, più gruppi finanziari
che non Società Industriali. E, strada facendo,
anche la “Larderello”, oggi Enel Green Power, è diventata sempre più una Azienda capace di
elargire potere a Dirigenti nominati dall’alto, intelligenti, ma avulsi dal
contesto produttivo, e sottoposti alle direttive e agli interessi economici.
Ciòè far cassa senza investire più dello stretto necessario. Oggi la “geotermia”
è come dice Dante, una “nave senza nocchiero in gran tempesta”, nella sua impotenza assalita da destra a
manca. La geotermia è in larga parte demonizzata, dunque non più incentivi alle
aree dove essa è presente, in quanto si dice, non si tratta di una fonte
energetica “rinnovabile”; e dove, come in Toscana, essa ha un ruolo molto importante nella produzione di energia elettrica
e calore, si teorizza di ridurne l’apporto
a favore del vento, del sole, delle maree…Naturalmente ci sono anche “opposizioni” reali e confinate a molti
territori vocati al turismo, a produzioni agricole, ed a particolari fragilità
ambientali, ed esse non solo devono essere tenute nella massima considerazione,
ma, si può dire, lo sono sempre state, anche quando la Larderello SpA e poi
Larderello SA appartenente alle Ferrovie dello stato ed al Ministero dell’Industria, aveva un ben più ampio potere di decidere la
propria strategia di ricerca e di coltivazione di nuovi campi geotermici, oltre
a quelli tradizionali confinati in parte nelle cosiddette “Concessioni perpetue”.
E’ indubbio che le nuove sensibilità ecologiche in tutti i paesi
industrializzati del mondo, guardino con preoccupazione alla salute del
pianeta. E la geotermia è una sorvegliata speciale, data la sua natura fisica e
chimica. Oggi le attuali 34 Centrali Geotermoelettriche in produzione
dovrebbero essere tutte trasformate in impianti a zero emissioni in atmosfera
attraverso un grande piano economico di investimenti e di innovazione
scientifica e tecnologica. Lavoro per migliaia di dipendenti, ditte esterne,
migliore qualità dell’atmosfera, trasporto del calore a città e Aziende, e non
solo ai piccoli borghi come attualmente avviene. Se si costruiscono grandi
centrali elettriche geotermiche a zero emissioni in Cile o in altre nazioni del
mondo, là dove operano, come consulenti
esperti, tecnici italiani, dei quali molti ex dell’Enel Green Power, vuol dire
che sarebbe possibile fare la stessa cosa nelle aree geotermiche italiane, ed
in tal modo poter contare su una diffusione territoriale della ricerca ben più ampia dell’attuale. Più
ampia investigazione territoriale non vuol dire nuove Centrali per la
produzione di energia elettrica in quantità considerevole, e noi ben sappiamo
ed abbiamo vissuto, sia le speranze che nuove aree, in Toscana, Lazio e
Campania ci offrivano, sia la loro impossibilità di utilizzazione, con l’abbandono
di ricerche ed impianti e, naturalmente,
perdita degli investimenti economici là impiegati! L’utilizzazione del calore
geotermico è un campo affascinante, ma strettamente legato sia a fattori endogeni,
sia allo sviluppo della scienza della
terra e della tecnologia, settori che richiederebbero grandi investimenti di
capitali con molta incertezza sulle loro ricadute positive.
In fondo, io non vedrò che una piccola porzione di tale
cambiamento. Sono stato un “amante” della “geotermia”, non la potrò mai odiare,
né dimenticare. Ma non dimentico che il nostro pianeta ha una crosta solida e
dei mari che galleggiano su un nucleo radioattivo e fuso di metalli pesanti che
irradia calore in ogni direzione. Anche senza i “soffioni” boraciferi, che
furono iniziati ad essere trivellati alla metà dell’800, si disperdevano nell’atmosfera
imponenti masse di vapori, non certo, senza conseguenze ambientali. Anche se lo
spettacolo dei nostri modesti parchi naturali geotermici è affascinante, non credo però che essi siano meno inquinanti
di un “refrigerante” o della reiniezione nel sottosuolo profondo dei liquidi di
condensa del vapore. Ma, in quest’ultimo caso, non ci sarebbero più gli abitanti attuali, ma solo “visitatori” di
musei e “parchi geotermici”, forse piccole aziende di spezie, viticoltori,
qualche pastore, e tagliatore del bosco,
una rete di agriturismi…poeti e pittori.