mercoledì 24 gennaio 2018

 Edizione 2004.
 Edizione 2003.

 Liliana Segre, estate 943.
 Conferenza  2003.


GIORNATA DELLA MEMORIA 2018

Da più di 60 anni ho tenuta accesa una piccola fiammella per la “memoria” della Shoah. Mi sono occupato di avvenimenti lontani, visitando i Campi di sterminio, quelli di transito, raccogliendo biografie di sommersi e di salvati, diari, fotografie. Ho stretto anche importantissime amicizie, durate decenni, con alcuni ebrei sopravvissuti. Infine, nel 2000, son venuto  casualmente a conoscenza dell’esistenza di un Campo di Internamento per ebrei a poche decine di chilometri dal mio Comune, a Roccatederighi, in Toscana, Provincia di Grosseto. Nel 2001, e più estesamente nel 2003, ho infine pubblicato alcune delle mie ricerche. Ho scritto articoli e tenuto conferenze. Naturalmente ho messo, ciò che avevo, a disposizione di tutti, perdendo anche qualche pezzo per la strada…
Adesso pubblico sul mio blog qualche fotografia e, soprattutto, la lettera-memoria che ebbi  a scrivere il 25 gennaio 2007 alla regista tv Vera Paggi, dopo la presentazione del suo documentario a Grosseto.

Gentile signora Vera Paggi,
ieri, 25 gennaio, ero presente, mescolato tra gli studenti, in una poltrona poco distante da quella dove lei era seduta, ma non avendo grande libertà di movimento e un po’ per timidezza nell’incontrare persone nuove, non mi sono presentato. Non ho salutato nemmeno la Rocchi (che con il suo piglio autoritario mi incute un certo timore), né l’amico Ariel e nemmeno altri che invece conoscevo bene! Ero anche abbastanza teso in attesa di ascoltare la discussione e, soprattutto, vedere il film. Sono rimasto fino all’ultimo ascoltando amareggiato l’intervento di un prete, anzi di una delle massime cariche religiose della “attuale” Diocesi di Grosseto. Che pena! Tuttavia le voglio fare i miei modesti complimenti per il film, preso a se stante, senza bisogno di commenti e discussioni storiche. Parla abbastanza eloquentemente da solo, con la forza poetico-tragica delle immagini e dei sentimenti che suscita nelle persone.  Non nascondo che ad un certo punto m’è sgorgata una lacrima, eppure con i miei settanta anni di età e decenni di lavoro tra le famiglie ebraiche dell’Europa Centrale e con i pellegrinaggi alla ricerca dei “morti non si sa dove”, tra Terezin, Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen, Terezin, Vienna al Centro di Simon Wisental, Casa di Anna Frank, Museo Yad Vashem, ecc.ecc. ne ho visti di orrori e sono abbastanza indurito.
Nella ricostruzione storica che possiamo dedurre dal film, non si è andati sopra le righe, anzi, a mio avviso, siamo stati molto al di sotto della cruda verità e degli interrogativi sulle responsabilità, in particolare del Vescovo Galeazzi e dei militi della RSI ed anche sull’omertà della gente comune che in un modo o nell’altro ha partecipato, in silenzio, appunto all’internamento degli ebrei a Roccatederighi, alla selezione tra stranieri ed italiani, italiani e grossetani, ed anche alla corruzione del denaro di qualcuno più facoltoso rispetto ad altri che non avevano altro bene se non la loro dignità  e gli occhi per piangere.
Sul Vescovo Galeazzi rimane un giudizio morale più pesante di un macigno, che nessuna difesa d’ufficio, nessun documento falso, e, magari, nessun documento nascosto per più di 60 anni e portato alla luce in futuro, potrà alleggerire!
E’, come per Pio XII e per la stragrande maggioranza dell’alta gerarchia della Chiesa cattolica, la “compromissione del silenzio”. Un silenzio che affonda le radici in duemila anni di antisemitismo, di odio contro un popolo accusato di “deicidio”, ma, in realtà, come sappiamo bene, contro i “testimoni scomodi della storia”, coloro cioè che essendo presenti alla predicazione del Battista e di Cristo, ai miracoli, alla morte del “Nazzareno”, non cedettero a lui ed ai suoi pochi seguaci, non si fecero convertire e mantennero la loro Fede nella Bibbia, il libro sacro. Proprio gli ebrei ci ricordano che era ed è possibile essere diversi, percorrere un’altra strada nella fede ad un unico Dio. Ciò, per la Chiesa-Istituzione-Potenza economica-Politica, che ha nel suo programma la conversione, al suo credo, dell’umanità, non era e credo che non sia, nonostante le diplomatiche aperture, possibile.
Galeazzi visse tra gli “internati” in quel Campo, ma in condizioni di vita di ben altro tenore, degli ebrei. Ma ci visse per volontaria paura per le sorti della propria vita, lasciando sotto le bombe e le macerie della città di Grosseto il suo “gregge” di fedeli. Ci visse, per usare una parola grossa, per “viltà”. Ma vivendo tra quei cento ebrei sapeva quale sorte li attendeva. Eppure rimase in silenzio, anzi, permise una selezione, prima della selezione finale. In silenzio. Vide salire su quei camion i bambini, gli innocenti tra gli innocenti, e rimase in silenzio. Vide nascere dentro il Campo di Roccatederighi, Gigliola Finzi, e la vide partire con padre e madre ad appena pochi mesi di vita, verso i luoghi della morte certa. In silenzio. Eppure Gigliola Finzi era ormai “grossetana”, essendo nata e registrata all’anagrafe del Comune di Roccastrada (GR)!
E, dopo, a guerra finita, Galeazzi pretese addirittura il pagamento del canone di affitto del suo Seminario, trasformato in Campo di Concentramento nazi-fascista,  dal Governo Militare Alleato e dalle autorità del CLN e Istituzioni antifasciste!
Intanto, con accrescimenti e modifiche, il Seminario di Roccatederighi fu adibito a Colonia Estiva e luogo di ricreazione, meditazione e studio della dottrina cattolica per giovani, adolescenti e bambini, non solo della Diocesi di Grosseto, ma di Massa Marittima e di Volterra. Così, senza pudore, con una imbiancata, quelle stanze che furono anticamera della morte, divennero luogo di risate e di gioco, di vita normale. Perché nessuno sapeva! Mi è capitato personalmente di aver raccontato qualche anno fa la storia di Roccatederighi ad una mamma cattolica che aveva mandato suo figlio in quella Colonia Estiva, per vederla turbata e inorridita.
Ma al vescovo Galeazzi, all’edificatore di campanili, al cultore della devozione di Maria, importava l’efficienza della sua Diocesi e la rendita spirituale del cattolicesimo, altro che meditare sulla sorte di quei poveri ebrei mandati alle camere a gas di Auschwitz! Su Galeazzi occorrerà tacere, non per acquiescenza, ma per nostro orrore.

Comunque, cara signora Vera, grazie al suo talento che nasce dal cuore, ella ci ha permesso di alzare ancora un po’ questa cappa di omertà, nel tentativo di risvegliare le coscienze ignare o addormentate della gioventù. E grazie anche da me, per l’emozione che ho provato e che non dimenticherò.

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