Edizione 2003.
Liliana Segre, estate 943.
Conferenza 2003.
GIORNATA DELLA MEMORIA
2018
Da più di 60 anni ho
tenuta accesa una piccola fiammella per la “memoria” della Shoah. Mi sono
occupato di avvenimenti lontani, visitando i Campi di sterminio, quelli di
transito, raccogliendo biografie di sommersi e di salvati, diari, fotografie.
Ho stretto anche importantissime amicizie, durate decenni, con alcuni ebrei
sopravvissuti. Infine, nel 2000, son venuto
casualmente a conoscenza dell’esistenza di un Campo di Internamento per
ebrei a poche decine di chilometri dal mio Comune, a Roccatederighi, in
Toscana, Provincia di Grosseto. Nel 2001, e più estesamente nel 2003, ho infine
pubblicato alcune delle mie ricerche. Ho scritto articoli e tenuto conferenze.
Naturalmente ho messo, ciò che avevo, a disposizione di tutti, perdendo anche
qualche pezzo per la strada…
Adesso pubblico sul mio
blog qualche fotografia e, soprattutto, la lettera-memoria che ebbi a scrivere il 25 gennaio 2007 alla regista tv
Vera Paggi, dopo la presentazione del suo documentario a Grosseto.
Gentile signora Vera Paggi,
ieri, 25 gennaio, ero presente, mescolato tra gli studenti,
in una poltrona poco distante da quella dove lei era seduta, ma non avendo
grande libertà di movimento e un po’ per timidezza nell’incontrare persone
nuove, non mi sono presentato. Non ho salutato nemmeno la Rocchi (che con il
suo piglio autoritario mi incute un certo timore), né l’amico Ariel e nemmeno
altri che invece conoscevo bene! Ero anche abbastanza teso in attesa di
ascoltare la discussione e, soprattutto, vedere il film. Sono rimasto fino
all’ultimo ascoltando amareggiato l’intervento di un prete, anzi di una delle
massime cariche religiose della “attuale” Diocesi di Grosseto. Che pena!
Tuttavia le voglio fare i miei modesti complimenti per il film, preso a se
stante, senza bisogno di commenti e discussioni storiche. Parla abbastanza
eloquentemente da solo, con la forza poetico-tragica delle immagini e dei
sentimenti che suscita nelle persone.
Non nascondo che ad un certo punto m’è sgorgata una lacrima, eppure con
i miei settanta anni di età e decenni di lavoro tra le famiglie ebraiche
dell’Europa Centrale e con i pellegrinaggi alla ricerca dei “morti non si sa
dove”, tra Terezin, Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen, Terezin, Vienna al Centro
di Simon Wisental, Casa di Anna Frank, Museo Yad Vashem, ecc.ecc. ne ho visti
di orrori e sono abbastanza indurito.
Nella ricostruzione storica che possiamo dedurre dal film,
non si è andati sopra le righe, anzi, a mio avviso, siamo stati molto al di
sotto della cruda verità e degli interrogativi sulle responsabilità, in
particolare del Vescovo Galeazzi e dei militi della RSI ed anche sull’omertà
della gente comune che in un modo o nell’altro ha partecipato, in silenzio,
appunto all’internamento degli ebrei a Roccatederighi, alla selezione tra
stranieri ed italiani, italiani e grossetani, ed anche alla corruzione del
denaro di qualcuno più facoltoso rispetto ad altri che non avevano altro bene
se non la loro dignità e gli occhi per
piangere.
Sul Vescovo Galeazzi rimane un giudizio morale più pesante di
un macigno, che nessuna difesa d’ufficio, nessun documento falso, e, magari,
nessun documento nascosto per più di 60 anni e portato alla luce in futuro,
potrà alleggerire!
E’, come per Pio XII e per la stragrande maggioranza dell’alta
gerarchia della Chiesa cattolica, la “compromissione del silenzio”. Un silenzio
che affonda le radici in duemila anni di antisemitismo, di odio contro un
popolo accusato di “deicidio”, ma, in realtà, come sappiamo bene, contro i “testimoni
scomodi della storia”, coloro cioè che essendo presenti alla predicazione del
Battista e di Cristo, ai miracoli, alla morte del “Nazzareno”, non cedettero a
lui ed ai suoi pochi seguaci, non si fecero convertire e mantennero la loro
Fede nella Bibbia, il libro sacro. Proprio gli ebrei ci ricordano che era ed è
possibile essere diversi, percorrere un’altra strada nella fede ad un unico
Dio. Ciò, per la Chiesa-Istituzione-Potenza economica-Politica, che ha nel suo
programma la conversione, al suo credo, dell’umanità, non era e credo che non sia,
nonostante le diplomatiche aperture, possibile.
Galeazzi visse tra gli “internati” in quel Campo, ma in condizioni
di vita di ben altro tenore, degli ebrei. Ma ci visse per volontaria paura per
le sorti della propria vita, lasciando sotto le bombe e le macerie della città
di Grosseto il suo “gregge” di fedeli. Ci visse, per usare una parola grossa,
per “viltà”. Ma vivendo tra quei cento ebrei sapeva quale sorte li attendeva.
Eppure rimase in silenzio, anzi, permise una selezione, prima della selezione
finale. In silenzio. Vide salire su quei camion i bambini, gli innocenti tra
gli innocenti, e rimase in silenzio. Vide nascere dentro il Campo di
Roccatederighi, Gigliola Finzi, e la vide partire con padre e madre ad appena
pochi mesi di vita, verso i luoghi della morte certa. In silenzio. Eppure
Gigliola Finzi era ormai “grossetana”, essendo nata e registrata all’anagrafe
del Comune di Roccastrada (GR)!
E, dopo, a guerra finita, Galeazzi pretese addirittura il
pagamento del canone di affitto del suo Seminario, trasformato in Campo di
Concentramento nazi-fascista, dal
Governo Militare Alleato e dalle autorità del CLN e Istituzioni antifasciste!
Intanto, con accrescimenti e modifiche, il Seminario di
Roccatederighi fu adibito a Colonia Estiva e luogo di ricreazione, meditazione
e studio della dottrina cattolica per giovani, adolescenti e bambini, non solo
della Diocesi di Grosseto, ma di Massa Marittima e di Volterra. Così, senza
pudore, con una imbiancata, quelle stanze che furono anticamera della morte,
divennero luogo di risate e di gioco, di vita normale. Perché nessuno sapeva!
Mi è capitato personalmente di aver raccontato qualche anno fa la storia di
Roccatederighi ad una mamma cattolica che aveva mandato suo figlio in quella
Colonia Estiva, per vederla turbata e inorridita.
Ma al vescovo Galeazzi, all’edificatore di campanili, al
cultore della devozione di Maria, importava l’efficienza della sua Diocesi e la
rendita spirituale del cattolicesimo, altro che meditare sulla sorte di quei
poveri ebrei mandati alle camere a gas di Auschwitz! Su Galeazzi occorrerà
tacere, non per acquiescenza, ma per nostro orrore.
Comunque, cara signora Vera, grazie al suo talento che nasce
dal cuore, ella ci ha permesso di alzare ancora un po’ questa cappa di omertà,
nel tentativo di risvegliare le coscienze ignare o addormentate della gioventù.
E grazie anche da me, per l’emozione che ho provato e che non dimenticherò.
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