GEOETERMIA E TERRITORIO (II).
Processo produttivo pulito e non inquinante?
E’ molto
difficile rispondere a questa domanda, che non riguarda un unico luogo di
produzione (Larderello), ma un vasto territorio, nel quale, fin dal 1812, iniziò
la sua avventura l’industria chimica dell’estrazione del “sal borace” dalle
acque dei “lagoni” di Monterotondo, Montecerboli, Lago di Vecchienne e poi, a
seguire, nel giro di pochi anni, di Serrazzano, Lustignano (Lagoni Rossi),
Castelnuovo, Sasso Pisano ed infine Travale. Dopo due secoli, mentre rimangono
pochi resti “archeologici” di quelle antiche “fabbriche”, una serie imponente e
caotica, di Magazzini, Officine, Centrali elettriche, Raffinerie, Depositi,
Torri refrigeranti, con più di un centinaio di chilometri di tubazioni di
acciaio di grande diametro, tutte fuori
terra, che trasportano da quasi duecento pozzi produttivi, più di tremila
tonnellate di vapore surriscaldato ogni ora alle 34 Centrali elettriche,
dislocate in tre province, Pisa, Siena e Grosseto e in dieci comuni. Questa
rete di vapordotti si somma alla fitta rete dei grandi tralicci dell’alta
tensione, e alla giungla disordinata di piccoli tralicci e pali che copre il
territorio agricolo ed urbanizzato. Naturalmente ci sono anche le condotte in
ghisa o plastica stese sul terreno per portare le acque di condensa delle
Centrali ai pozzi della “reiniezione” per una alimentazione artificiale dei “serbatoi geotermici profondi”, unica
vera opportunità di garantire la loro “rinnovabilità”, anche se restano aperti
alcuni fronti quali il monitoraggio nelle acque sorgive di arsenico ed altri
metalli pesanti, ed a quello, che preoccupa molto le popolazioni dei centri
abitati, della microsismicità. Qualche progresso si registra nella diminuzione delle
emissioni di gas, soprattutto H2S, dalle grandi “torri” iperboliche,
refrigeranti, che talvolta fanno credere erroneamente che si tratti di
strutture collegate ad impianti nucleari, dato che soltanto 4 “fumano” perché
all’interno delle rispettive Centrali c’è rimasta una piccola turbina, più per
motivi di contributi per le “rinnovabili” che di effettiva importante
produzione di elettricità. Adesso le nuove Centrali hanno i refrigeranti bassi,
con poco impatto visivo e si armonizzano meglio coi fabbricati macchine delle
Centrali, il cui impatto è mitigato dalle tinteggiature intonate all’ambiente
circostante. Anche nel settore delle perforazioni i progressi sono stati
evidenti, ed il più importante è stato quello di poter effettuare più pozzi
dalla stessa piazzola, di cui uno verticale ed altri inclinati, occupando
perciò minori porzioni di terreno agricolo. Molti miglioramenti sono stati da
tempo introdotti ed alcuni sono in corso, per effettuare la “chiusura
mineraria” di antichi sondaggi improduttivi, provvedendo al ripristino
ambientale ed il ritorno del terreno ai proprietari. Relativamente alla questione “amianto”, la
più delicata, con la rimozione dal terreno delle tonnellate di fibra di amianto
utilizzata come coibentante i vapordotti, attraverso Ditte specializzate alla
raccolta e smaltimento nelle discariche autorizzate, molto è stato fatto e
ancora molto resta da fare per una bonifica totale. Comunque di disordine
ambientale ce n’è sempre tanto! Basta andare a Bagno a Morbo, a La Perla, al
ponte monumentale sul Torrente Possera a Larderello, ai fabbricati retrostanti
la residenza dei Larderel in Piazza Leopolda, ecc. ecc.. e in tutte le
“periferie” delle antiche Fabbriche per rendersene conto, comprese le aree
delle “manifestazioni geotermiche naturali” libere, destinate inevitabilmente
al degrado.
L’inquinamento ha accompagnato, e in molti casi accompagna,
ogni processo industriale e con molte probabilità chi qui è nato e vi ha
lavorato non riesce a fare una distinzione netta, o almeno più armonica, tra
Fabbrica, ambiente infrastrutture,
salario e salute. Oltre ai tanti morti per il tumore causato dall’inspirazione
di microfibre di amianto, il “mesotelioma pleurico” ed ai tantissimi ex
lavoratori in pensione con patologie
respiratorie di “asbestosi”, andrebbe di più approfondito il tema della
“radiazione” esistente intorno ai pozzi
geotermici, alle Centrali e dentro le Fabbriche, nella pioggerellina che cade
dai refrigeranti, sia da quelli alti che da quelli bassi. Parliamo del “radon”
un gas radioattivo, abbastanza studiato, i cui dati eccessivamente
tranquillizzanti, dovrebbero essere comunicati alle popolazioni periodicamente.
Al secondo interrogativo è fin troppo facile lanciare un
grido di dolore ed un atto di accusa ai molti Enti Pubblici (Regione e Province
in primis), responsabili delle disastrose condizioni delle infrastrutture,
prima fra tutte quella della viabilità: scandalo della grande incompiuta, la “variante”
a Monte del centro abitato di Castelnuovo di Val di Cecina, il cui primo
progetto, se la memoria non mi inganna, risale al 1987; e adesso si sono
aggiunte le frane che limitano o impediscono di raggiungere, per via breve, i comuni
confinanti; in più il dissesto delle strade, la pericolosità del transito su
importanti ponti sul Fiume Cecina, Torrente Pavone, Fiume Cornia. E’ davvero un grave handicap che la nostra
ricchezza se ne vada silenziosa verso le aree industrializzate e meglio servite
dalle infrastrutture, sui cavi dell’alta tensione, perché questa costante
erogazione non viene percepita per quello che è realmente: un furto a danno dei
territori dove questo bene si produce!
In quanto alla “fuga” dei giovani delle zone geoetrmiche, per
l’impossibilità di trovare in loco un posto di lavoro, non si può dare tutta la
colpa all’ENEL o alla Soc. Chimica Larderello, o all’Altair ed ex. Salina e
Smith Tool o ad altre Ditte e Industrie minori della zona, perché la crisi
mondiale colpisce da molti anni tutti i mercati. Inoltre l’ENEL, come credo le
altre Aziende, è stato investito dalla “rivoluzione digitale” in tutti i
settori tradizionali della geotermia, che davano la maggiore occupazione, in particolare
con la teleconduzione delle Centrali, che ha causato la soppressione dei turni
di lavoro, riducendo nel tempo gli organici di circa 400 unità. E tali
drastiche diminuzioni si sono verificate in tutti gli altri comparti aziendali,
nonostante l’aumento della produzione di energia elettrica. Non conosco i
livelli occupazionali delle Ditte, Cooperative, Imprese, che operano per i
lavori in appalto dell’Enel, ma tuttavia essi si diluiscono in un’area più
vasta di quella tradizionale, estendendosi finalmente ai comuni amiatini, ed a
quelli di Montieri, Chiusdino e Massa Marittima. Non mancano inoltre, nei
territori confinanti con le “concessioni minerarie perpetue” della antica SBL,
poi Enel-Larderello, le opposizioni alle “trivelle”, sia per ricerca che per eventuale costruzioni
di Centrali geotermiche, che al contrario potrebbero aprire una fase nuova per
l’utilizzazione delle fonte “rinnovabile” geotermica, in molti usi diversificati,
tra i quali il “teleriscaldamento” che potrebbe finalmente investire i centri
più popolosi come Volterra, Massa Marittima, Colle di Val d’Elsa e Siena,
partendo dalle grandi strutture e dalle aree industriali esterne ed a quelle di
più recente di nuova urbanizzazione.
Per concludere. ritengo ancora valide le conlusioni con cui
chiusi, nell’anno 2006, il saggio “Larderello, geotermia: dagli Etruschi al
2004 che riporto di seguito:
Alla soglia
del nuovo millennio.
Come già
avvenuto nel passato (1827, 1835, 1890, 1904, 1972), l'attività geotermica
italiana si trova alla soglia del III millennio ad affrontare una prova estremamente impegnativa e
rischiosa, almeno per gli effetti socioeconomici che potrebbero determinarsi in
scala regionale.
L'integrazione
europea e la globalizzazione dei mercati, compreso quello energetico, la
privatizzazione dei grandi Enti pubblici e il risanamento del deficit nazionale
(del quale è presupposto fondamentale il ristabilirsi di un equilibrio tra
costi/ricavi in ogni comparto produttivo), la dimensione macroeconomica del
settore elettrico, mal sembrano conciliarsi con produzioni "marginali" e "locali", tanto più atipiche
rispetto a modelli organizzativi, operativi e gestionali, unificati (e la
"geotermia" ha in sé tutte
queste caratteristiche: produttive, locali e marginali). Tuttavia esistono
concreti motivi per poter affermare che la "geotermia" (non solo intesa come produzione di energia
elettrica) ha di fronte un esaltante cammino: il suo successo sarà correlato ai
progressi della ricerca pura ed applicata nelle scienze della terra e nella
trivellazione profonda del sottosuolo; alle micro utilizzazioni termiche
plurime sul territorio; alle sperimentazioni ed alla esportazione di nuove
tecnologie; agli utilizzi chimici dei componenti i fluidi endogeni; alle
applicazioni spinte di informatizzazione e telematica. Il tutto in quella moderna
concezione politica che mira al “decentramento”
e allo "sviluppo sostenibile"
per l'intero pianeta ed all'uso di risorse rinnovabili in alternativa
all'esaurirsi delle risorse fossili accumulate in lunghe ere geologiche, quali
il petrolio, il gas naturale e il carbone. Ma ciò, a prescindere da una
concertazione su scala europea e mondiale, non potrà essere impegno di un solo
soggetto, od Ente, ancorché di grande dimensione strutturale quale l'ENEL,
bensì dell'impegno istituzionale diretto del Governo Italiano e delle
articolazioni territoriali decentrate dello
Stato (Regioni e Autonomie Locali, Università, Enti ed Istituti di
ricerca), in una sinergia di programmi, obiettivi ed investimenti economici che
potrebbero assicurare all’Italia, nell'utilizzazione dell'energia geotermica
nel campo delle fonti rinnovabili e del risparmio energetico, ancora una volta,
la leaderschip internazionale. E’ una UTOPIA?
(fine)
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