A conferma della santità di Giacinta, Iddio operò molti miracoli.
Clarice
Marescotti, ossia SANTA GIACINTA MARESCOTTI
(Vignanello,
Viterbo 1585 – Viterbo, 30 gennaio 1640).
Dalla
lettura di epigrafi tombali, lapidi commemorative e scartoffie di archivi pubblici, di conventi
e di notai, son partito alla scoperta di una donna eccezionale, Clarice
Marescotti, viterbese, imparentata strettamente con i Marescotti di Montalbano
il cui castello, che guardava Castelnuovo, dominava ricche campagne tra Anqua,
Solaio e Tegoni.
Clarice
era stata fatta suora di clausura in un convento francescano di Viterbo ed
aveva vissuto dissolutamente, sia nella ribelle adolescenza, che nei primi anni
della permanenza in convento, per dedicare successivamente la sua vita
all’amore per Cristo, per la Vergine Maria e per i poveri. Proprio negli anni
della sua irrequieta giovinezza i genitori avevano mandata Clarice in Toscana,
nel feudo dei lori avi, nelle terre di Montalbano, e Clarice visse tra Solaio,
Tegoni e Cugnanello e qui si trovano appunto le sue esili tracce, ma pur sempre
importanti perché testimonianza di una tappa formativa di colei che diventerà
una SANTA, una Santa della Tuscia, ma anche un po’ della Diocesi di Volterra:
SANTA GIACINTA.
Come
scrive un suo biografo: "...la santa lasciò un piccolo diario autografo
conservato nell'archivio del convento dei SS. Apostoli a Roma e intitolato Liber scriptus a B. Virgine Hyacintha de Marescottis. E' contenuto
nei primi undici fogli di un quaderno di centoquarantacine pagine. Ella vi
appose questo titolo: "Diversi detti
spirituali per accendere le anime devote al puro amore di Jesù et Maria".
L'opera è in due parti: nella prima sono riportate sentenze spirituali o norme
di vita; nella seconda si ha il diario di meditazioni e risoluzioni pratiche.
Lo scrisse al trentatreesimo anno di età". Nonostante l'avallo tardivo di
un vescovo a testimoniarne la veridicità (anno 1735), molti dubbi sussistono oggi
sull'originalità dello scritto e il testo appare come totalmente o in parte
opera posteriore.
Quando
suor Giacinta morì, la fama che si era
diffusa in Viterbo e nelle zone vicine fece affluire intorno alla salma una
moltitudine di persone eccitate che nessuno riuscì a tenere a
bada: per ben tre volte, nonostante l'intervento di soldati armati, si riuscìad impedire che
gli abiti di Giacinta fossero strappati e tagliuzzati per ricavarne reliquie,
fino a spogliare completamente il corpo senza vita; anche le unghie e i capelli
furono tagliati e cosìfu
minutamente spezzettata la corona di rose che le era stata posta intorno alla
testa...ma l'entusiasmo della folla giunse al parossismo quando uno storpio,
che lentamente era riuscito ad arrivare a toccare la morta, alzando al cielo le
stampelle, dimostrò di essere stato miracolosamente sanato. Finalmente, due
giorni dopo il decesso furono celebrati i funerali e il corpo mortale di
Giacinta, avvolto in un semplice lenzuolo, fu tumulato nella sepoltura davanti
all'altar maggiore della chiesa di San Bernardino, in piazza della Morte, a
Viterbo, ove si trova ancor oggi, in un sacello più volte rimaneggiato e
abbellito e definitivamente rifatto dopo le distruzioni provocate all'edificio
dalla seconda guerra mondiale, edificio
che porta il nome di S. Giacinta. Una reliquia della santa si conserva
nella chiesa di Vignanello e cimeli sono tutt'ora nel palazzo Marescotti-Ruspoli
della medesima località dell'alto Lazio.
Dopo
la morte la fama di "santità" di Giacinta si propagò non solo nelle
terre vicine a Viterbo ma anche in regioni lontanissime. I miracoli a lei
attribuiti iniziarono prestissimo a compiersi e sono mirabili in quantità ed
effetti. Storpi che riacquistano l'uso delle gambe; ciechi che recuperano la
vista; salvataggi da annegamenti e da cadute mortali; guarigioni da malattie
contagiose e altri ancora. Per questi moltissimi miracoli, rigorosamente
esaminati dalla Sacra Congregazione dei Riti, il pontefice Benedetto XIII, con
decreto del 14 luglio 1726, promulgò la beatificazione e la cerimonia solenne
fu celebrata nella basilica di San Pietro il 1 settembre dello stesso anno
Il
culto per la Beata
Giacinta si fece ancora più intenso e i miracoli seguirono
meravigliosi. Tre furono rigorosamente esaminati dalla Congregazione dei Riti e
posero il suggello alla causa di canonizzazione. Il 15 agosto 1790 il papa Pio
VI promulgò il decreto che sanciva in eterno la santità di suor Giacinta Marescotti
o della Vergine Maria. Per l'esilio e la morte in prigionia del pontefice la
solenne cerimonia di canonizzazione fu rinviata e toccò al suo successore, Pio
VII, il 24 maggio 1807, festa della SS. Trinità, a proclamarla Santa con una
solenne cerimonia nella basilica vaticana. Ancora oggi il 30 gennaio si ricorda Santa Giacinta,
insieme a Santa Martina, sul calendario.
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