giovedì 26 gennaio 2017


Sesto Bisogni (1885 - 1940), Deputato  socialista nel 1919 e 1921.

 Garibaldo Bisogni, cugino di Sesto, Sindaco socialista di Castelnuovo nel 1919 e Vicesindaco nel 1944.

I miei antenati: Natale Groppi e Rosa Donati con Ottavina e Maria, 1890. Ottavina sposerà Quinto Bisogni, fratello di Sesto.


Da sinistra a dx.: i quattro fratelli Bisogni: Terzo, Quarto, Quinto e Sesto.

SESTO BISOGNI, ovvero: la coerenza di un'ideale.

         A conclusione di una paziente ricerca avviata all’inizio degli anni ’90, per ricostruire alcuni dati biografici di Sesto Bisogni trovai Dino Bisogni, nato nel 1912 a Castelnuovo, figlio di Quinto e nipote di Sesto, il deputato socialista eletto per due volte alla Camera, nel 1919 e nel 1921. Dino non solo era il custode della storia della famiglia Bisogni, ma era un mio parente!  Quale inaspettata sorpresa! Infatti una sorella di mio nonno Dario, Ottavina Groppi, aveva sposato Quinto Bisogni, fratello di Sesto, ed era perciò la madre di Dino. Quindi Dino Bisogni e mio padre erano cugini buoni e anch'io potevo considerarmi un parente. E così, finalmente, il 28 dicembre 1994, un mercoledì sera freddo e sereno, mi recai  ad incontrare Dino e sua moglie Vanda Palchi nella loro casa in San Prospero a Siena, per parlare di Sesto e per conoscere uno spezzone delle vicende della mia famiglia. Dalla lunga registrazione (escludendo le parti relative al rapporto con i Groppi), ho estratto alcuni brani, per l’incontro di stasera:

Dino Bisogni racconta…

"…Sesto, mio zio, era una persona onesta, non come  altri  dei nostri tempi si sono dimostrati,  era una gran brava persona, un socialista tutto d'un pezzo, buono, faceva piaceri a tutti tant'è vero che è stato rispettato anche dagli avversari. Proprio lui mi ha raccontato che una volta che gli si avvicinò uno sconosciuto dicendogli "onorevole, io sono fascista, però sono un ammiratore della sua personalità e lo vorrei avvisare che gli stanno tendendo un tranello, siccome hanno osservato quali strade percorre al mattino uscendo di casa, l'attendono per dargli una barcocchiata". Così Sesto cambiò percorso e questa volta gli andò bene.

         Pompilio, guarda, eccolo lì - mi mostra una bella fotografia incorniciata -, quello è Pompilio, mio nonno, in un ritratto che avevamo in casa noi. Era un calzolaio e abitava a Castelnuovo. Ha avuto otto figlioli, in verità la mia nonna ha avuto quindici parti, però sette o sono stati aborti o i neonati sono morti subito dopo il parto. Degli otto figli, anche l'ultimo, Ottavo, è morto in giovane età, così in realtà siamo sette, cinque maschi e due femmine: Primo, che io non ho conosciuto, Seconda, Terzo, Quarto, mio padre Quinto, Sesto, Settima...

                   Sesto ebbe due maschi e una femmina: Giordano, Walter e Pace. Nel primo parto nacquero due gemelli, Giordano e Bruno, ma Bruno morì. Anche Giordano è morto circa all'età di settanta anni. Walter invece è morto giovane, non aveva nemmeno cinquanta anni. La figlia, Pace o "Pacina", è nata nel 1916 a Sampierdarena, in piena guerra mondiale - e da ciò deriva il suo nome .
        
         Sesto, nato nel 1885 è morto nel 1940, nel mese di agosto, all'età di 55 anni. Aveva fatto una festicciola  casalinga e stava contento in mezzo agli amici quando cominciò a urlare: "muoio, muoio!". E così morì. Non ci fu niente da fare. Forse fu un infarto, forse un ictus. L'ultima volta che lo vidi, agli inizi degli anni '30, mi si sfogò dicendomi tutta la sua amarezza per come si era ritrovato economicamente e per l'isolamento nel quale viveva, ringraziava solo di avere "una pensioncina" delle ferrovie dello Stato - che in un primo tempo i fascisti non gli volevano dare, ma Sesto dimostrò di avere un telegramma con il quale si dimetteva al momento di entrare in parlamento e, quindi, aveva un diritto legale - che gli consentiva di non morire di fame. Trovò impiego da un commerciante di laterizi. Poi aiutò il figliolo a gestire un garage, ma questa iniziativa fallì.

         Sesto era una persona perbene, aveva tanti amici che erano diventati pezzi grossi del regime fascista, a Roma, a Siena, Arzzo, Firenze,  a Grosseto, ma è morto povero in canna perché non ha mai chiesto aiuti a nessuno. Eppure bastava così poco! Era rimasto socialista massimalista, che era l'estrema del partito.

         I membri della famiglia di Pompilio Bisogni avevano lasciato tutti il paesello, erano persone estremamente intelligenti, non sopportavano di vivere nell'abbrutimento della miseria, ma anche sparpagliati in Toscana e Liguria erano rimasti  molto uniti, pur avendo idee politiche assai diverse.

         Infatti mio padre era un monarchico e così Terzo e così Primo, erano fedeli alla casa Sabauda. Mio padre, nel tempo che è stato Segretario Comunale a Pomarance era corrispondente di due giornali monarchici: il Corazziere di Volterra  e il Nuovo Giornale di Firenze. Poi abbandonò la politica, non faceva per lui. Tutti e sette i fratelli e sorelle sono state persone di una onestà eccezionale e Sesto, che pure avrebbe avuto molte possibilità di arricchirsi, è morto povero. Anche Mussolini, prima di diventare capo dei fascisti, era un suo amico: più di una volta gli ha battuto la mano sulla spalla salutando "il compagno ferroviere!" ed invitandolo, nel Parlamento, a passare dalla sua parte!
        
         Altri suoi amici, che come lui venivano dall'esperienza del sindacalismo, come Alceste Lanzoni, si buttarono coi fascisti, e fecero una notevole carriera. Lanzoni incitava il suo compagno a fare altrettanto, ma senza riuscirvi.  Sesto aveva cultura, sapeva parlare, era integerrimo, nutriva un fortissimo ideale socialista. Ora è sepolto al Verano, dimenticato da tutti. Non ha avuto una lira di pensione parlamentare. Mi fa piacere che qualcuno oggi lo rivaluti e ne parli. Come era? Era un omone, con un cappellone a larga tesa, si vedeva bene anche da lontano in fondo alla piazza, alto e bello con la sua lobbia. Aveva un carattere ottimista, faceto...nonostante le difficoltà della vita...

Memorie politiche.

                Sesto Bisogni, nato a Castelnuovo V.C. il 4 dicembre 1885, divenne negli anni 1917-1924 sindacalista socialista e deputato al Parlamento. Si iscrisse al PSI nel 1909 e aderì all'ala massimalista.  Corrispondente dell'Avanti!, collaborò al periodico socialista della Val d'Elsa   "La Martinella" ed a "Bandiera Rossa" di Siena, che ne fu l'erede.  Fu sempre a fianco delle lotte operaie della Boracifera nel "biennio rosso" e strenuo difensore degli ideali socialisti di fronte alla prepotenza del principe Piero Ginori Conti. Per tali motivi e con l'accusa di "incitamento all'odio di classe", scontò tre mesi di carcere nel Mastio di Volterra. Tenne numerosi comizi a Castelnuovo, ricordando i tempi di quando manovale "...portavo le corbelline di calcina per la costruzione del palazzo Pierattini, conoscendo e soffrendo direttamente le dure condizioni di vita dei proletari...". Rimase costantemente in contatto con i socialisti del paese natio, di cui i Bisogni, clan numerosissimo formato da oltre 50 persone, in prevalenza da calzolai, costituivano una parte non secondaria. Per la sua coerenza all'ideale sociale di matrice marxista Sesto fu accanitamente perseguitato, ed infine costretto a vivere poveramente e nell'isolamento. Tuttavia i fascisti non riuscirono mai a togliergli la fede nel socialismo né la dignità di uomo libero. La morte lo coglierà improvvisamente a Roma il 21 dicembre 1940.

         Sesto Bisogni era arrivato a Siena il 29 settembre 1917, proveniente da La Spezia. Dopo lo scioglimento delle Camere, avvenuto il 29 settembre 1919, i socialisti senesi, pur riluttanti ed indecisi se presentarsi alla competizione elettorale, decisero infine di prendervi parte con il loro simbolo costituito da una corona di spighe di grano illuminata dal un sole nascente, e presentando come capolista Ezio Bartalini. Nella lista erano presenti Sesto Bisogni, il suo compagno e grande amico Giulio Cavina ed altri. Pur avendo partecipato alle elezioni di malavoglia i socialisti riportarono uno strepitoso successo aprendo la porta della Camera  dei Deputati a cinque candidati: Merloni, Grilli, Bosi, Mascagni e Sesto Bisogni.

                  L'attività  precedente di Sesto Bisogni  è ricostruibile mediante alcuni rapporti inviati dai prefetti al ministro dell'Interno, oggi conservati nella scheda ad nomen in ACS, Casellario Politico Centrale, fascicolo n.667, nonché sulla base del foglio matricolare, reperibile presso l'Archivio Centrale delle Ferrovie dello Stato: Assunto nelle Ferrovie dello Stato il 22 dicembre 1906, per la sua attività  sovversiva gli furono  tolte, negli anni seguenti, le funzioni di conduttore,  e per due anni scontò una punizione con  il blocco totale del salario.

         In più egli era costantemente sotto il controllo della polizia che in una rapporto così lo descrive:   “…il controscritto individuo essendosi, in questi ultimi tempi a Spezia manifestato molto attivo nel campo sovversivo, tanto da rendere necessaria una assidua vigilanza sul suo conto da parte di quell'ufficio di pubblica sicurezza, venne segnalato al Comando in capo di questa piazza, anche in vista della sua posizione militare di esonerato.  Su richiesta dell'Ammiragliato è stato trasferito al deposito di Siena". Ed a Siena prese servizio il 30 settembre 1917.

         A Siena emerse subito come uno dei più brillanti dirigenti socialisti e rapida fu la sue elezione a Segretario della Camera del Lavoro. Il compito per Sesto Bisogni e per gli altri esponenti designati al Comitato esecutivo divenne assai arduo; si trattava di riordinare la Camera del Lavoro che usciva dal periodo di guerra in pessime condizioni finanziarie e organizzative. Bisogni iniziò un'assidua opera di riorganizzazione, che in meno di tre mesi portò considerevoli risultati: a gennaio 1918 erano state costituite in provincia di Siena 82 Leghe contadine e se ne stavano formando altre 11. Inoltre erano state distribuite 6.671 tessere. Le Leghe erano coordinate da un Comitato Centrale di cui faceva parte Sesto Bisogni, che lavorò accanitamente per tutto l’anno.

         Nei primi mesi del 1919, a Siena, mentre il partito socialista si stava rapidamente rafforzando, si manifestò, non solo nelle ferrovie, ma anche in numerosi altri settori, una forte ripresa delle rivendicazioni operaie, causate sia dalla diminuzione dei salari reali che si era verificata nel quinquennio 1914-1918, sia dalla volontà di ottenere miglioramenti delle condizioni di lavoro In questo clima di lotta i i ferrovieri assunsero una fondamentale funzione direttiva...Il 2 giugno 1919, dopo una serie di riunioni e trattative, fu convocato il consiglio generale. Venne deliberato all'unanimità di aderire alla Confederazione Generale del Lavoro, e SESTO BISOGNI, segretario della Federazione Provinciale delle Cooperative della provincia di Siena e ferroviere, in servizio come conduttore principale al locale deposito personale viaggiante, fu eletto provvisoriamente alla Segreteria.

         Come riferisce il giornale "Bandiera Rossa" il 14 giugno 1919 n.17, Bisogni, insieme ad altri compagni, tra i quali Luigi Polano, Fiammetta Giani, Gina Rossi, aveva parlato in molti paesi della provincia riscuotendo calorosi consensi.

         E’ la Direzione della Polizia che in un rapporto riservato descrive la situazione: “…il 21 giugno si tenne a Siena un comizio sul problema dell'elevato costo della vita e per richiedere provvedimenti adeguati a calmierare i prezzi, durante il quale, tutti gli oratori prospettarono secondo il proprio punto di vista il disagio in cui si dibatte il popolo per l'enorme costo dei generi necessari alla vita, disagio che colpisce più aspramente la classe operaia...Vi fu anche un oratore, il Bisogni, che propose l'espropriazione della proprietà ed una conversione dei prestiti di guerra per alleggerire i debiti ingenti dello Stato...Aggiunsero tutti (gli oratori) che la borghesia era inabile alla bisogna e che il proletariato doveva assumere il governo della cosa pubblica, perchè certo sarebbe riuscito più adatto e più proficuo a se stesso e alla società. Nonostante la retorica rivoluzionaria, al termine dell'adunanza ci si limitò ad agire attraverso i canali istituzionali: venne infatti nominata una commissione per presentare alle autorità cittadine un ordine del giorno, che prevedeva tra l'altro la municipalizzazione degli spacci, il ribasso del 50% del prezzo delle derrate alimentari e manufatti d'ogni specie e la parziale espropriazione delle ricchezze ingiustamente accumulate durante la guerra. Della commissione facevano parte Sesto Bisogni ed altri cinque compagni”.

         Ma pochi giorni dopo si verificarono due fatti importanti: il 5 luglio il saccheggio dei negozi causato dall'aumento dei prezzi dei viveri, e il 20-21 luglio lo sciopero politico che paralizza la città.

         Sesto era tenuto sotto costante controllo dal prefetto Nunzio Vitelli che informava periodicamente il ministro dell'Interno sulla sua attività; in una prima lettera del 19 luglio 1919, egli veniva definito "un impiegato sovversivo e pericolosissimo agitatore", aggiungendo che "intervenne e parlò in comizi pubblici apparentemente sul caro viveri, ma invitando i radunati ad una prossima e violenta azione per conseguire la sostituzione del proletariato alla borghesia...insomma un vero incitamento alla rivolta, incitamento nei termini più violenti e pericolosi, fatto in diversi paesi di questa provincia e certo anche in quella di Arezzo ov'egli si è spesso portato".

         Nell'agosto 1919, Bisogni fu sostituito nella carica poiché venne nominato Ispettore della Federazione Nazionale Lavoratori della Terra, che in provincia di Siena assunse ben presto una rilevante importanza, diventando tra le più forti a livello nazionale e la più numerosa in Toscana...

                            Nel partito socialista Sesto Bisogni si era affermato come uno dei massimi esponenti  a Siena e provincia insieme al compagno scalpellino Giulio Cavina, che lo sostituìalla direzione della Camera del Lavoro. Sia Bisogni che Cavina erano del tutto estranei all'ambiente senese: arrivati da poco in città portavano con sè esperienze organizzative e politiche di altre zone italiane...furono questi due uomini a dirigere le lotte del "biennio rosso", che in provincia di Siena ed in Toscana assunsero spesso toni drammatici...

         Il 16 novembre 1919 si tennero in Italia le prime elezioni del dopoguerra a suffragio universale maschile e con il sistema dello scrutinio di lista a rappresentanza proporzionale. I vecchi collegi furono sostituiti da circoscrizioni elettorali molto pi- ampie. I dirigenti socialisti delle tre federazioni di Siena, Arezzo e Grosseto presentarono una lista bloccata composta da: Ezio Bartalini, Ferruccio Bernardini, SESTO BISOGNI, Luigi Bosi, Giulio Cavina, Umberto Grilli, Luigi Mascagni, Giovanni Merloni, Giuseppe Sbaraglini, Foscolo Scipioni. Alle elezioni il PSI riporta una vittoria schiacciante: vengono conquistati cinque dei dieci seggi disponibili nella circoscrizione ed eletti Merloni, Grilli, Bosi, Mascagni e Bisogni. Quest'ultimo ottiene ben 71000 consensi e deve una parte importante della vittoria al sostegno rurale che gli veniva dalla sua carica nella Federazione Nazionale Lavoratori della Terra: a questo punto la maggioranza  dell'elettorato socialista era infatti concentrata nelle campagne, dove sia i braccianti che i mezzadri erano stati organizzati in forti Leghe rosse, che avevano definitivamente sconfitto la tradizionale soggezione del contadino verso il padrone e il fattore, portando una notevole mobilitazione sociale e politica...Da tempo Sesto Bisogni  si recava a lavoro sui treni soltanto saltuariamente.   Il prefetto di Siena Nunzio Vitelli, già dal 19 luglio 1919, aveva fatto notare al ministro dell'Interno che " egli trasandando i suoi doveri dell'impiego, con tolleranza certo dei suoi superiori, si dedica, correndo qua e là, a quelle funzioni ed azioni che sono in antitesi dell'assiduità e regolarità dei suoi incarichi ferroviari". Il 3 settembre 1919, il nuovo prefetto Emilio D'Eufemia aggiungeva che Bisogni si trovava arbitrariamente assente dal servizio ferroviario fin dal primo agosto e chiedeva che l'amministrazione delle Ferrovie dello Stato prendesse provvedimenti punitivi contro di lui. In data 29 settembre il ministro dell'Interno rispondeva al prefetto, comunicando che i provvedimenti richiesti erano imminenti e che Bisogni sarebbe stato denunciato per avere abbandonato il servizio. Sesto Bisogni diede le dimissioni dalle Ferrovie dello Stato in data 15 ottobre 1919, con il grado di conduttore principale: non attese quindi l'esito delle elezioni, in base alle quali avrebbe comunque dovuto dimettersi essendo incompatibile la carica di deputato con quella di impiegato ferroviario.

         Alle elezioni del 1919 Bisogni era anche candidato nella lista socialista, insieme a Giuseppe Emanuele Modigliani, per il collegio di Pisa - a conferma del ruolo politico esercitato nella provincia pisana e soprattutto alla direzione dello sciopero di cinque mesi dei lavoratori delle fabbriche dell'acido borico - dove riportò oltre 33000 preferenze, risultando il terzo dei non eletti. Significativa l'affermazione nei tre seggi del comune di Castelnuovo con 472 preferenze contro le 543 di Modigliani. Nel parlamento entrano 156 socialisti e 100 popolari su 508 deputati. In Italia il PSI aveva ottenuto la maggioranza relativa di lista con il 32,3% dei suffragi, ma rimase all'opposizione.

         A Siena l'anno 1919 si chiuse il 19 dicembre, nella piazza di Sarteano, con uno scontro tra i carabinieri e la folla che attendeva l'arrivo del deputato socialista Sesto Bisogni, invitato a celebrare la vittoria elettorale di due mesi prima. I carabinieri avevano arrestato il presentatore dell'oratore, appena questi aveva incominciato a parlare e un gruppo di socialisti aveva protestato, reclamandone l'immediato rilascio. Era scoppiato un tumulto e i carabinieri avevano sparato "all'impazzata" cinquanta colpi di fucile, uccidendo due persone e ferendone molte altre. "Gli eccidi si susseguono agli eccidi...I briganti in divisa - scrive Bandiera Rossa - hanno macchiato di sangue puro e generoso le vie della piccola città". Il fatto aveva fortemente turbato il clima politico senese, anche perchè nella città e nella provincia si susseguivano analoghi episodi suscitando paura e rabbia. Riguardo ai fatti di Sarteano il giornale "Il popolo di Siena" accusava il deputato Bisogni di essere intervenuto non per calmare gli animi, ma per eccitarli. "I fatti di Sarteano - affermava il giornale cattolico - non sono che un episodio di questo stato d'animo delle nostre popolazioni che per maestri hanno quei deputati che danno al mondo spettacolo così grottesco di ineducazione al Parlamento italiano". Parole gravi, che del resto si collocano nel solco dei gruppi cattolici senesi, sempre orientati in direzione reazionaria, fino alla totale collusione con il fascismo più tardi dilagante e vittorioso.

         Dopo la tragica sera di dicembre a Sarteano, nella quale i carabinieri oltre ad aver ucciso due cittadini, rischiarono di compiere una deliberata strage, ritroviamo Sesto Bisogni durante le polemiche seguite alla aggressione squadristica alla Casa del Popolo di via Pianigiani a Siena, il 7 marzo 1920.

         Durante l'inaugurazione della bandiera dell'associazione combattenti era previsto che un corteo sfilasse per le vie della città. Sesto Bisogni, essendo circolate voci sulle intenzioni provocatorie dei combattenti stessi si era recato dal questore a chiedere che i manifestanti non passassero per via Pianigiani, dove era situata la Casa del Popolo. Ma ciò fu vano. Tuttavia i socialisti riuscirono a fronteggiare l'assalto ed a respingerlo. Furono sparati colpi di arma da fuoco e un giovane socialista, Enrico Lachi,  rimase gravemente ferito morendo tre giorni dopo.

         Siena sembrava trasformata in una caserma...grosse pattuglie di carabinieri e di guardie con fare provocante perlustravano le vie della città. Autoblinde erano già pronte e non mancavano delle mitragliatrici. In piazza era proibito dalle autorità di tenere comizi, ma, durante lo sciopero generale di protesta del giorno 8 marzo, di fronte a una folla strabocchevole, parlarono egualmente alcuni esponenti del socialismo senese: Bisogni, Cavina, Meoni e Boldrini in nome degli anarchici.

         Per tutta l'estate del 1920 e nei primi mesi di autunno si svolsero altre grandi lotte proletarie nel senese che costarono la vita a numerosi lavoratori: Sesto Bisogni, socialista, deputato e instancabile organizzatore, di idee democratiche ed equilibrate - per le quali si scontrò anche con il compagno di Partito, Cavina, più estremista intransigente -, fu sempre alla testa del movimento.

         Nel novembre, alle elezioni amministrative provinciali, egli fu eletto, divenendo Presidente della Provincia. Vice presidente fu nominato  Carlo Meini di Colle Val d'Elsa, il noto e combattivo editore del giornale socialista "Bandiera Rossa Martinella". Durante la seduta iniziale tenuta il 19 novembre 1920, prima ancora dell'elezione delle cariche, i consiglieri della maggioranza si misero a gridare ripetutamente "Viva il Socialismo !", insieme al numeroso pubblico operaio intervenuto a festeggiare quello che riteneva un evento storico. Dopo essersi insediato al banco della presidenza, Sesto Bisogni vi depose un vessillo rosso tra le proteste della minoranza.

                   Sesto Bisogni, intervenendo alla Camera dei Deputati all'indomani del vittorioso secondo assalto fascista alla Casa del popolo di  Siena, avvenuto il 4 marzo 1921, ne denunciava la gravità affermando che i fascisti erano per lo più ragazzi del liceo e delle scuole tecniche di 15-16 anni, capeggiati da facinorosi ex combattenti ed ex sindacalisti che avevano abbandonato il partito socialista e aiutati dai Reali Carabinieri. Sesto Bisogni fece una completa e minuziosa relazione, mettendo in luce la complicità dei tutori dell'ordine e rilevando la barbarie degli assalitori fascisti che picchiarono gli arrestati. Terminò invitando il governo a restituire al più presto la Casa del popolo, posta sotto sequestro, ai suoi legittimi proprietari e a mettere in libertà gli arrestati innocenti. Parteciparono al dibattito anche altri oratori, fra i quali Claudio Treves, che sottolineò la responsabilità del governo Giolitti di fronte agli abusi dei fascisti.

         La cronaca dell'assalto fascista alla Casa del Popolo di Siena, incendiata e distrutta il 4 marzo 1921, anche a colpi di cannone, si legge nell'omonimo opuscolo edito dal PSI con la presentazione di Filippo Turati, e da essa risulta inequivocabilmente la collusione tra le forze di polizia, carabinieri, con la teppa e gli assassini fascisti. Infatti ben 62 socialisti furono arrestati, mentre tutti i fascisti rimasero liberi !

         Le azioni di violenza fascista toccarono il culmine nella primavera del 1921, sia a Firenze che nelle altre province toscane. Ormai tutta la forza dello Stato si era schierata a favore del Fascio di Mussolini.

         In questo clima di terrore si erano svolte il 15 maggio 1921 le elezioni politiche, con le quali entrarono in parlamento 36 deputati fascisti. Gli altri gruppi politici rimasero quasi inalterati e la governabilità del paese si fece più difficile. Sesto Bisogni fu rieletto deputato nella Circoscrizione di Siena-Arezzo-Grosseto, insieme a tre compagni socialisti che perdevano un seggio rispetto alle precedenti elezioni. Ma considerata la realtà in cui si svolsero le elezioni e la scissione comunista, fu comunque una notevole affermazione che portò a Roma i due massimi dirigenti del socialismo senese: Bisogni e Cavina, dimostrando il forte radicamento tra le masse proletarie della città e delle campagne. Nel comune di Siena il PSI raggiunse addirittura il 47,8% dei voti contro il 41,3% delle elezioni del 1919. In città ottennero ben 4323 voti contro i 3601 del Blocco, gli 830 dei popolari e i deludenti 109 voti dei comunisti. A Grosseto i socialisti (11110 voti) ed i comunisti (3770 voti) insieme raggiungono  ancora il 49%, cioè solo un 2% in meno rispetto al 1919 nonostante le violenze e le intimidazioni.

         Anche in campo nazionale il PSI aveva dimostrato una notevole capacità di tenuta, ottenendo 1.632.000 voti, ossia soltanto duecentomila in meno rispetto alle elezioni politiche del 1919, prima della scissione dei comunisti

         Il 23 agosto 1921, con la mediazione del presidente della Camera Enrico De Nicola, viene firmato a Roma il cosiddetto "patto di pacificazione" dai delegati del PSI, del Consiglio Nazionale dei Fasci e della CGdL, nonché dai parlamentari socialisti e fascisti. Ne rimasero fuori i comunisti, i popolari e i repubblicani. Il 9 settembre 1921 usciva l'ultimo numero del giornale socialista "Bandiera Rossa Martinella" che riportava  la cronaca di una lunga serie di  misfatti squadristici affermando: " sono forse queste le condizioni di pace applicate dai fascisti ?".

         Il 7 novembre 1921 viene fondato il Partito Nazionale Fascista. Lo stesso Sesto Bisogni, la cui abitazione a Siena era costantemente sorvegliata dalle Guardie regie per evitare aggressioni fasciste (infatti il prefetto Bertone informava il Ministro in data 15 marzo 1922, che il giorno 5 precedente alcuni fascisti si erano presentati a casa del Bisogni dove era in corso una riunione di socialisti: uno di loro entrato eludendo la sorveglianza delle guardie regie intimò al Bisogni di smettere di utilizzare la sua casa come succursale della Camera del lavoro se voleva continuare a godere di un trattamento diverso da Cavina, il quale era stato selvaggiamente bastonato),  scriveva al prefetto un accorato appello affermando che: "...i regi carabinieri e i comandanti stessi grandi e piccoli hanno dimostrato di avere perduta completamente la testa e di veramente sentire solo l'ordine del mandante privato e non gli ordini dell'autorità del governo e del suo primo rappresentante il Sig. prefetto".

         Ormai nella città di Siena regnava la paura. Ma la situazione era ancora peggiore nelle campagne come lamenta Sesto Bisogni in un intervento alla Camera dei Deputati il 10 maggio 1922: "...E’ ormai cosa di tutti i giorni la cronaca delle violenze che avvengono in provincia di Siena...Da quindici o sedici mesi, in quella provincia, siamo messi a ferro e fuoco da paese a paese, e di morti ce ne sono tre a Chiusi, due a San Gimignano, uno a Montepulciano, altri a Poggibonsi ecc. Da tutte le parti morti appartenenti alle classi operaie...e gli arrestati pure sono tutti di parte operaia. Dalla parte dei signori, o dei servi degli agrari...nemmeno un arresto...Certo è che quella provincia, che all'estero e dovunque rappresenta quasi l'anima gentile e il linguaggio d'Italia, le più eccelse tradizioni gelosamente custodite, oggi vive la vita della Vandea...".

         Con le sue parole Bisogni si guadagnò dure minacce da parte dei fascisti che scrissero sul loro giornale La Scure del 13 maggio 1922 un articolo dal titolo " La protesta dei fascisti contro i due avventurieri Cavina e Bisogni": "...lo scalpellino Cavina e il frenatore Bisogni han promesso in Parlamento di voler dirigere la rivolta nella nostra città ed hanno osato calunniare la tradizionale gentilezza delle nostre popolazioni, con frasi da gente di suburra, quali essi si son dimostrati. Fascisti! Noi dobbiamo raccogliere la sfida e in questo maggio il raglio dei due onorevoli asini, deve essere accompagnato dalla musica suadente dei nostri manganelli. Invitiamo perciò i due avventurieri piovuti tra noi in cerca di fortuna, a ripetere nella nostra città quanto hanno potuto affermare alla Camera". Il forte risentimento era confermato in un rapporto del prefetto Bertone al Ministro dell'Interno, datato 15 maggio 1922: "In seguito alla recente interrogazione alla Camera dei deputati fatta dall'on. Bisogni sulla situazione di Siena ed in seguito alla sistematica sua denigrazione di questa città, si è qui manifestato, specie nell'ambiente fascista, un vivo malcontento ed un grave fermento che potrebbe degenerare in azione violenta contro di lui, qualora rientrasse in questa provincia".

         I consiglieri della minoranza socialista, tra cui militava Sesto Bisogni,  si erano già ritirati gradualmente nel corso dell'anno. Nelle lettere di dimissioni si affermava: "...per ragioni mie personali e per la tranquillità della mia famiglia ho dovuto dimettermi dal partito socialista...". Gli stessi fatti si verificarono al consiglio provinciale, dal quale nel settembre 1922 la maggioranza dei socialisti diede le dimissioni: fra loro Sesto Bisogni. La Casa del Popolo di via Pianigiani, divenne proprietà dei fascisti dall'aprile 1923 e poi venne adibita a Consorzio Agrario. L'abitazione di Sesto Bisogni - chiamato dalla stampa fascista Barba Blu - era stata perquisita dalla polizia, che però non era riuscita a trovarvi nulla di compromettente. Altre perquisizioni erano state fatte nelle case dei più noti sovversivi. Alcuni furono arrestati. Il 31 dicembre 1922 il comune di Siena viene commissariato.  

         Sesto Bisogni aveva aderito nell'ottobre 1922, con Turati, Treves e Matteotti al Partito Socialista Unitario e alle elezioni politiche del 6 aprile 1924 - che si tennero con un sistema maggioritario approvato con RD 13 dicembre 1923 n.2694, in base al quale alla lista di maggioranza relativa venivano assegnati i 2/3 dei seggi purchè avesse riportato almeno il 25% dei voti validi - si presentò nella nuova circoscrizione toscana come candidato per la lista socialista unitaria, ottenendo 2691 voti e risultando il primo degli esclusi, dopo Giuseppe Emanuele Modigliani e Gino Baldesi. Si può affermare che le elezioni politiche del 1924 rappresentarono un travolgente successo per le due liste fasciste, e furono, per ironia della sorte, le prime almeno in cui formalmente, era garantita la segretezza del voto, con l'uso della scheda di Stato, sulla quale, come oggi, erano stampati i simboli delle liste concorrenti, mentre nelle precedenti consultazioni ogni partito si faceva stampare le schede e l'elettore, prima di entrare in cabina chiedeva quella per cui avrebbe desiderato votare. Ma ormai, in Italia, il Partito Nazionale Fascista era riuscito, anche per la frammentazione degli altri partiti politici ed in particolare della sinistra, a conquistare la fiducia della maggioranza degli elettori!


         Secondo un rapporto del prefetto al ministro dell'Interno del 9 settembre 1925, Bisogni tornò a risiedere stabilmente a Siena dopo aver perso il seggio di parlamentare ed essere stato anche esonerato dalle Ferrovie dello stato in data 1 novembre 1923. Smise di esplicare attività politica e trovò occupazione come direttore della Cassa di Credito, ma i fascisti lo fecero ben presto licenziare. Secondo l'anagrafe comunale di Siena, risulta emigrato a Roma il 29 aprile 1926. Nella capitale trovò impiego presso un commerciante di laterizi e lavorò poi per proprio conto aprendo una bottega. Dal 1927 al 1940, data della sua morte, non svolse alcuna attività politica, ma mantenendosi costantemente fedele ai propri ideali, fu oggetto di periodiche indagini da parte dell'autorità di pubblica sicurezza". Qui si conclude la nostra sommaria ricostruzione sull'attività di Sesto Bisogni, castelnuovino e socialista, il quale avrebbe meritato dalla Comunità che l’aveva visto nascere, un piccolo segno di ricordo, magari la titolazione di una via, al posto delle anonime Abetone o Amiata o Cimone.

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