Una conversazione con
Frantisek Hrubin
(che, con il dovuto
rispetto, faccio mia).
Domanda: Corre voce che lei
stia per scrivere dei ricordi. Non vedo l’ora che escano; negli ultimi tempi
leggo soprattutto memorialistica. Come vede lei questo genere letterario? E che
sensazioni ha avuto e che cosa le veniva in mente leggendo il libro di Nezval
Dalla mia vita? Lei è comunque stato presente a quasi tutto quello che Nezval
ricorda, parlando sul periodo degni anni Venti.
Risposta: Come tutti, mi trascino dietro, con una lunga cordicella,
ombre di ogni tipo. Qualcuna sorride, un’altra mi ingiuria, e un’altra ancora
tace per l’ignominia. Mi piacerebbe sprofondarne qualcuna nella voragine
dell’oblio, altre vorrei stringerle di nuovo al mio cuore. Però si tengono tutte
saldamente insieme, non si può separarle bene. Mi si presentano tutte. Ma non
scriverò delle memorie. No, già perché la mia memoria è dubbia. Non scriverò
diari, non conservavo i documenti e buttavo nel primo tombino o nel fiume, dal
ponte, i testi delle piuttosto numerose conferenze, fatti a pezzettini subito
dopo essermi inchinato davanti agli ascoltatori. Dopo queste conferenze avevo
una sensazione fastidiosa di vergogna. Le parole dette volano via, ma il testo
rimane. Che andasse via, dunque! Per non essere però sospettato di voler far
sparire molte cose spiacevoli che potrebbero smentirmi, ho deciso che con
l’andar del tempo scriverò circa venti o trenta lettere abbastanza lunghe ai
miei amici e conoscenti, scelti secondo il bisogno e le circostanze, per
chiarirmi molte questioni del passato, per riconoscere i miei sbagli e le mie
opinioni errate, eppoi anche perché, ricordando i morti intorno a me e dietro
di me, possa aggiungere qualcosa alle loro figure che si dimenticano tanto in
fretta. Saranno parecchi gli impegni di questo genere. Nella vita si presentano
dei momenti in cui di solito diamo la precedenza alla letteratura dei fatti, la
prosa ci favorisce perché una cosa la si possa dire semplicemente. I versi mai,
dei versi abbiamo bisogno fino alla fine delle cose. Ci piace quindi prendere
tra le mani anche i libri di ricordi. Lessi commosso Dalla mia vita di Nezval. E’ in parte una testimonianza anche della
mia vita. Tra le parole Wahrheit e Dichtung, (verità e poesia), le lancette
dell’immaginario quadrante indicano piuttosto la seconda parola, ma questo non
m’importa assolutamente. Nezval non scriveva il suo libro soltanto per gli
storici della letteratura, ma principalmente per i suoi lettori. Talvolta ha
innalzato una realtà sobria, grigia, su un luminoso piano poetico e ha fatto
bene. Del resto, oggi, in genere, ci interessa se i ritratti che si sono
conservati degli antichi romani erano abbastanza fedeli?
Domanda: Apri la porta al
lettore, tocca a lui orientarsi poi all’interno. Press’a poco così si espresse
il poeta Leon-Paul Fargue. Cosa ne dice delle opinioni che appaiono qua e là,
secondo le quali il lettore non ha affatto importanza e il poeta può lasciarlo
stare davanti alla porta chiusa?
Risposta: Mi viene in mente F.X.Salda. Purtroppo in questo momento
non riesco a ricordare dove ha scritto sulla missione e sullo stato del poeta
nella nazione. Una volta fu espresso un aforisma: la poesia di tendenza è buona
quando è buona. Sull’abuso della poesia per qualche tendenza, una volta Viktor
Sklovskij disse “Col samovar si può piantare anche un chiodino, ma perché
proprio col samovar? Le masse dei lettori, come sappiamo, sono piuttosto
inclini al conservatorismo e all’agiatezza sperimentata delle vecchie forme. E
così il poeta più di una volta scansa i suoi lettori, o addirittura rompe con
loro. Ma come potrebbe distaccarsi da loro, quando solamente tramite loro può
vivere la sua opera? Penso che potremmo adottare per la poesia la definizione
usata da Russell per la storia dell’umanità. La storia della poesia è la storia
dei grandi creatori, che creano la propria opera contro la volontà delle più
vaste masse dei lettori. Ogni poeta vuole essere ascoltato, anche il più
esclusivo. La poesia è un dialogo sulla verità e dovrebbe essere questo un
dialogo appassionante, con la porta spalancata.
Accosto, nell’immagine, a questo
grande poeta universale, una persona che ho conosciuto, io ragazzo e lui già
uomo adulto, e che un giorno mi raccontò la sua esperienza di soldato
nell’esercito fascista e poi, passato dalla parte della resistenza (fatto,
questo, ignorato da quasi tutti!) Aveva un grande amore: FOLLONICA! Si, proprio
la cittadina sul mar Tirreno. E con mia sorpresa mi regalò, con tanto di
autografo, un suo opuscolo poetico dedicato proprio a Follonica: “Due ricordi frettolosi ed una fantasia
più calma”! Non ci crederete: ma lo serbo tra le cose che più amo, insieme
al Nobel J. Seifert..
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