Qualcosa sul mio nonno
Dario.
Del mio nonno paterno, Dario, non
ricordo praticamente nulla. In questo preciso momento (ore 17.16 del
27/02/2016) compio uno sforzo eccezionale cercando di andare indietro il più
possibile, tentando un improbabile percorso cronologico, non sostenuto da
documento alcuno. Fino all’età di cinque anni Dario e sua moglie, Enélide,
abitavano in una casa del Borgo diversa da quella dei miei genitori, e perciò
io e mia sorella, di tre anni più piccola,
non abbiamo avuto modo di frequentarli. Nell’estate del 1943 (non avevo
ancora compiuto i cinque anni) i miei genitori si separarono legalmente, e
così, essendo noi bambini troppo piccoli, mia madre ci portò dai suoi genitori
che abitavano in un podere molto lontano dal paese. Non si deve dimenticare che
in quegli anni l’Italia era in guerra (avevo uno zio materno a combattere sul
fronte orientale, e di lui non abbiamo più saputo nulla, né se sia morto o,
magari, vivo), e inoltre, proprio dal settembre 1943 alla Liberazione (29
giugno 1944), il nostro territorio delle Colline Metallifere Toscane era
attraversato dal “fronte” di combattimento. Era perciò impensabile allontanarsi
dal quel podere, così remoto. Fu soltanto nella primavera del 1946 che riuscii
a fuggire per andare a cercare mio padre e i nonni paterni che adesso abitavano
insieme a lui. Nonno Dario era in pensione credo dal 1944, avendo lavorato alla
Società Boracifera di Larderello, per diversi decenni, più un intermezzo di
emigrante nelle miniere di carbone della Pennsylvania nei primi anni del ‘900.
Ma, oltre ad essere un buon operaio alle caldaie del sal borace, e un tenace
lavoratore, aveva anche appreso il mestiere di calzolaio, con una buona fama
nel paese e nelle campagne vicine. Certo, la sua vera fama, era affidata alla
musica, nella quale eccelleva come clarinettista. Infatti la pensione era
misera e nonostante che i suoi due figli lavorassero ed avessero famiglie
indipendenti, da sola non sarebbe stata sufficiente per vivere, seppur
modestamente in una casetta in affitto. Tutto questo per giustificare, in
parte, la sua non presenza nei miei primi ricordi, dato che soleva recarsi
anche in poderi molto lontani dal paese, e rimanerci per più giorni. In quella
casa, tra la primavera del 1946 e la sua morte nel luglio 1948, io dormivo col
babbo e lui e la nonna avevano un’altra stanza nella parte opposta alla nostra.
Diciamo pure che i momenti dello stare insieme devono essere stati esigui. Quel
poco che so’ di lui si deve a qualche accenno del babbo, ai racconti della nonna,
a qualche commento dei padri dei miei piccoli compagni di scuola e delle mie
cugine, nonché a rarissime fotografie, soprattutto quelle del Corpo Filarmonico Principe di Piemonte,
nel quale era primo clarino. Dunque sapevo di lui: che era miope, tanto che per
leggere gli spartiti musicali si era fatto fare una apposita “prolunga” da
applicare allo strumento, ma per lo più suonava tutte le sinfonie allora
diffuse in Italia, “a mente”; sapevo anche che era di carattere “burbero” e
riservato, e forse di lui rammento che qualche volta mi abbia minacciato, per aver commesso una
monelleria, di “farmi provare il pedale”, cioè la correggia di cuoio che gli
serviva per fare il filo ai trincetti per tagliare il cuoio o la vacchetta,
sempre appesa ad un lato del piccolo banchetto quadrato di lavoro! Ma ritengo
che non l’abbia amai usato sulle mie gambe nude! Questo banchetto, che si era
costruito da solo, aveva il pregio di potersi chiudere su se tesso in modo da
poter essere facilmente trasportato, a mo’ di zaino, nelle sue peregrinazioni
nelle campagne. Qualcuno m’ha raccontato che era un buon mangiatore, quando
capitava l’occasione! Naturalmente, quando andava “a opre” presso una famiglia
di mezzadri, e ci rimaneva tutto il giorno, la massaia si faceva in quattro per
preparargli qualcosa da mangiare. Un giorno questa mezzadra ebbe a chiedergli:
“Dario cosa volete mangiare oggi a desina, due uova, due salsicce e pane…” al
che Dario rispose pronto “Si, si, due uova e due salsicce!” Della sua vita di
emigrante ho saputo che era insieme a molti altri compaesani (in quegli anni a cavallo del ‘900 si calcola
che circa 400 giovani castelnuovini siano emigrati nelle miniere di carbone
della Pennsylvania, nel distretto di Pittysburg) e che facesse parte di una
band di musica leggera che si spostava nei vari villaggi per suonare alle feste
da ballo, e che durante uno di questi spostamenti il treno fosse assalito dai
banditi, contro i quali, dai finestrini, i musicanti puntarono quartini e
clarinetti, a mo’ di schioppi, mettendoli in fuga. Ma forse questa è solo una
vanteria. Rientrato dall’America senza un dollaro, perché rapinato alla vigilia
della partenza dai gangester della “Mano nera” (tutti italiani!) che li
narcotizzarono nelle camerette dove dormivano l’ultima notte prima di salpare
da New York! Fu soltanto grazie alla colletta dei compagni lavoratori che
ebbero qualche soldo per affrontare il rientro. Tuttavia, giunto a casa, trovò
subito il lavoro alla Boracifera e poco dopo sposò la nonna, allora brava
cantante e bellissima ragazza. Si erano conosciuti durante la messa in scena
delle operette, lui vi suonava e Enélida cantava! Nel 1906 nacque il loro primo
figlio maschio, forse un po’ troppo prematuro per il loro matrimonio, ma di
questo simpatico scandaletto, anche la nonna è sempre stata reticente. Nel 1915
nacque il secondo figlio, mio padre, Renzo. Tutti e due i figli assomigliarono hai
loro genitori e sono stati eccellenti musicisti, come anche una mia cugina,
Jolanda, mentre gli altri nipoti hanno dirazzato! Nonno Dario era figlio di
Natale e Rosa Donati, famiglia poverissima. Natale faceva il portalettere
ausiliario tra il capoluogo e una sperduta frazione, prima di entrare con il
Conte de Larderel alla fabbrica dell’acido borico di Larderello. Ebbero diversi
figli ed io ricordo di aver sentito parlare di Maria, Zeffiro (emigrati a
Grosseto e Siena) e di Stanislao (frate alla Scala Santa di Piazza Santa Maria
Maggiore di Roma), ma forse ce ne furono altri, come ad esempio un Luigi ed una
Ottavina…di loro (a parte mio zio Zeffiro che ho conosciuto di persona e gli ho
voluto molto bene) ho perduto ogni traccia. Questa famiglia del clan “Groppi”
di Castelnuovo, era di idee socialiste, così avevo sentito dire in casa, ma non
avevo alcuna certezza. Molti altri, invece, furono anarchici, ed anch’essi
emigranti e un Groppi Luigi fu segretario del Partito Comunista dopo il
Congresso di Livorno. Il mio babbo, cresciuto sotto il fascismo, non aveva idee
precise, sarà arrivato al rango di “avanguardista”, poco più, ma non risulta
negli elenchi degli iscritti al PNF né, tantomeno, alla RSI. Anche lui entrato
all’età di 12 anni a lavorare sotto la Società Boracifera
di Larderello, comandata dal Principe Piero Ginori Conti, lo deve alla sua
abilità musicale, e come si nota in una fotografia del famoso “Bandone” di
Larderello della fine degli anni ’20, egli è accanto a suo padre Dario, proprio
in prima fila! Oggi si direbbe che Dario e Renzo fossero “bigi”, cioè né neri,
né bianchi né tantomeno rossi, durante il fascismo e che “stessero al loro
posto, senza noiare né esser noiati”. Dopo la Liberazione , nel 1945,
mio padre si iscrisse al PCI e in casa cominciò ad arrivare la stampa
comunista, sulla quale anch’io posi le prime fondamenta: l’Unità, Il Calendario
del Popolo, le opere di Gramsci, Togliatti, Marx, Stalin e Lenin! Poi vennero
Il Pioniere, Vie Nuove, Rinascita, Critica Marxista, Il Contemporaneo…ma allora
ero già cresciuto. La nonna Enélida è vissuta fino a 90 anni, al 1974. Ha sempre votato per
il “suo Dario” diceva, cioè per il PCI!
Però pregava sempre per lui, anche se non l’ho mai vista entrare in
chiesa, e per i suoi genitori che mai dimenticava: suo padre Salvadore Benucci
e sua madre Angiolina Cascinelli. Era una vecchia laboriosa e simpaticissima,
avrebbe fatto qualsiasi cosa per far felici i suoi uomini “Renzo e Carlo”
e qualche volta, guardando verso il
cielo mormorava ”Dario, aspettami, per ora non vengo perché sto bene quaggiù,
ho la stufa, la lavatrice, la televisione e il caldo in casa…e due nipotine!”
Ma insomma, nonno Dario che pesce sarà stato? Mistero. Colpo di scena:
ritrovamento di due documenti che ci dicono che Dario era stato iscritto al
Partito Socialista prima del 1926, che non era mai stato iscritto al Fascio, che
aveva collaborato con la
Resistenza e che alla Liberazione aveva fatto nuova domanda
per rientrare nel Partito Socialista Itliano! Grande nonno! Grazie per la tua
coerenza. Penso che saremmo potuti diventare amici io e te, tu non fossi morto
così presto, e non si sa bene nemmeno di che cosa, per le idee, la dolcezza
della musica ed anche per le uova e le salsicce!
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