A CAPO NORD!
Il desiderio di viaggiare in Scandinavia è sempre stato in me
fortissimo. Volevo arrivare a Capo Nord. Il primo tentativo fu nel 1986, avevo
acquistato una Fiat 127 di terza o quarta mano a benzina alla General Cars
gestita da un conoscente, partimmo, in tre, io, moglie e la figlia minore, in
estate. La bellezza della Danimarca ci
catturò, e così girammo il paese in lungo ed in largo, con molte avventure
piacevoli ed una pericolosa, perché rischiammo di rimanere “insabbiati” viaggiando sulla spiaggia del Mar del Nord
mentre stava sopraggiungendo l’alta marea. Alla meglio riuscimmo a
disinsabbiarci alleggerendo il carico e mettendo sotto le ruote i rami degli
alberi portati dalle maree; ma non eravamo i soli: molte auto si trovavano
nelle nostre medesime difficoltà! Ricordo ancora la grande bevuta di grappa che
facemmo per superare lo schok!
Il secondo tentativo, un po’ meglio preparato, fu l’anno
seguente (12/7 - 3/8). Avevamo finalmente la nostra prima auto nuova una Seat
Ibiza rossa. Sempre noi tre. In due o tre tappe, prendendo il traghetto a Elsinor
, giungemmo in Svezia, pernottamento in casa di privati a Skanes sulla strada per Stoccolma, con un
bel sole e clima mite. I due giorni seguenti viaggiammo verso Stoccolma dove ci
fermammo due notti visitando la città con un tempo splendido. Seguendo la strada Ovest sostammo ad Uppsala dove dormimmo in un Hotel
per un meritato riposo. L’indomani sostammo a Rattvik assistendo a scene
autentiche di folklore alla chiesa sul lago. Si dorme a Mora in uno chalet di
legno. In piena campagna nei pressi di Ostersund. La notte non è mai buio. Si
viaggia sulla Bla Vagen entro bellissimi paesaggi di montagne, neve e cascate
giungendo in due giorni in Novegia a Mo-i-Rana e al Circolo Polare Artico. Oltrepassammo
di pochi chilometri il Circolo Polare Artico e fummo presi dallo sgomento nel
vedere quella strada stretta, tra montagne coperte dai ghiacci…eravamo
abbastanza provati ed avemmo paura a proseguire. Facemmo marcia indietro e la
famiglia che ci aveva ospitato a Mo-i-Rana rimase sorpresa nel vederci
ritornare! Ci riposammo un giorno! E poi giù, verso casa, in un viaggio bellissimo
che durerà ancora 13 giorni, vivendo esperienze meravigliose, ma…verso sud, con
tre giorni di sosta nella città di Oslo! Percorremmo 9060 km su strade ed
autostrade, prendemmo 7 traghetti e ci divertimmo tantissimo, ma il Nord rimaneva
un sogno.
Infine, ecco il terzo tentativo, organizzato con più
precisione. Intanto una novità, non saremmo stati soltanto noi tre. Partimmo
per Capo Nord il 9 luglio 1988. Una
famiglia di nostri amici, che viaggiava con auto e roulotte, si sarebbe trovata
in Svezia a Skelleftea ed in quella località l’appuntamento con noi era il per 13
luglio. Anche loro avevano la figlia minore. Appuntamento perfettamente
riuscito! Da Skelleftea a Rovaniemi
(Finlandia) per Karasjok. Sosta a Oldefiord. Si lascia la roulotte e si
prosegue con le due auto! Si traghetta sull’isola di Mogeroya e finalmente dopo
gli ultimi pericolosissimi 50 km tra la nebbia ed il ghiacci si arriva a Capo
Nord! Si cena e si brinda in 8 “amici” perché per strada si erano uniti a noi
due giovani italiani, contenti di trovare un calore “familiare”. Si dorme in
macchina in attesa del “sole di mezzanotte” che non si vede perché nascosto da
una fitta nebbia gelata. Ci svegliamo, in una balugine atmosfera fredda e senza
sole, tuttavia inconsueta e spettacolare, a Capo Nord. Ci avventuriamo per una
escursione a piedi su un pianoro a strapiombo sul mare, riprendendo l’auto con
un bel sole, verso il traghetto e Oldefjord, dove lasciamo gli amici che si
riagganciano alla roulotte e proseguono per la via più breve verso l’Italia
mentre noi proseguiamo il giro lungo per
Hammerfest, magnifica cittadina fiorita. E poi visitiamo molte capanne dei
lapponi. Arriviamo a Tromso e il vento
della notte ha pulito il cielo. E’ un lungo e fresco tragitto (555 km.) tra
fiordi, lapponi, neve e cascate. A Tromso ritroviamo gli amici della roulotte e,
in parte con la funivia e in parte con un’ora di cammino a piedi su per la
montagna che lo sovrastava si arriva a una notevole altezza dalla quale
osserviamo il SOLE rimanere sempre sospeso al di sopra della linea
dell’orizzonte fin dopo le 24,30. Si dorme in camping. Il mattino seguente si
rimane nella cittadina di Tromso con un bel sole caldo, per visitare il museo
del folklore e l’acquario. Lasciata Tromso, dopo 122 km., si dorme in un
camping a Starstenner sul fiordo, per riposarci un po’. Il giorno seguente, una
bella giornata calda, si parte per l’arcipelago delle Lofoten. Bellissimo
viaggio su arditi ponti e traghetto auto fino a Svolvaer, capoluogo delle isole
e si dorme da in una casa di privati. Cena in birreria e dopo cena la gentile signora
padrona della casa dove pernottiamo ci porta in un locale a bere un caffè. Si
rientra dopo la mezzanotte. Il mattino ci svegliamo in una bella giornata.
Partiamo per una escursione all’arcipelago. Proviamo ad entrare nell’acqua
marina ma è freddissima…osserviamo il nidificare degli uccelli e le grate dove
vengono messi a seccare gli stoccafissi. Pranzo al sacco sulla spiaggia. Infine
arriviamo sull’ultimo lembo di terra “A” e ci fermiamo in camping, proprio di
fronte al mare dove si trova il mitico gorgo del Malestrom del racconto di Poe!
Sulla tarda sera inizia a piovere e la notte fonda ci trova in viaggio sotto la
pioggia fino a una sosta alle 24,30 in un camping per dormire a Bjernik, dopo
visioni baluginanti dei fiordi, dei monti e dei villaggi deserti. Abbiamo
percorso 494 km. Ci svegliamo sotto un cielo coperto e arriviamo a Narvik in
mattinata. Si visita il Museo della guerra e si passeggia nel centro della
città. Arriviamo a Fauske verso sera fermandoci dopo aver percorso 286 km. in
una deliziosa casetta per un meritato riposo e una cenetta da noi cucinata. Da
Fauske si riparte verso il Circolo Polare Artico norvegese, con una sosta a
Bodo. Il percorso è bellissimo. Si giuge a Mo-i-Rana e si dorme nella stessa
casa dell’anno precedente! Bellissima stagione. L’indomani si parte da
Mo-i-Rana verso Trondheim e nel percorso facciamo una lunga escursione sulla
montagna Mojesen ed alle cascate di Lakefoss. Ci fermiamo a Otta in un camping
dopo 419 km. Sulla tarda sera inizia a piovere. Ci fermiamo per un giorno a
Trondheim. Da Trondheim si prende la
Peer Gynt Strasse visitando sul percorso
il Museo all’aperto di Lillehammer, il più grande della Norvegia. Verso
sera piove e fa fresco . Si dorme a nord di Oslo in un camping. Oggi visita di Oslo, piccoli acquisti, la
città è invasa dai giovani per un concerto di Bruce Sprignstin. Si dome presso
Moss in camera privata. L’indomani si rientra in Svezia e si visita il grande
centro archeologico di Tanum con le rocce rupestri preistoriche dipinte di
rosso e il cimitero dell’età del bronzo. Si dorme a nord di Goteborg in una hytta
cucinando spaghetti! Visitiamo la bella città di Goteborg sotto la pioggia, e il magnifico Museo della
Fotografia. Ci imbarchiamo per Helsingor osservando una grande luna e si dorme
avventurosamente in una roulotte. Eccoci infine a Copenaghen, visita della
città. Da Rodby si traghetta per la
Germania e il tempo si fa’ bello. Ci fermiamo a visitare il Lager di Berger
Belsen dove morì Anna Frank, facendo poi sosta a Gersfeld, piccolo grazioso
centro termale. Si dorme finalmente in una bella camera! dopo aver percorso 589
km. Proseguendo il viaggio verso sud ci fermiamo a visitare Rothenburg e il
Castello di Fussen dove, dopo molte peripezie, si trova da dormire dopo 418 Km.
Il giorno seguente (martedì’ 2 agosto) si visita il Castello Imperiale di
Fussen e poi, con una corsa senza soste si arriva a casa alle ore 21 dopo aver
percorso gli ultimi 750 Km.! In totale abbiamo percorso in auto 10.603 Km!
Impossibile raccontare le tante piacevoli avventure e incontri di questo
memorabile viaggio, che, purtroppo, non avremo più la possibilità di ripetere
e, soprattutto, dopo 30 anni non
ritroveremmo la sua magia!
Scandinavia, 1988.
Con la memoria ripercorro il lungo viaggio
in quelle terre dalla strana forma d’orso
che tanto avevo scrutato sulla mappa
appesa nell’aula delle scuole elementari,
dove abitavano genti bellicose,
e fanciulle
bionde dagli occhi azzurri,
le stesse di tanti film, nei quali,
squarciata la cortina di una perenne felicità,
forti contrasti esistenziali e profondi turbamenti
prendevano il sopravvento nei miei pensieri
e le suggestioni culturali di Ibsen,
Munch, Bergman e
Grieg, evocavano
tetre immagini di morte e di tristezza.
Società solo apparentemente semplici,
con una sola
chiave di lettura:
emancipazione sessuale, voglia di vivere
e la piena occupazione, ma, anche, alcolismo
non frenato dal proibizionismo
e una altissima percentuale di suicidi.
L’impressione più profonda e durevole
che è rimasta in me, quella del predominio
della natura, nei suoi multiformi aspetti:
di acque, nevi, ghiacci, selve, rocce, cascate
e cieli aperti su orizzonti sconfinati,
e luce che in estate pare eterna
e poi, viene il regno della tenebra, per mesi
a sottolineare questo antico dualismo
che è in tutte le cose, Dio-Demonio,
Morte-Vita, Ebbrezza-Malinconia…
ed ha la fissità senza tempo
dei perduti giorni d’infanzia.
Il segno dell’uomo altro non è
che una live scalfittura sul corpo immenso,
ed anche dove esso appare più netto e profondo
si avverte tutta intera la sua fragilità, la
provvisorietà.
Basterebbe una minima diminuzione della temperatura
delle acque marine perché la sua presenza
fosse nuovamente respinta
dalla banchisa e dalle tormente…
o un progressivo riscaldamento
per cancellare la vita nelle grandi città costiere.
Ed è forse in quest’estrema sintesi,
in questo continuo rimando alla conoscenza di noi
stessi
che procurano le grandiose forme dell’ambiente
esterno,
che hanno origine le malinconiche
e struggenti visioni di inutilità e transitorietà dell’uomo
e gli eccessi più sfrenati di gioia e voglia di
vivere,
come ci si rivelano nelle magistrali opere
di Munch di
Ibsen, Grieg, Bergman
e dello scultore Vigeland al Parco di Oslo.
Si corre per migliaia di chilometri
entro sconfinate foreste, laghi e pianure al Sud
e poi per monti modellati dalle glaciazioni
che paiono altissimi e sui quali
si ergono piccole pietraie votive,
tra i ghiacciai ed i nevai eterni
accerchiati dall’effimera fioritura di erbe
artiche,
in nebbie veloci e improvvise che nascondono
il precipitarsi di acque bianchissime in gole
profonde,
verso fiordi sottili e intricati come scritture
runiche,
che portano chiese e barche, luce, ciliegie,
fragole, mele, calore e vita quando meno te lo
aspetti
e già disperi di trovare un rifugio e gente
ospitale.
E poi la chiara notte senza luna e senza stelle,
con il carillon dei campani dei greggi bradi
erranti su rocce aspre dipinte dal vento e dai
licheni,
pecore e renne e alci e le altre invisibili
presenze
tra magia e realtà che da un immemore tempo
sognavo:
il tempo, anch’esso magico e fiabesco,
di quando in pace entro noi stessi si stava
senza paura
dell’universo amico.