I-b-kal, Mary Swann, Anna, Gianna.
Dagli scavi di un blog sepolto dalla sabbia, ma non del tutto
cancellato, ho riportato alla luce frammenti
che mi son serviti a ricostruire parzialmente figure e sentimenti
espressi liricamente, non del tutto dimenticati. Li posto su questo nuovo blog
per condividerli ed infine per riporli nel “canzoniere” che mi accompagnerà alla perdita della
memoria ed infine alla riva di “nostra sorella morte”.
I-b-kal: “ grazie per le belle poesie! La tua memoria sembra dilatare
il tempo, perché fai tante cose…sono passati solo quattro anni da quando ci
siamo incontrati! Ho trascorso una serata molto bella, e l’ultimo scambio era
intenso.
Anche se l’albero ama
la quiete non può impedire al vento di soffiare.
Amavo la quiete, il
ricordo era lieve.
L’affanno del cuore mi
aveva lasciato,
senza rimpianti si
avvicendavano gli anni,
sempre uguali, tra
logore bugie
ed effimere ombre,
senili illusioni.
Ma il vento! Il vento s’è
risvegliato
Dal profondo mare e m’ha
avvolto
In un turbine di
voluttuosi gemiti.
Oh! Povero me! Come un
fuscello
m’ha sradicato dalla
terra ed ora volo,
volo sbigottito verso
sconosciuti mondi!
Da Mary Swann ad Anna.
Dove si parla di poesia e di donne.
Leggo un libro, il romanzo di una grande scrittrice canadese,
Carol Shields, premio Pulitzer 1993, dal titolo “Swann”, pubblicato in Italia,
in prima edizione, da Voland, 2007, con il titolo “Mary Swann”. E’ un libro che
parla di poesia, della scoperta di Mary Swann. Appunto, una oscura poetessa
canadese del XX secolo, vissuta nel rurale Ontario, uccisa brutalmente all’età
di cinquanta anni. Dopo la morte, il suo genuino talento diviene preda delle
brame del mondo accademico finché, inspiegabilmente, le prove tangibili della
sua esistenza (foto, appunti,un misterioso diario) cominciano a svanire nel
nulla…Carol Shields confeziona un romanzo brillante e ricercato sulla natura
sfuggente di ogni opera d’arte: i quattro protagonisti, legati per diverse
ragioni all’enigmatica figura di Mary Swann, cercheranno di trattenerne la
memoria, di ricostruire l’immagine di un’artista che esiste ormai solo nei ricordi
di chi l’ha amata. Il libro mi ha colpito per alcune frasi: “…un poeta è in grado di parlare anche degli
strati percettivi di cui non ha conoscenza personale…i grandi poeti hanno il
bagaglio di una più ampia parte della
memoria ancestrale…le loro esperienze reali, gli avvenimenti delle loro vite,
non sono importanti. E’ la disposizione genetica, certamente una mutazione, a
spingerli avanti e concedere loro di essere filtri di una più ampia conoscenza…questo è il
mistero centrale dei poeti…i poeti devono rivelare al mondo la loro unicità di esistere”.
E’ chiaro che il romanzo mi ha profondamente coinvolto, non
solo perché anch’io, nel mio intimo, mi considero “un poeta”, non solo perché l’unico mio libro stampato
porta impresso, misteriosamente, il nome Swan (ma poteva benissimo essere
Swann, se il nome non avesse richiamato troppo sfacciatamente Proust), non solo
perché ho intensione, prima di morire, di far svanire le prove tangibili fonte
della mia creatività, ma, essenzialmente, perché anch’io mi sento custode di tre voci liriche di intensa,
sorprendente misteriosa bellezza, tre voci di donne, Anna, Asia, Dina. E di
Anna, oscura poetessa metropolitana, propongo ai lettori alcuni testi inediti:
Conosco un mondo
nel quale ogni tuo
desiderio è il mio,
ogni tua gioia è la
mia,
ogni speranza ed ogni
dolore
i nostri:
ma nessuno di noi due
lo vuole scoprire.
Due mondi che navigano
nell’infinito,
a volte si scontrano,
ma mai si uniscono.
Io sono una piccola
noce vuota
dispersa in un mare
arruffato d’erba,
sbattuta dalla tempesta
degli anni:
aspetto,
aspetto che una
infinita bontà
mi riempia di saggezza,
di una fede che non ho,
di un amore senza
desiderio,
che mi liberi dal mio
duro guscio
e mi trasporti al
ruscello,
poi al fiume, e poi al
mare
calmo.
Gianna.
Sono ritornato alla villa addossata allo sperone solitario
del Monte Voltraio, un luogo magico, dove il mio amico partigiano Eligio
Martellacci fu immortalato da Olmi nel film “Cammina, cammina…, per incontrarmi
con persone sconosciute, venute dalla Baviera. Grazie ad Antonella,
infaticabile animatrice del Centro Interculturale Villa Palagione, sono stato
avvolto maternamente in un ambiente caldo e amichevole, da squisitezze gastronomiche
e delicate bevande, seduto comodamente in poltrone morbide, oppure camminando
tra i quadri della mostra sul tempo di Mozart al Chiostro Benedettino di Seeon.
Mi sono fatto circuire dagli amici di una televisione locale rilasciando una
breve intervista sul pittore Pieter de Witte a Gianna, si proprio a lei, perché
è stata capace di scrivermi una lettera (commentando il piccolo libriccino di
poesie El poeta canta por todos), degna di essere incorniciata e serbata per
tutto il resto della mia vita! Ma chi l’avrebbe mai detto che di ciò fosse
capace una quasi sconosciuta? Seduto nella Sala dei Concerti, dalla perfetta
acustica, mi sono deliziato ad ascoltare alcune canzoni di Mozart cantate dal
Coro del Circolo musicale di Seeon e accompagnate da un armonium e due mirabili
violini. Due fanciulle uscite dal libro delle fate, diafane, come le acque dei
laghi bavaresi. Così il mio pensiero è andato alla loro trasparenza, a quella
della musica immortale di Mozart, ed alla trasparenza delle sculture di luce e
di alabastro ammirate al mattino, ed anche alle trasparenze dei nudi di donna
di Goya, Manet, Picasso, Botticelli, Tiziano…: Maja, Olympia, Flora, Venere, e
di una donna memorabile addormentata su una spiaggia lontana. Stregato dalla bellezza,
m’è salita alle labbra una poesia antica, di un poeta Tang, mentre nella notte stellata
ritornavo a casa.
Sulla riva del mare del nord gioco col mio bimbo piccino,
ci siamo entrambi tolti le scarpe e scalzi siamo entrati
nell’acqua fredda,
l’acqua sottile dell’autunno inoltrato, raccogliendo piccole
pietre
e conchiglie spezzate; stanchi sull’arenile asciutto abbiamo
tracciato
cerchi intorno a noi, per impedire al Dragone di entrare; il
Sole calava.
Mentre assorto scrutavo oltre l’orizzonte il caldo letto che
le nubi
preparavano al Sole, m’è salito al cuore un moto di
malinconia,
pensando al mio giaciglio umido e trasandato nella capanna di
canne:
la mia amata lontana non potrà mai riscaldarlo, e dopo di me
che sarà?
Fra i ginepri selvaggi e l’erbe fruscianti prendiamo il
sentiero nella duna,
tardivi cormorani solcano
stridendo le nubi purpuree.
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