venerdì 12 maggio 2017




I-b-kal,  Mary Swann,  Anna, Gianna.

Dagli scavi di un blog sepolto dalla sabbia, ma non del tutto cancellato, ho riportato alla luce frammenti  che mi son serviti a ricostruire parzialmente figure e sentimenti espressi liricamente, non del tutto dimenticati. Li posto su questo nuovo blog per condividerli ed infine per riporli nel “canzoniere”  che mi accompagnerà alla perdita della memoria ed infine alla riva di “nostra sorella morte”.  
I-b-kal: “ grazie per le belle poesie! La tua memoria sembra dilatare il tempo, perché fai tante cose…sono passati solo quattro anni da quando ci siamo incontrati! Ho trascorso una serata molto bella, e l’ultimo scambio era intenso.

Anche se l’albero ama la quiete non può impedire al vento di soffiare.

Amavo la quiete, il ricordo era lieve.
L’affanno del cuore mi aveva lasciato,
senza rimpianti si avvicendavano gli anni,
sempre uguali, tra logore bugie
ed effimere ombre, senili illusioni.
Ma il vento! Il vento s’è risvegliato
Dal profondo mare e m’ha avvolto
In un turbine di voluttuosi gemiti.
Oh! Povero me! Come un fuscello
m’ha sradicato dalla terra ed ora volo,
volo sbigottito verso sconosciuti mondi!

Da Mary Swann ad Anna. Dove si parla di poesia e di donne.
Leggo un libro, il romanzo di una grande scrittrice canadese, Carol Shields, premio Pulitzer 1993, dal titolo “Swann”, pubblicato in Italia, in prima edizione, da Voland, 2007, con il titolo “Mary Swann”. E’ un libro che parla di poesia, della scoperta di Mary Swann. Appunto, una oscura poetessa canadese del XX secolo, vissuta nel rurale Ontario, uccisa brutalmente all’età di cinquanta anni. Dopo la morte, il suo genuino talento diviene preda delle brame del mondo accademico finché, inspiegabilmente, le prove tangibili della sua esistenza (foto, appunti,un misterioso diario) cominciano a svanire nel nulla…Carol Shields confeziona un romanzo brillante e ricercato sulla natura sfuggente di ogni opera d’arte: i quattro protagonisti, legati per diverse ragioni all’enigmatica figura di Mary Swann, cercheranno di trattenerne la memoria, di ricostruire l’immagine di un’artista che esiste ormai solo nei ricordi di chi l’ha amata. Il libro mi ha colpito per alcune frasi: “…un poeta è in grado di parlare anche degli strati percettivi di cui non ha conoscenza personale…i grandi poeti hanno il bagaglio  di una più ampia parte della memoria ancestrale…le loro esperienze reali, gli avvenimenti delle loro vite, non sono importanti. E’ la disposizione genetica, certamente una mutazione, a spingerli avanti e concedere loro di essere filtri  di una più ampia conoscenza…questo è il mistero centrale dei poeti…i poeti devono rivelare al mondo  la loro unicità di esistere”.
E’ chiaro che il romanzo mi ha profondamente coinvolto, non solo perché anch’io, nel mio intimo, mi considero “un poeta”,  non solo perché l’unico mio libro stampato porta impresso, misteriosamente, il nome Swan (ma poteva benissimo essere Swann, se il nome non avesse richiamato troppo sfacciatamente Proust), non solo perché ho intensione, prima di morire, di far svanire le prove tangibili fonte della mia creatività, ma, essenzialmente, perché anch’io mi sento  custode di tre voci liriche di intensa, sorprendente misteriosa bellezza, tre voci di donne, Anna, Asia, Dina. E di Anna, oscura poetessa metropolitana, propongo ai lettori alcuni testi inediti:

Conosco un mondo
nel quale ogni tuo desiderio è il mio,
ogni tua gioia è la mia,
ogni speranza ed ogni dolore
i nostri:
ma nessuno di noi due lo vuole scoprire.
Due mondi che navigano nell’infinito,
a volte si scontrano,
ma mai si uniscono.

Io sono una piccola noce vuota
dispersa in un mare arruffato d’erba,
sbattuta dalla tempesta degli anni:
aspetto,
aspetto che una infinita bontà
mi riempia di saggezza,
di una fede che non ho,
di un amore senza desiderio,
che mi liberi dal mio duro guscio
e mi trasporti al ruscello,
poi al fiume, e poi al mare
calmo.

Gianna.

Sono ritornato alla villa addossata allo sperone solitario del Monte Voltraio, un luogo magico, dove il mio amico partigiano Eligio Martellacci fu immortalato da Olmi nel film “Cammina, cammina…, per incontrarmi con persone sconosciute, venute dalla Baviera. Grazie ad Antonella, infaticabile animatrice del Centro Interculturale Villa Palagione, sono stato avvolto maternamente in un ambiente caldo e amichevole, da squisitezze gastronomiche e delicate bevande, seduto comodamente in poltrone morbide, oppure camminando tra i quadri della mostra sul tempo di Mozart al Chiostro Benedettino di Seeon. Mi sono fatto circuire dagli amici di una televisione locale rilasciando una breve intervista sul pittore Pieter de Witte a Gianna, si proprio a lei, perché è stata capace di scrivermi una lettera (commentando il piccolo libriccino di poesie El poeta canta por todos), degna di essere incorniciata e serbata per tutto il resto della mia vita! Ma chi l’avrebbe mai detto che di ciò fosse capace una quasi sconosciuta? Seduto nella Sala dei Concerti, dalla perfetta acustica, mi sono deliziato ad ascoltare alcune canzoni di Mozart cantate dal Coro del Circolo musicale di Seeon e accompagnate da un armonium e due mirabili violini. Due fanciulle uscite dal libro delle fate, diafane, come le acque dei laghi bavaresi. Così il mio pensiero è andato alla loro trasparenza, a quella della musica immortale di Mozart, ed alla trasparenza delle sculture di luce e di alabastro ammirate al mattino, ed anche alle trasparenze dei nudi di donna di Goya, Manet, Picasso, Botticelli, Tiziano…: Maja, Olympia, Flora, Venere, e di una donna memorabile addormentata su una spiaggia lontana. Stregato dalla bellezza, m’è salita alle labbra una poesia antica,  di un poeta Tang, mentre nella notte stellata ritornavo a casa.

Sulla riva del mare del nord gioco col mio bimbo piccino,
ci siamo entrambi tolti le scarpe e scalzi siamo entrati nell’acqua fredda,
l’acqua sottile dell’autunno inoltrato, raccogliendo piccole pietre
e conchiglie spezzate; stanchi sull’arenile asciutto abbiamo tracciato
cerchi intorno a noi, per impedire al Dragone di entrare; il Sole calava.

Mentre assorto scrutavo oltre l’orizzonte il caldo letto che le nubi
preparavano al Sole, m’è salito al cuore un moto di malinconia,
pensando al mio giaciglio umido e trasandato nella capanna di canne:
la mia amata lontana non potrà mai riscaldarlo, e dopo di me che sarà?

Fra i ginepri selvaggi e l’erbe fruscianti prendiamo il sentiero nella duna,

tardivi cormorani solcano stridendo le nubi purpuree.

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