giovedì 19 marzo 2015



David Oistrakh (Odessa, 1908 – Amsterdam, 1974).

Domenica, 20 ottobre 1968,  ore 17, Teatro Comunale di Firenze. Uno dei famosi concerti del primo ciclo della Stagione Sinfonica 1968-1969. Avevo trovato alcuni biglietti…a buon prezzo e questa volta ero in platea, in prima fila. Il grande David Oistrakh suonava (credo) le romanze per violino dall’opera 61 di Beethoven. Oistrakh  superò se stesso e la sua fama, un’entrata inconfondibile, un tocco morbido, caldo e dolce. Era come se il violino parlasse alla mia anima romantica. La tecnica, il virtuosismo, in Oistrakh, non sono mai fine a se stessi, il virtuosismo è sempre funzionale all’intento di dare corretta espressione alla melodia eseguita. Ero esaltato e alla fine del Concerto applaudivo così intensamente che un mio vicino di poltrona, un signore distinto del tutto sconosciuto, mi si rivolse in un italiano incerto, dicendomi pressappoco così: <Gentile signore, lei ama molto la musica, l’ho notato!> <Si, amo la musica e questo meraviglioso violinista russo…ma stasera ci sarebbe dovuto essere mio padre, lui si che se ne intende di musica, anzi, è un musicista…> <E’ bene che i giovani italiani amino la musica come lei…da noi, in Unione Sovietica, la musica è al primo posto nella nostra  cultura> <Mi interesso molto dei grandi successi del popolo sovietico…> <Allora, lo vorrebbe salutare David?> <Ma è impossibile!> Dette queste parole il mio vicino si alzò e mi porse la mano <Andiamo da lui!> Lo seguii come un automa, aggirammo il proscenio ed entrammo nella zona dei camerini, lui conosceva bene i passaggi, arrivati ad una porta, bussò ed aprì. Oistrakh, seduto di fronte ad un grande specchio, si stava asciugando il sudore, scamiciato, il faccione sorridente,  scambiò alcune frasi con il mio accompagnatore e mi presentò, credo, come un fans dell’artista, in più amante dell’Unione Sovietica, forse avrà anche aggiunto che ero comunista, non lo so! Oistrackh si alzò e mi abbracciò e mi baciò poi, prendendo una sua foto ed una penna stilografica mi fece una dedica…che dopo 47 anni, ed esposta alla luce, è sbiadita. Si rimase un po’insieme, e quel ricordo non m’ha più abbandonato.


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