venerdì 13 marzo 2015



Da Raynaut a Fabaro a Piero Ginori Conti: una pagina di “diario” della prima applicazione mondiale della geotermia alla produzione di energia elettrica.

Bertolt Brecht in una memorabile lirica della raccolta “Poesie di Svendborg” <Domande di un lettore operaio>, pone molti interrogativi sulla Storia, interrogativi che mi s’affacciano sempre alla mente, quando anch’io m’incontro coi principali protagonisti delle vicende locali, per tentare di far uscire sul proscenio, nella chiara luce dei riflettori, le cosiddette “comparse”, abitualmente relegate a rivestire i panni di oscuri, dimenticati, anonimi personaggi:

Tebe dalle sette porte chi la costrui?
Ci sono i nomi dei re, dentro i libri.
Sono stati i re a strascicarli, quei blocchi di pietra?
Il giovane Alessandro conquistò l’India.
Da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sé nemmeno un cuoco?
Una vittoria ogni pagina.
Chi cucinò la cena della vittoria?

Rimuginavo questi versi, ascoltando, domenica 4 luglio 2004, da uno scalino della statua di Paolina Morand, nel “giardino di pietra” di Piazza Leopolda a Larderello, le commemorazioni ufficiali della prima applicazione pratica dell’energia cinetica della geotermia per la produzione di energia elettrica.
L’aveva realizzata, esattamente 100 anni prima, il 6 luglio 1904, a Larderello, il Principe di Trevignano, alias Piero Ginori Conti (Firenze, 1865 – 1939). E il Principe è ritratto nella famosa immagine dell’accensione delle cinque lampadine, anche se, par certo,  che si tratti di un falso, uno spot pubblicitario, realizzato alcuni mesi più tardi di quella data.
Non è certamente attraverso questa breve nota che intendendo affrontare la complessa personalità di Piero Ginori Conti, nei suoi slanci umanitari e solidaristici, di mecenate, prima ancora che di valente studioso e scienziato, e allo stesso tempo di finanziatore delle violente “squadracce” fasciste, nonché di perverso libertino. Vorrei solo operare un parziale risarcimento storico dei cent’anni trascorsi, quelli cioè che sono stati definiti da un oratore “gli anni che vanno dalle cinque lampadine ai cinque miliardi di Kwh geotermiche”.
Dentro questi anni ci siamo in tanti! Gli anarchici ed i socialisti delle competizioni elettorali contro lo strapotere del Ginori, i “sovversivi” animatori del “biennio rosso”, licenziati a seguito del famoso e sfortunato sciopero dei sei mesi, costretti all’emigrazione o alle carbonaie della Maremma e della Corsica, i costruttori, in epoca fascista, delle prime grandi centrali geotermoelettriche, e i “ricostruttori” dopo i disastri della guerra, i fieri sindacalisti del periodo unitario e i manovali delle Cooperative e delle Ditte edili utilizzati in massa, e sottopagati, nel periodo aureo dell’espansione moderna di Larderello sotto la guida dei politici democristiani e di Aldo Fascetti, fino ad arrivare agli anni ’70-’80 del XX secolo che hanno visto affacciarsi e poi affermarsi nuove concezioni scientifiche relativamente al fenomeno geotermico ed alla sua utilizzazione industriale: centinaia, migliaia di uomini e donne, dirigenti e tecnici, specialisti e manovali, tutti consapevoli del proprio ruolo di “attori” protagonisti al servizio del benessere del territorio e dell’intero Paese.
Eppure, anche se il 4 luglio 2004 erano presenti i rappresentanti di alcuni Comuni delle aree geotermiche (più le assenze che le presenze!), non abbiamo visto né udito la parola di un sindacalista, di un rappresentante dei lavoratori! Si sarà certamente trattato di una spiacevole dimenticanza. Del resto anche questa cerimonia doveva essere un evento “mediatico”, uno spot, proprio come quello ideato dal Principe Ginori cent’anni prima!
E sarà stato per questi motivi di “spettacolo” e di “messaggio mediatico” che nessuno ha ricordato che gli studi e le sperimentazioni sull’utilizzazione del vapore geotermico come fonte di energia cinetica siano stati avviati fin dal 1890 a Larderello dal dottor Ferdinando Raynaut, nato a Nizza e cresciuto alla scuola scientifica del De Luca a Napoli, chiamato nel 1884 a Larderello da Florestano de Larderel per assumere la direzione tecnica dell’industria boracifera
Proprio gli studi e le sperimentazioni di Raynaut permisero alla “Larderello” di mettere in marcia, il 25 novembre 1895, la prima moderna raffineria dell’acido borico, valida risposta tecnologicamente avanzata alla sfida “americana”, perché l’Inghilterra e gli Stati Uniti stavano in quegli anni dominando il mercato mondiale. 
Gli esperimenti sull’uso diretto del vapore come fonte di energia meccanica, furono ostacolati sia dall’azione corrosiva del vapore e sia dal problema della pressione del fluido geotermico, ma Raynaut non si dette per vinto e proseguì nelle ricerche fino al 1897, allorché con una ruota palettata del diametro di un metro e mezzo, ruota azionata dal vapore di un soffione (il famoso “foro forte” di Piazza S. Anna), dimostrò, contro le diffuse teorie scientifiche dell’epoca, che si poteva ottenere vapore dai soffioni a una pressione superiore a quella atmosferica senza che il vapore trovasse più comode ed imprevedibili vie sotterranee di risalita alla superficie. Contemporaneamente furono avviate ricerche sull’utilizzo di nuove leghe metalliche più resistenti alla corrosione.
I tempi erano ormai maturi per le sperimentazioni applicative dell’energia dei soffioni alle macchine elettriche, ma il mattino del 29 aprile 1899, Ferdinando Raynaut, mentre dalla sua casa di Bagno a Morbo, nel comune di Castelnuovo, si recava nel suo ufficio di Larderello, fu ucciso nei pressi dei vasconi al Pian di San Marco. Si dette la colpa agli anarchici, ma il movente ed il nome dell’assassino son sempre rimasti ignoti. A sostituire Raynaut fu nominato il dottor Geisenheimer, chimico francese, che si dedicò maggiormente a rendere più moderno e concorrenziale il settore dei prodotti borici.
A proseguire gli esperimenti con la “ruota di Raynaut”, Florestano de Larderel chiamò tra il 1902 ed il 1903, l’ing. Fabaro, Direttore delle Reali Saline di Volterra, che coordinò numerosi operai specialisti di Larderello, ingegneri e chimici. Proprio l’ing. Fabaro ebbe successivamente da Piero Ginori Conti (nel 1904 nominato Direttore degli Stabilimenti), l’incarico di redigere il “diario” della giornata nella quale si rese pubblico l’esperimento dell’accensione delle cinque lampade ad incandescenza. Tale pagina di diario fu stampata nel 1906 in un breve e raro opuscolo che Piero Ginori Conti dedicò alla memoria  della suocera, Elisa de Larderel, <La forza motrice dei soffioni boraciferi della Toscana, sua utilizzazione ed applicazione>, pagina che riproduciamo integralmente perché nelle manifestazioni celebrative che caratterizzeranno il Centenario della Geotermia” (2003-2005) se ne tenga debito conto, ridando centralità agli “uomini ed alle donne” che in decenni di lavoro duro ed appassionato hanno fatto di Larderello non solo una grande realtà industriale italiana, ma un’icona mondiale:

“Il giorno 6 luglio 1904 in un fabbricato dello Stabilimento boracifero  di Larderello, trovavasi in funzione un piccolo motore con distribuzione a cassetto semplice, collegato direttamente ad un corpo di pompa. Il vapore che lo faceva agire, era derivato, per mezzo di un piccolo tubo, da un soffione prossimo al fabbricato, ed attraversava, prima di entrare nel cassetto di distribuzione, un recipiente cilindrico, della capacità di circa 0,3 metri cubici, contenente materie per la depurazione.
La tensione misurata con un manometro, situato su quel recipiente, risultava costante e di atmosfere 3,46. Il motore funzionava senza carico, essendo slegato lo stantuffo della pompa e libero il suo volante.
Al motore venne applicata, per mezzo di cinghia, una piccola dinamo eccitata in serie, della potenza di circa 250 Watts, tensione 110 Volts.
A diversi intervalli venne posta in funzione la dinamo, derivandone l’energia ora prodotta, ora a 4, ora a 5 lampade ad incandescenza che assorbivano da 160 a 200 Watts circa. Trattandosi di una dinamo di così piccole proporzioni il suo rendimento può essere valutato di circa il 60% e quindi la potenza applicata al suo asse nei periodi di maggior consumo di energia, risulta di Watts 330 circa. Osservando poi che un rendimento press’a poco uguale si può ritenere in complesso per la trasmissione per il motore, in vista del tipo e del suo stato non buono, almeno a giudicare dalle sue parti esterne, si desume che l’energia totale richiesta al vapore del soffione ascendeva, in quei periodi di massimo, a circa Watts 550 ossia ¾ HP. Durante l’esperimento si è osservato sempre attentamente il manometro, e non si è constatata mai alcuna variazione sensibile. Negli intervalli di funzionamento della dinamo, le lampade hanno mantenuto costante e fissa la loro intensità luminosa”.
 
                                                                                                         
Bibliografia di riferimento

Burgassi P.D., Il principe Piero Ginori Conti, in “La Comunità di Pomarance”, a. XVII, n. 2,
                       Pomarance, 2004.

Ginori Conti G., L’industria boracifera, in “I progressi dell’industria chimica italiana nel 1°
                      decennio di regime fascista”, Ed. Italia, Roma, 1932.

Ginori Conti P., La forza motrice dei soffioni boraciferi della Toscana sua utilizzazione ed
                      applicazione, Tip. G. Ramella, Firenze, 1906.

Groppi C., Fabbrica amica. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944-1956), Ed. G.P.Migliorini,
                     Volterra, 1998.

Groppi C., Atti di repressione a Castelnuovo sotto il governo Crispi: il caso della famiglia Moriani,
                     in “La Comunità di Pomarance”, a. XIII, n. 3, Pomarance, 1999.

Micheletti V., Storia intorno ai soffioni, in “Rassegna Larderello”, 1954-1963.

Nasini R.,  I soffioni e i Lagoni della Toscana e la industria boracifera, Ed. Italia, Roma, 1930.

Sborgi U.,   Piero Ginori Conti, principe di Trevignano. Commemorazione letta in Firenze il 9
                    giugno 1940, Tip. Giuntina, Firenze, 1940.


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