Da Raynaut a Fabaro a Piero Ginori Conti: una pagina di
“diario” della prima applicazione mondiale della geotermia alla produzione di
energia elettrica.
Bertolt Brecht
in una memorabile lirica della raccolta “Poesie di Svendborg” <Domande di un
lettore operaio>, pone molti interrogativi sulla Storia, interrogativi che
mi s’affacciano sempre alla mente, quando anch’io m’incontro coi principali
protagonisti delle vicende locali, per tentare di far uscire sul proscenio,
nella chiara luce dei riflettori, le cosiddette “comparse”, abitualmente
relegate a rivestire i panni di oscuri, dimenticati, anonimi personaggi:
Tebe dalle sette porte chi la
costrui?
Ci sono i nomi dei re, dentro i
libri.
Sono stati i re a strascicarli,
quei blocchi di pietra?
…
Il giovane Alessandro conquistò
l’India.
Da solo?
Cesare sconfisse i Galli.
Non aveva con sé nemmeno un
cuoco?
…
Una vittoria ogni pagina.
Chi cucinò la cena della
vittoria?
Rimuginavo
questi versi, ascoltando, domenica 4 luglio 2004, da uno scalino della statua
di Paolina Morand, nel “giardino di pietra” di Piazza Leopolda a Larderello, le
commemorazioni ufficiali della prima applicazione pratica dell’energia cinetica
della geotermia per la produzione di energia elettrica.
L’aveva
realizzata, esattamente 100 anni prima, il 6 luglio 1904, a Larderello, il
Principe di Trevignano, alias Piero Ginori Conti (Firenze, 1865 – 1939). E il
Principe è ritratto nella famosa immagine dell’accensione delle cinque
lampadine, anche se, par certo, che si
tratti di un falso, uno spot pubblicitario, realizzato alcuni mesi più tardi di
quella data.
Non è
certamente attraverso questa breve nota che intendendo affrontare la complessa
personalità di Piero Ginori Conti, nei suoi slanci umanitari e solidaristici,
di mecenate, prima ancora che di valente studioso e scienziato, e allo stesso
tempo di finanziatore delle violente “squadracce” fasciste, nonché di perverso
libertino. Vorrei solo operare un parziale risarcimento storico dei cent’anni
trascorsi, quelli cioè che sono stati definiti da un oratore “gli anni che
vanno dalle cinque lampadine ai cinque miliardi di Kwh geotermiche”.
Dentro questi
anni ci siamo in tanti! Gli anarchici ed i socialisti delle competizioni
elettorali contro lo strapotere del Ginori, i “sovversivi” animatori del
“biennio rosso”, licenziati a seguito del famoso e sfortunato sciopero dei sei
mesi, costretti all’emigrazione o alle carbonaie della Maremma e della Corsica,
i costruttori, in epoca fascista, delle prime grandi centrali
geotermoelettriche, e i “ricostruttori” dopo i disastri della guerra, i fieri
sindacalisti del periodo unitario e i manovali delle Cooperative e delle Ditte
edili utilizzati in massa, e sottopagati, nel periodo aureo dell’espansione
moderna di Larderello sotto la guida dei politici democristiani e di Aldo
Fascetti, fino ad arrivare agli anni ’70-’80 del XX secolo che hanno visto
affacciarsi e poi affermarsi nuove concezioni scientifiche relativamente al
fenomeno geotermico ed alla sua utilizzazione industriale: centinaia, migliaia
di uomini e donne, dirigenti e tecnici, specialisti e manovali, tutti
consapevoli del proprio ruolo di “attori” protagonisti al servizio del
benessere del territorio e dell’intero Paese.
Eppure, anche
se il 4 luglio 2004 erano presenti i rappresentanti di alcuni Comuni delle aree
geotermiche (più le assenze che le presenze!), non abbiamo visto né udito la
parola di un sindacalista, di un rappresentante dei lavoratori! Si sarà
certamente trattato di una spiacevole dimenticanza. Del resto anche questa
cerimonia doveva essere un evento “mediatico”, uno spot, proprio come quello
ideato dal Principe Ginori cent’anni prima!
E sarà stato
per questi motivi di “spettacolo” e di “messaggio mediatico” che nessuno ha
ricordato che gli studi e le sperimentazioni sull’utilizzazione del vapore
geotermico come fonte di energia cinetica siano stati avviati fin dal 1890 a Larderello dal dottor
Ferdinando Raynaut, nato a Nizza e cresciuto alla scuola scientifica del De
Luca a Napoli, chiamato nel 1884
a Larderello da Florestano de Larderel per assumere la
direzione tecnica dell’industria boracifera
Proprio gli
studi e le sperimentazioni di Raynaut permisero alla “Larderello” di mettere in
marcia, il 25 novembre 1895, la prima moderna raffineria dell’acido borico,
valida risposta tecnologicamente avanzata alla sfida “americana”, perché
l’Inghilterra e gli Stati Uniti stavano in quegli anni dominando il mercato
mondiale.
Gli
esperimenti sull’uso diretto del vapore come fonte di energia meccanica, furono
ostacolati sia dall’azione corrosiva del vapore e sia dal problema della
pressione del fluido geotermico, ma Raynaut non si dette per vinto e proseguì
nelle ricerche fino al 1897, allorché con una ruota palettata del diametro di
un metro e mezzo, ruota azionata dal vapore di un soffione (il famoso “foro
forte” di Piazza S. Anna), dimostrò, contro le diffuse teorie scientifiche
dell’epoca, che si poteva ottenere vapore dai soffioni a una pressione
superiore a quella atmosferica senza che il vapore trovasse più comode ed
imprevedibili vie sotterranee di risalita alla superficie. Contemporaneamente
furono avviate ricerche sull’utilizzo di nuove leghe metalliche più resistenti
alla corrosione.
I tempi erano
ormai maturi per le sperimentazioni applicative dell’energia dei soffioni alle
macchine elettriche, ma il mattino del 29 aprile 1899, Ferdinando Raynaut,
mentre dalla sua casa di Bagno a Morbo, nel comune di Castelnuovo, si recava
nel suo ufficio di Larderello, fu ucciso nei pressi dei vasconi al Pian di San
Marco. Si dette la colpa agli anarchici, ma il movente ed il nome
dell’assassino son sempre rimasti ignoti. A sostituire Raynaut fu nominato il
dottor Geisenheimer, chimico francese, che si dedicò maggiormente a rendere più
moderno e concorrenziale il settore dei prodotti borici.
A proseguire
gli esperimenti con la “ruota di Raynaut”, Florestano de Larderel chiamò tra il
1902 ed il 1903, l’ing. Fabaro, Direttore delle Reali Saline di Volterra, che
coordinò numerosi operai specialisti di Larderello, ingegneri e chimici.
Proprio l’ing. Fabaro ebbe successivamente da Piero Ginori Conti (nel 1904
nominato Direttore degli Stabilimenti), l’incarico di redigere il “diario”
della giornata nella quale si rese pubblico l’esperimento dell’accensione delle
cinque lampade ad incandescenza. Tale pagina di diario fu stampata nel 1906 in un breve e raro
opuscolo che Piero Ginori Conti dedicò alla memoria della suocera, Elisa de Larderel, <La
forza motrice dei soffioni boraciferi della Toscana, sua utilizzazione ed
applicazione>, pagina che riproduciamo integralmente perché nelle
manifestazioni celebrative che caratterizzeranno il Centenario della Geotermia”
(2003-2005) se ne tenga debito conto, ridando centralità agli “uomini ed alle
donne” che in decenni di lavoro duro ed appassionato hanno fatto di Larderello
non solo una grande realtà industriale italiana, ma un’icona mondiale:
“Il giorno
6 luglio 1904 in
un fabbricato dello Stabilimento boracifero
di Larderello, trovavasi in funzione un piccolo motore con distribuzione
a cassetto semplice, collegato direttamente ad un corpo di pompa. Il vapore che
lo faceva agire, era derivato, per mezzo di un piccolo tubo, da un soffione
prossimo al fabbricato, ed attraversava, prima di entrare nel cassetto di
distribuzione, un recipiente cilindrico, della capacità di circa 0,3 metri cubici,
contenente materie per la depurazione.
La tensione
misurata con un manometro, situato su quel recipiente, risultava costante e di
atmosfere 3,46. Il motore funzionava senza carico, essendo slegato lo stantuffo
della pompa e libero il suo volante.
Al motore
venne applicata, per mezzo di cinghia, una piccola dinamo eccitata in serie,
della potenza di circa 250 Watts, tensione 110 Volts.
A diversi intervalli venne
posta in funzione la dinamo, derivandone l’energia ora prodotta, ora a 4, ora a
5 lampade ad incandescenza che assorbivano da 160 a 200 Watts circa.
Trattandosi di una dinamo di così piccole proporzioni il suo rendimento può
essere valutato di circa il 60% e quindi la potenza applicata al suo asse nei
periodi di maggior consumo di energia, risulta di Watts 330 circa. Osservando
poi che un rendimento press’a poco uguale si può ritenere in complesso per la
trasmissione per il motore, in vista del tipo e del suo stato non buono, almeno
a giudicare dalle sue parti esterne, si desume che l’energia totale richiesta
al vapore del soffione ascendeva, in quei periodi di massimo, a circa Watts 550
ossia ¾ HP. Durante l’esperimento si è osservato sempre attentamente il
manometro, e non si è constatata mai alcuna variazione sensibile. Negli intervalli
di funzionamento della dinamo, le lampade hanno mantenuto costante e fissa la
loro intensità luminosa”.
Bibliografia di
riferimento
Burgassi P.D., Il
principe Piero Ginori Conti, in “La
Comunità di Pomarance”, a. XVII, n. 2,
Pomarance, 2004.
Ginori Conti G.,
L’industria boracifera, in “I progressi dell’industria chimica italiana nel 1°
decennio di regime
fascista”, Ed. Italia, Roma, 1932.
Ginori Conti P., La forza
motrice dei soffioni boraciferi della Toscana sua utilizzazione ed
applicazione, Tip. G.
Ramella, Firenze, 1906.
Groppi C., Fabbrica
amica. Sindacato e lotta politica a Larderello (1944-1956), Ed. G.P.Migliorini,
Volterra, 1998.
Groppi C., Atti di
repressione a Castelnuovo sotto il governo Crispi: il caso della famiglia
Moriani,
in “La Comunità di Pomarance”,
a. XIII, n. 3, Pomarance, 1999.
Micheletti V., Storia
intorno ai soffioni, in “Rassegna Larderello”, 1954-1963.
Nasini R., I soffioni e i Lagoni della Toscana e la
industria boracifera, Ed. Italia, Roma, 1930.
Sborgi U., Piero Ginori Conti, principe di Trevignano.
Commemorazione letta in Firenze il 9
giugno 1940, Tip. Giuntina,
Firenze, 1940.