Sommesso elogio di mia nonna Enélida.
Chissà perché con quest’aria
torrida, anche al salir delle stelle, con la voglia di alimentare un asfittico
blog-diariopersonale, mi tornano a mente le frasi e i motti “celebri” della mia
amata nonna
Enélida (un nome credo in onore
di Enea, o dell’Eneide, molto colto, che
richiama i fondamenti dell’italica stirpe…dato che anche la sua sorella
fu chiamata Italia!). I primi sono quelli pronunciati mentre pettinava la Principessa russa,
sposata Borghese, nella sua residenza di Isola del Garda, nell’anno 1900 o giù
di lì. Vedendo la lunga bionda chioma della nonna, che amava raccogliere in
treccia annodata sulla testa, la nobildonna le chiedeva: “Enèlida, pettinami
come te!” al che la nonna rispondeva: “Ma, Eccellenza, lei ha tre peli!” e così
di questo passo col suo parlar toscano incantava la Principessa che l’ebbe
a benvolere per più di due anni. Quand’ero adolescente la nonna si preoccupava
del mio “sviluppo”, e conoscendo la vita, mi faceva fare la cura delle 100
uova! Crude, da bersi una al giorno! Ma, per quanto, il mio colorito, non le
piaceva e nemmeno i brufoli che spuntavano, allora esclamava: “Bimbo, con
questa voce a gallerone, hai un coloraccio, sembri un racano!” (il “racano” da
noi era una specie di ramarro, molto più grosso e verde di quello usuale, un
animale misterioso e terribile tanto che ella mi diceva: “Stai attento quando
vai al bosco, se incontri un “racano” e ti si attacca alle orecchie, fino a che
non sente suonare le campane di San Pietro, non ti si staccherà!” Figuriamoci
la paura che avevo d’incontrare e irritare questo “racano”.
Mi aveva anche insegnato a bere
l’acqua nei fossetti del bosco: con le mani schiara un po’ l’acqua e poi dì:
“Acqua corrente/ci ha bevuto il serpente/ci ha bevuto il Figlio di Dio/ci posso
bere anch’io!”
Dopo, già vecchia, parteggiava
per il partito comunista, dato che io e mio padre eravamo di quel partito.
Leggeva l’Unità, ma, soprattutto, Vie Nuove e la cronaca “nera”, oggi si
direbbe “rosa”. Conosceva a menadito il “caso” della Montesi e del processo al
Ghiani! Al momento di andare a votare la nonna veniva accuratamente
indottrinata con prove a ripetizione sui facsimili delle schede elettorali:
“Allora, nonna, lo sai per chi votare? “Si, voto per il Partito, anche nonno
Dario era socialista” “Ma, noi non siamo socialisti, nonna, noi siamo
co-mu-ni-sti! Allora come voterai? “Voterò sulla falce e martello, ma dov’è la
stellina!” Credo che non si sia mai sbagliata! A me, quando le cose politiche
non andavano troppo bene, diceva “Tutti dicono contro i comunisti…eh...i
comunisti così, i comunisti cosà…ma i comunisti sono brava gente! Dico bene,
bimbo!” Era una ruffiana e lo faceva per compiacermi. Si nonna, dici bene.
Qualche volta si arrabbiava con il babbo: “Ma perché fa tardi? E’ sempre a
battere le noccole!” (voleva dire a giocare a carte). Se difendevo il babbo
s’impermaliva, mi offendeva dicendomi “Sei un disensito!” oppure pronunciava un
nome “Tullio”, senza aggiungere altro (ma io sapevo la leggenda di quest’uomo
che, si diceva, durante una lite con la madre l’aveva rinchiusa in un baule)”.
A novant’anni prese l’influenza, si mise a letto e smise di mangiare.
Dormicchiava, in una sorta di coma leggero. Stavo molte ore accanto al suo
lettino, nella camera che si trovava al piano terra del mio appartamento. Una
volta c’era anche mia figlia piccina, di tre anni, che faceva un po’ di
confusione correndo qua e là per la camera. Così io la sgridai. E la nonna
allora disse: “Sono bambini…mi garbano tanto!” E si riappisolò. Era abbastanza
religiosa e aveva spesso in mano il vecchio libro da messa, diceva di pregare
per il nonno e per le anime del purgatorio. Qualche volta stavo attento a
carpire le sue preghiere: al suo Dario, morto da ventisei anni, diceva:
Aspettami, ma vedi come io ci stò bene? Vedì? Ho la lavatrice, la stufa, la
televisione, la donna che mi fa compagnia, poi viene Filiberto a
veglia…aspettami…ma ora ci stò bene quaggiù!” Della morte non aveva paura, ma
amava la vita. Una volta disse: “Quando mi sentirò male davvero, e forse
morirò, non chiamatemi il prete, perché se vedo lui morirò di sicuro dalla
paura!” Anche sul suo amico e coetaneo Filiberto (il nonno di mia moglie),
aveva molto da ridire perché era sordo e cieco da un occhio, gli si metteva su
una poltrona, al calduccio e parlava poco, ma appoggiando la testa al muro ci
lasciava una traccia d’unto, al che la nonna non mancava di rimarcare “Guarda
che capata ci fa questo vecchio!” Una volta ebbe a ridire perché Filiberto gli
si accostò all’orecchio per parlarle: “Non bisogna far così, chissà cosa
direbbe la gente se ci vedesse, o che si danno un bacio?”. Avevano entrambi
novant’anni! Ho dormito, prima nel letto della nonna, poi nel letto col mio
babbo, 27 anni, cioè fino alla notte prima del mio matrimonio! Con la nonna
avevo molta confidenza, ma lei era timida e pudica. Però io la curavo quando
s’ammalava, gli davo ogni sera le sue medicine per il cuore, e gli preparavo
“la ciambella” (un dischetto di gomma con il foro al centro) per sostenere il
suo utero che nel parto del babbo, un parto “doppio” s’era abbassato…e poi ero
sempre pronto a darle il vaso da notte ecc…ecc. dato che dopo un ictus che la
colse all’età di 74 anni, si muoveva non troppo bene, soprattutto per alzarsi
dal letto. Però non l’avevo mai vista nuda del tutto. Quando morì venne il
dottore a constatare la morte (era un dottore molto scrupoloso), in mia
presenza. La nonna era perfetta e composta. Il letto pulitissimo. Il dottore
esclamò: “Ma, Carlo, guarda che belle gambe e che pelle ha la tua nonna! Sembra
una ragazza!” Forse l’aveva mantenuta così il grande amore che aveva donato ai
suoi “due uomini” come chiamava me e suo figlio, mio padre del quale m’aveva
raccomandato “Dopo, non lasciarlo solo!” No, cara nonna, t’ho dato retta.
Nessun commento:
Posta un commento