lunedì 20 agosto 2012


Sommesso elogio di mia nonna Enélida.

Chissà perché con quest’aria torrida, anche al salir delle stelle, con la voglia di alimentare un asfittico blog-diariopersonale, mi tornano a mente le frasi e i motti “celebri” della mia amata nonna
Enélida (un nome credo in onore di Enea, o dell’Eneide, molto colto, che  richiama i fondamenti dell’italica stirpe…dato che anche la sua sorella fu chiamata Italia!). I primi sono quelli pronunciati mentre pettinava la Principessa russa, sposata Borghese, nella sua residenza di Isola del Garda, nell’anno 1900 o giù di lì. Vedendo la lunga bionda chioma della nonna, che amava raccogliere in treccia annodata sulla testa, la nobildonna le chiedeva: “Enèlida, pettinami come te!” al che la nonna rispondeva: “Ma, Eccellenza, lei ha tre peli!” e così di questo passo col suo parlar toscano incantava la Principessa che l’ebbe a benvolere per più di due anni. Quand’ero adolescente la nonna si preoccupava del mio “sviluppo”, e conoscendo la vita, mi faceva fare la cura delle 100 uova! Crude, da bersi una al giorno! Ma, per quanto, il mio colorito, non le piaceva e nemmeno i brufoli che spuntavano, allora esclamava: “Bimbo, con questa voce a gallerone, hai un coloraccio, sembri un racano!” (il “racano” da noi era una specie di ramarro, molto più grosso e verde di quello usuale, un animale misterioso e terribile tanto che ella mi diceva: “Stai attento quando vai al bosco, se incontri un “racano” e ti si attacca alle orecchie, fino a che non sente suonare le campane di San Pietro, non ti si staccherà!” Figuriamoci la paura che avevo d’incontrare e irritare questo “racano”.
Mi aveva anche insegnato a bere l’acqua nei fossetti del bosco: con le mani schiara un po’ l’acqua e poi dì: “Acqua corrente/ci ha bevuto il serpente/ci ha bevuto il Figlio di Dio/ci posso bere anch’io!”
Dopo, già vecchia, parteggiava per il partito comunista, dato che io e mio padre eravamo di quel partito. Leggeva l’Unità, ma, soprattutto, Vie Nuove e la cronaca “nera”, oggi si direbbe “rosa”. Conosceva a menadito il “caso” della Montesi e del processo al Ghiani! Al momento di andare a votare la nonna veniva accuratamente indottrinata con prove a ripetizione sui facsimili delle schede elettorali: “Allora, nonna, lo sai per chi votare? “Si, voto per il Partito, anche nonno Dario era socialista” “Ma, noi non siamo socialisti, nonna, noi siamo co-mu-ni-sti! Allora come voterai? “Voterò sulla falce e martello, ma dov’è la stellina!” Credo che non si sia mai sbagliata! A me, quando le cose politiche non andavano troppo bene, diceva “Tutti dicono contro i comunisti…eh...i comunisti così, i comunisti cosà…ma i comunisti sono brava gente! Dico bene, bimbo!” Era una ruffiana e lo faceva per compiacermi. Si nonna, dici bene. Qualche volta si arrabbiava con il babbo: “Ma perché fa tardi? E’ sempre a battere le noccole!” (voleva dire a giocare a carte). Se difendevo il babbo s’impermaliva, mi offendeva dicendomi “Sei un disensito!” oppure pronunciava un nome “Tullio”, senza aggiungere altro (ma io sapevo la leggenda di quest’uomo che, si diceva, durante una lite con la madre l’aveva rinchiusa in un baule)”. A novant’anni prese l’influenza, si mise a letto e smise di mangiare. Dormicchiava, in una sorta di coma leggero. Stavo molte ore accanto al suo lettino, nella camera che si trovava al piano terra del mio appartamento. Una volta c’era anche mia figlia piccina, di tre anni, che faceva un po’ di confusione correndo qua e là per la camera. Così io la sgridai. E la nonna allora disse: “Sono bambini…mi garbano tanto!” E si riappisolò. Era abbastanza religiosa e aveva spesso in mano il vecchio libro da messa, diceva di pregare per il nonno e per le anime del purgatorio. Qualche volta stavo attento a carpire le sue preghiere: al suo Dario, morto da ventisei anni, diceva: Aspettami, ma vedi come io ci stò bene? Vedì? Ho la lavatrice, la stufa, la televisione, la donna che mi fa compagnia, poi viene Filiberto a veglia…aspettami…ma ora ci stò bene quaggiù!” Della morte non aveva paura, ma amava la vita. Una volta disse: “Quando mi sentirò male davvero, e forse morirò, non chiamatemi il prete, perché se vedo lui morirò di sicuro dalla paura!” Anche sul suo amico e coetaneo Filiberto (il nonno di mia moglie), aveva molto da ridire perché era sordo e cieco da un occhio, gli si metteva su una poltrona, al calduccio e parlava poco, ma appoggiando la testa al muro ci lasciava una traccia d’unto, al che la nonna non mancava di rimarcare “Guarda che capata ci fa questo vecchio!” Una volta ebbe a ridire perché Filiberto gli si accostò all’orecchio per parlarle: “Non bisogna far così, chissà cosa direbbe la gente se ci vedesse, o che si danno un bacio?”. Avevano entrambi novant’anni! Ho dormito, prima nel letto della nonna, poi nel letto col mio babbo, 27 anni, cioè fino alla notte prima del mio matrimonio! Con la nonna avevo molta confidenza, ma lei era timida e pudica. Però io la curavo quando s’ammalava, gli davo ogni sera le sue medicine per il cuore, e gli preparavo “la ciambella” (un dischetto di gomma con il foro al centro) per sostenere il suo utero che nel parto del babbo, un parto “doppio” s’era abbassato…e poi ero sempre pronto a darle il vaso da notte ecc…ecc. dato che dopo un ictus che la colse all’età di 74 anni, si muoveva non troppo bene, soprattutto per alzarsi dal letto. Però non l’avevo mai vista nuda del tutto. Quando morì venne il dottore a constatare la morte (era un dottore molto scrupoloso), in mia presenza. La nonna era perfetta e composta. Il letto pulitissimo. Il dottore esclamò: “Ma, Carlo, guarda che belle gambe e che pelle ha la tua nonna! Sembra una ragazza!” Forse l’aveva mantenuta così il grande amore che aveva donato ai suoi “due uomini” come chiamava me e suo figlio, mio padre del quale m’aveva raccomandato “Dopo, non lasciarlo solo!” No, cara nonna, t’ho dato retta.

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