Geotermia, tecnologia,
futuro sostenibile.
Ecco un pozzo geotermico, nel
Comune di Castelnuovo di Val di Cecina,
della cui ubicazione mi sento un po’ responsabile, sia perché in quegli
anni (1987-1993) ero sindaco, sia perché facevo parte della commissione
preposta alla ubicazione sul terreno, dopo gli studi geominerari,
del pozzo vero e proprio: il pozzo, Bruciano 1. L’iter autorizzativo e
la valutazione d’impatto ambientale non furono rapidissimi, dato che il pozzo
veniva a trovarsi in un’area particolarmente pregiata sul confine di tre
province e di quattro comuni (Pisa-Siena-Grosseto e Castelnuovo di Val di
Cecina-Radicondoli-Monterotondo Marittimo e Montieri). Ma alla fine tutto
risultò in regola, anzi, con gli accorgimenti di poter eseguire più pozzi,
oltre a quello verticale, direzionali, in modo da occupare la più ridotta
porzione possibile di terreno. Il primo pozzo verticale, il Bruciano 1, fu
perforato nel 1988 e raggiunse la profondità di 3344 metri . Risultò
produttivo, ma fu chiuso in attesa della costruzione di una nuova centrale
geotermoelettrica ubicata in località Lungaiano
di Cornia, e dopo la sua entrata in servizio vi fu allacciato mediante un
vapordotto mimetico, senza lamina di rivestimento lucente, ma verde opaco. Da questo
primo pozzo verticale ne furono perforati altri, sempre partendo dalla stessa
piazzola, ma direzionali, con notevoli spostamenti al fondo. La profondità
maggiore raggiunta fu di quasi 4000 metri . Recentemente è stato operato un
ripristino del pozzo, con una trivella di modernissima concezione, dotata dei
più innovativi e sofisticati automatismi, e adesso sono in corso le misure
fisiche e chimiche del vapore geotermico. Stamattina questo era lo spettacolo
del bianco vapore nell’ambiente naturale ancora “intatto”. Grazie geotermia,
per dare alla Toscana il 25% dell’energia elettrica di cui ha bisogno,
alleggerendo la dipendenza italiana dal petrolio e dalle altre fonti
d’importazione. Siamo qui da oltre 200 anni, tra “soffioni”, centrali
geotermiche, CO2, H2S, e vapordotti ed anche crimini (vedi l’uso di
amianto per le coibentazioni di vapordotti ed altri macchinari), ma tuttavia in
buona salute, non minore, statisticamente a quella che si riscontra nelle aree
più “immuni” da tutto, cioè, quasi disabitate!
E l’unica cosa della quale ci si
lamenta è “il progresso tecnologico” che ha introdotto i telecomandi,
l’automazione, la robotica, le telecomunicazioni…in attesa degli eliporti per
le squadre addette alla manutenzione delle oltre 30 centrali e decine di altri
impianti sul vasto territorio. Certo, dai 2000 dipendenti + 1000 delle Ditte
Appaltatrici dell’anno 1963, siamo ridotti a circa 1000, complessivamente e la
fuga dei giovani ci penalizza. Anche il decentramento decisionale non ha
portato utili, semmai ha impoverito quel patrimonio di cultura e di esperienze
maturato a Larderello dal 1818 al 1963. Ma è acqua passata, in attesa di un
“nuovo rinascimento”, difficile, ma possibile.
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