Congiunzione di Venere e
Giove.
In senso tecnico è espressione propria dell’astronomia e
dell’astrologia, che indica il momento in cui i due astri presentano la stessa
ascensione retta. Il significato equivoco, tuttavia, si ricollega piuttosto ai
mitologici amori tra il padre degli Dei e la dea della Bellezza. Dice messer
Bandello in una sua novella: “…la buona Pasqua, a cui non pareva ben fatto che
Ferrante solo se ne stesse, andò a trovarlo, ed entrata seco in ragionamenti,
non molto stettero che fecero la congiunzione di Venere e Giove”. Spesso,
scrutando il cielo nella ancora giovane notte, ed ammirando lo splendore di
Venere e il moto di Giove, il grande astro luminoso, immaginai questo
“congiungimento”, non solo l’ascensione retta, ma, addirittura, la
sovrapposizione sulle loro ellittiche (oltre non è possibile), cosa che, come mi fu spiegato da una amica
astronoma, avverrà tra più di cento
anni. Perciò misi l’animo in pace. Avevo a quel tempo in gestazione il
libriccino di poesie La cometa Swan e fantasticavo ad occhi aperti sugli
avvenimenti, non soltanto del nostro sistema solare, ma dell’Infinito e dei suoi
misteri. E, com’è noto, la poesia è anch’essa un grande mistero, la cui
velocità è addirittura superiore a quella della luce, raggiungendo la
profondità dell’anima ed avvicinandosi a
Dio.
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