Con 34°C in casa, ma cosa viene in
mente?
Intanto un proverbio:
Chi è fedele conosce il lato
superficiale dell’amore;
è l’infedele a conoscerne le
tragedie.
Ricordo la teoria di un noto
regista teatrale impegnato in drammi messi in scena dentro luoghi di reclusione
per gravi delitti, il quale affermava con forza che vedono più chiaramente
loro, i reclusi, guardando noi dal buco della serratura, che non il genere
umano esterno, il dramma e la complessità del Mondo. Li per lì, ne rimasi molto turbato.
Adesso sfoglio i bellissimi
depliant turistici elaborati e diffusi a Volterra sugli eventi culturali di questa torrida estate. Solo curiosità
estetica, perché non andrò da nessuna parte. Ma mi hanno colpito molto alcune
affermazioni programmatiche in Volterra Teatro. Percorsi d’arte in luoghi
vicini ali’infinito. La città sospesa: “…la città sospesa è una città colta
nell’atto di interrompersi, di ritirarsi dalla scena della vita quotidiana,
spezzare la linearità dei camminamenti e cambiare postura, guadagnare un passo
circolare, smarrito, pensoso, lento, per osservare le nervature della propria
andatura e sottrarle alla mortificazione del fine, dell’efficientismo
contemporaneo”.
“La città sospesa è una città
laboratorio in cui si lavora a rifare l’uomo, una città in cui gli spettatori,
sotto la guida di grandi maestri, sperimentano in prima persona il gesto del
sospendersi dal frastuono della contingenza, l’arte del togliersi dalla scena
della vita ordinaria per collocarsi in una scena altra, ancora da inventare”.
Poco da aggiungere a tali
perentorie e alte enunciazioni, se non l’amarezza che mi dà ogni volta che mi
imbatto nella parola <contingenza”,
la battaglia perduta dai lavoratori, che avrà portato incentivi e premi a piccoli gruppi di persone poste ai vertici
della scala sociale, ma che ha di fatto immiserito milioni di altri lavoratori
e pensionati, senza la spada e lo scudo di Re Artù a difenderli dalla
competizione capitalistica e imperialista.
Comunque l’ultima pagina di
“copertina” di Volterra Teatro, la
Città sospesa, quella che dice NO alla chiusura di Smith Bits
di Saline di Volterra,ed al licenziamento di 193 lavoratori da parte di una
multinazionale, mi sembra davvero una
lampante contraddizione col plaudire alla fine dell’efficientismo e al
togliersi di mezzo dalla vita ordinaria…
Quando ero giovane, manovale
prima, impiegato successivamente, per quarant’anni tra scuola e lavoro in una
grande fabbrica italiana, consideravo Amica questa fabbrica, e amici e compagni
i duemila lavoratori, uomini e donne, anzi avevo l’idea che essa appartenesse a
noi, anche a quelli di basso salario, e che per il Suo bene e per il Nostro
bene dovessimo sempre migliorarci e fare il nostro dovere “ordinario”, giorno
dopo giorno per anni e, quando possibile, contare un po’ di più e lottare
perché la Fabbrica
fosse efficiente e competitiva e non avesse sprechi in modo tale da poter offrire
ai giovani del nostro territorio una possibilità di futuro. Naturalmente molti
di noi pensavano anche che avesse ragione Karl Marx e che alla fin fine un
Mondo senza Socialismo, solidarietà, internazionalismo e pace non fosse
possibile…ma su questo punto convengo di essermi momentaneamente sbagliato.
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