martedì 28 luglio 2015
Relax ed "impegno".
Domenica sera, meglio dire notte, bella notte, tra amici, amiche e vecchi compagni a Suvereto (LI) per presentare il libro uscito nel 2014 "Norma", scritto da Antonella Cocolli, Nadia Pagni e Anna Rita Tiezzi. Nonostante che il libro si presenti da solo, e che di presentazioni ne siano già state fatte 15 (io solo 3!) un pubblico NUMEROSO con molti giovani, ha seguito con interesse (ed anche commozione) la vicenda di Norma, medaglia d'oro al valor militare, uccisa dai nazifascisti a Massa Marittima il 23 giugno 1944, poche ore prima dell'arrivo dei soldati americani della V Armata. Ho avuto anche la gioia di incontrare Silvano Salvi e Nello Nardi...in più di conoscere l'appassionato giovane presidente dell'ANPI di Suvereto, Dario Tafi...
Lunedì, relax alla Centro Ippico della Fattoria di Tegoni, a due passi da Castelnuovo! Tra cavalli, ninfee, e grandi silenziosi boschi.
Ed oggi ad incontrare a Siena la nostra amata figlia!
domenica 26 luglio 2015
Norma Parenti
a Suvereto.
26 luglio 2015, Suvereto, Festa dell’Unità, ore 2130.
Buonasera a tutti!
Non sono un “presentatore” professionista, e nemmeno
uno storico, dato che, in realtà, mi sono occupato di “microstorie”, più o meno
legate al mio villaggio natale, Castelnuovo di Val di Cecina, e, a voler essere
larghi, ai luoghi più importanti della mia vita, abbastanza lunga, dato che
sono nato nel fatidico anno delle tristemente note “leggi razziali” di
Mussolini, cioè il 1938.
Di Suvereto non conosco praticamente niente della sua
storia se non i riferimenti, per il periodo fascismo-resistenza, ai lavori di
Sorresina, Tartagli, Cavicchi, Arrigoni e ai saggi del mio amico, precocemente
scomparso, Ivano Tognarini. Alle loro opere ho attinto per molti episodi
pubblicati nel 2003 nel libro La piccola banda di Ariano, citando Monte
Coronato nella zona di Monte Calvi, ove sorgeva il campo partigiano, e il
podere il Caglio, di Monte Bamboli, avamposto partigiano distrutto dai tedeschi.
Ma, a Suvereto, è nata Roma Camerini, moglie di Estewan
Parenti e madre di Norma Parenti (la protagonista del libro che sarà presentato
stasera), ed a Suvereto la famiglia visse dalla data del matrimonio, 1904, fino
alla definitiva emigrazione a Massa Marittima nel 1917. Credo che sarebbe assai
interessante delineare alcuni tratti di questa famiglia a Suvereto, rimasta
ancora oggi assai oscura.
In realtà sono stato invitato a presentare un libro
che, a mio avviso, non ha bisogno di presentazioni! Il libro “NORMA PARENTI,
Testimonianze e memorie” pensato e coordinato da tre donne massetane: Antonella
Cocolli, Nadia Pagni e Anna Rita Tiezzi. Volume di 264 pagine con 36
testimonianze (15 donne e 21 uomini) raccolte in più di un intenso anno di
lavoro per ben 23 ore di registrazione orale da quella specie eccezionale di
uomini e donne, purtroppo in via di estinzione, che ci offre la “memoria”
popolare del Novecento, il secolo crudele della storia moderna. D’ora in
poi questi umili ma umanissimi e sapienti
testimoni non ci saranno più, e solo i pochi archivi dei quali per nostra
fortuna e lungimiranza non è priva la Toscana , metteranno a disposizione del popolo i
diari, le lettere, le immagini ed i suoni, anche se, tuttavia, senza i “protagonisti”, le voci narranti. In
questo libro, dunque, non c’è solo Norma, non c’è solo il ricordo, ma, bensì, ci
sono le persone in carne ed ossa che, a distanza di 70 anni non hanno
dimenticato né l’attività instancabile della Norma medaglia d’Oro al Valor
Militare, né l’epoca precedente in cui ella visse la sua breve intensa vicenda
umana.
Ha solo un desiderio, questo libro, di essere
acquistato, letto, serbato, per i nostri figli e nipoti. Costa soltanto 14 €.
Molto meno dei reclamizzati best-seller spazzatura, che vengono scritti su
commissione, da scrittori e scrittrici professioniste, nella maggior parte non
utilizzando più di 400 parole! Una miseria, uno squallore.
Questo libro è un invito a non dimenticare. Noi
gente del popolo pecchiamo di timidezza di subalternità, eppure sarà grazie
alle nostre testimonianze, scritte, orali, artistiche, ed ai piccoli oggetti
che ci sono appartenuti, che gli storici tra due o trecento anni, potranno
scrivere la Storia ,
con la lettera maiuscola, delle loro Patrie e dei loro Popoli, e non solo delle
elites, dei principi e dei re, dei generali e dei presidenti, o dei miliardari
capitalisti.
Dunque, se questo libro, che ci fa vedere, da molte
angolazioni, la vicenda di Norma Parenti, non fosse stato scritto, credo che
anche le nostre Comunità Locali, che alla sua figura son legate, Volterra,
Suvereto, Monterotondo, Agordo, Massa Marittima, sarebbero immensamente più
povere e con una identità più facilmente preda dei mutamenti sociali e della smemoratezza. Ci
aiuteranno a contrastare tali fenomeni le ultime cinquanta pagine, le
impropriamente dette APPENDICI, cioè la riproduzione dei documenti
fondamentali, l’analisi di grafologia, la bibliografia, le 28 fotografie, quasi
tutte inedite dell’album di famiglia di Norma Parenti e perché no? anche i
brevi ma corposi curriculum delle tre autrici.
Dobbiamo perciò essere grati ad Antonella, Nadia e
Rita ed ai tanti altri che alla ricerca hanno contribuito, e che da essa non
trarranno tesori né beni materiali, di averci fatto questo dono che rimarrà
come una pietra miliare per chiunque vorrà interessarsi a Norma Parenti.
Come alcuni di voi sapranno, la vicenda di Norma
Parenti, man mano che trascorrevano gli anni, s’era fatta più sbiadita, frutto
si di formali onori, ma povera di veri studi biografici e, tra l’altro, i
medesimi, assai imprecisi se non fuorvianti. A Massa Marittima Norma era una
icona, sospesa in una specie di limbo tra la rappresentazione del rituale
celebrativo comunista della Resistenza e il disinteresse della Chiesa, alla quale,
d’altra parte, Norma avrebbe dovuto appartenere; ed anche i testimoni e le
persone che pure l’avevano conosciuta, non ne parlavano volentieri.
Del resto, non dimenticando la sua giovane età,
Norma era già, come si sussurrava a Massa, una nuova Giovanna d’Arco, una santa
che non solo sfidava la morte per affermare i valori più alti dell’uomo, quasi
una novella Antigone, ma anche per andare, spirito e carne oltre il tempo,
affidandosi alla storia, e all’amore, come magistralmente Antonella, Nadia e
Rita ci hanno dimostrato con la loro opera.
Bisogna arrivare alla fine degli anni ’90 del secolo
scorso per l’avvio di ricerche storiche e testimonianze più accurate su Norma. Da
queste ricerche partirono alcuni progetti, quasi tutti realizzati: opuscolo per
le scuole, canzone, teatro, cinema…conferenze, ed anche una raccolta di
testimonianze e memorie, QUI, LONTANO, uscita nel 2012 a cura di Nadia Pagni,
che avrebbe meritato una più marcata valorizzazione stante l’accuratezza, la
freschezza e l’ampiezza del materiale raccolto in area massetana. Finalmente, ecco
il libro che le autrici vi illustreranno stasera. Un’opera davvero
fondamentale.
Come affermano le autrici, sembra che in questo
libro manchi solo l’ultimo importante chiarimento: chi fu e per quale motivo, l’esecutore?
E chi il mandante della sua condanna a
morte? L’esecutore materiale, probabilmente un tedesco, è impossibile da
identificare. Il mandante, come fu ipotizzato, fu Giovanni Nardulli, capo della
GNR di Massa Marittima, nato ad Orbetello, sparito dalla città il 9 giugno
1944, riapparso ad Asti, accusato di 11 delitti in Maremma, processato e
condannato a morte dopo la
Liberazione nell’autunno 1945 con sentenza eseguita a mezzo
fucilazione?
Ebbene, non potendo presentare due libri in una
volta, mi limiterò a dire che nel maggio di quest’anno Nadia Pagni ha
pubblicato la parte conclusiva dell’opera “Norma”, nel volume “Elvezio e
Norma”, nel primo capitolo “Novità su Norma”, fornendo una ipotesi molto
plausibile a questo secondo interrogativo. Adesso il cerchio sembra
definitivamente chiuso.
Con l’augurio che questi libri possano entrare in
ogni famiglia, circolo, scuola, biblioteca…che siano letti, studiati e diffusi,
come nuova sorgente storica, limpida e pura alla quale abbeverarsi, Vi
ringrazio per l’attenzione.
Carlo Groppi
Ultimo ricordo
d’Israele.
Fresco e delizioso! L’ultimo
sorso di Easy Port – Pomegranate wine – RIMON vinery…
che ho comprato a Gerusalemme! Di
questo “vino” non posso far altro che confermare quanto s’è detto: “…This easy
port style wine is purely made from pomegranates located in Kerem Ben Zima
Upper Galilee. The wine was
aged in French oak barrels during the Galilees summer sun months which gave depth,
softness and harmony to the wine, delicate sweet fruity aromas with coffee and
spice background flavors taken from the barrels, Best served chilled. www.rimonwinery.com
giovedì 23 luglio 2015
IRIS CHELI (1924-2015).
In ritardo ho notato l'annuncio della morte di Iris. Abitava a Montecerboli e poiché fino a due-tre anni fa passavo alcune volte alla settimana proprio davanti alla sua casa per recarmi a Volterra, la vedevo, d'estate e d'inverno, con la sua vestaglia celeste, sulla soglia oppure sul marciapiede nella seggiolina, e questa vista mi rallegrava riportandomi indietro nel tempo, di quando abitava in Posserella ed io, insieme alla nonna, vi andavamo a "opre", cioè la nonna cuciva, rattoppava, accorciava o allargava abiti da lavoro di tutta quella famiglia, vi rimanevamo a desinare e alla sera ritornavamo a casa, naturalmente a piedi, con una sportina piena di frutta, o di verdura, una dozzina d'uova e un panetto di pane, e qualche volta con un coniglio o un pollo! Credo che gli anni siano stati quelli tra il 1949 e il 1953. Giorni indimenticabili che cercai di fissare in una poesia "Iris", appunto che ripropongo:
In ritardo ho notato l'annuncio della morte di Iris. Abitava a Montecerboli e poiché fino a due-tre anni fa passavo alcune volte alla settimana proprio davanti alla sua casa per recarmi a Volterra, la vedevo, d'estate e d'inverno, con la sua vestaglia celeste, sulla soglia oppure sul marciapiede nella seggiolina, e questa vista mi rallegrava riportandomi indietro nel tempo, di quando abitava in Posserella ed io, insieme alla nonna, vi andavamo a "opre", cioè la nonna cuciva, rattoppava, accorciava o allargava abiti da lavoro di tutta quella famiglia, vi rimanevamo a desinare e alla sera ritornavamo a casa, naturalmente a piedi, con una sportina piena di frutta, o di verdura, una dozzina d'uova e un panetto di pane, e qualche volta con un coniglio o un pollo! Credo che gli anni siano stati quelli tra il 1949 e il 1953. Giorni indimenticabili che cercai di fissare in una poesia "Iris", appunto che ripropongo:
Iris
Già il vederla viva mi rallegra
spazzare la soglia della casa,
macchia d’azzurro nel meriggio
greve e lieve la saluto perché
è misura della mia lunga vita,
lei giovane sposa ed io bambino
giocare tra il ciuffo dei bambù
mentre ridendo correvamo al desco
di Guglielma. La nonna posava
il suo rammendo e Nello e Piero
venivano dal pozzo
con l’acqua fresca e il vino.
Il giorno lungo un anno
allor pareva, né paura, né male
né rancore ci stringeva il cuore.
E dolore d’amore io non sapeva!
Lungo la strada che cipria
pareva, s’andava scalzi
per godere il sole intrecciando
ghirlande di viole.
Oh! dolce passato che sei vivo
ancora e speranza concedi
al mio domani, ad incontrare
la nuova Aurora!
la nuova Aurora!
domenica 19 luglio 2015
Festa Nazionale dell’Unità,
Livorno 1969.
Rientravo a casa a metà mattino,
sotto il sole bollente di questo luglio investito dalla “bolla” di calore
africano, e nei pressi del palazzo di
Leopoldo Birelli, sul Corso principale di Castelnuovo, ho notato in sosta un
furgoncino scoperto con seduto al posto di guida un uomo robusto che mi
fissava. Anch’io ho iniziato ad osservarlo, ma per me rimaneva uno sconosciuto.
Giunto alla sua altezza l’uomo s’è sporto dal finestrino dicendo: “Ma tuo sei
Carlo!” “Si, sono Carlo Groppi, ma tu chi sei?” “Non mi riconosci? è vero sono
molto cambiato, ora sono troppo grasso, ma io t’ho riconosciuto subito, sono
l’Antoni della Leccia!” “Ah! l’Antoni…”, “Si, l’Antoni del podere La Proda , Renzo, un compagno, s’era insieme a Livorno nel 1969
alla Festa Nazionale dell’Unità e si mangiò All’Antico Moro!”
Immediatamente nella mia
dimenticanza s’è aperto un largo squarcio e la luce vivissima della memoria
m’ha riportato indietro in quel tempo magico, ricco di impegno politico, sociale,
poetico, di amicizie ed anche di gastronomia…: “Caro Antoni, ora mi ricordo
tutto, quanta acqua si prese in quella sfilata dietro allo striscione della
Federazione del PCI di Pisa che attraversava il Lungomare e si dirigeva verso
l’Ardenza!” “Proprio una giornataccia, molli come pesci, e a un certo momento
tu dicesti – Ora vi porto a mangiare in un ristorante che conosco, credo il
migliore di Livorno, l’Antico Moro” “Si, abbandonammo il corteo e andammo
all’Antico Moro, almeno per asciugarci…” “Ma la sera all’Ardenza, quando parlò
D’Alema io ci tornai e mi ricordo sempre quello che disse e che poi non gli ho
più perdonato, allora voleva scacciare gli americani da Livorno e dal Tombolo e
affondare le loro navi; poi gli ha fornito gli aeroporti per andare a
bombardare le città della ex Jugoslavia…” “Sento che sei rimasto sempre un tipo
battagliero…” “Si, pendo dalla sinistra e questi ex democristiani travestiti
nel Partito Democratico non mi garbano punto…” “Invece io sono ancora un
iscritto al PD e sostengo il sogno di cambiare l’Italia, di purificarla dalle
ruberie e dai privilegi, di stare in una Europa pacifica e socialmente più
solidale, tra le Nazioni e al nostro interno, specialmente guardando al futuro
dei giovani, e al mondo che cambia…caro Antoni, non sai che gioia mi hai dato
stamattina…ti vorrei offrire l’ultimo mio libriccino sulla Resistenza, sui
sardi nella Resistenza nelle Colline Metallifere Toscane, ma adesso non ce
l’ho” “Mi faresti un gran regalo, lascialo al mio fratello Mario, quello che fa
il volontario al 118 e lui me lo porterà alla Proda. La nostra mamma son più di
tre anni che sta malissimo e io, che abito a Piombino, vengo due o tre volte al
mese a trovarla…” “Si, lo farò avere a Renzo…hai un indirizzo di posta
elettronica?” “No, non m’intendo di queste cose” “Vabbé, ci troveremo alla
Leccia, qualche volta…” “Si, speriamo, che piacere mi hai dato anche a me!”.
Dopo l’incontro ho cercato nel mio “Canzoniere” i pochi versi che allora
scrissi, proprio sull’Antico Moro e sulla Festa
del giornale del Partito Comunista Italiano, l’Unità ed ora, a distanza
di 46 anni, li voglio dedicare a Renzo Antoni, piombinese della Leccia:
All’Antico Moro [i]
Il miglior pesce di Livorno
in un giorno di pioggia e libeccio
con le rosse bandiere
e l’amore a prima vista
ragazza comunista
dalla veste leggera
che s’asciugava al tepore
di noi e di un vecchio
braciere.
[i] Festa Nazionale
dell’Unità a Livorno, settembre 1969. Un grande acquazzone si abbattè sulla
sfilata popolare. Ci riparammo “All’Antico Moro”, zuppi d’acqua che s’asciugò
rapidamente al calore di quella piccola trattoria e del contatto umano.
sabato 18 luglio 2015
CALDO AFRICANO
18 luglio, un borgo immerso nei boschi, altitudine 570 metri sul mare, circondato da monti verdissimi di 846, 852, 1008, 1059, metri sul livello del mare, investito da una ondata di "caldo africano". Si avvertono i primi malesseri animaleschi e umani: addirittura i sindaci delle territorio si incatenano, e non si sa bene se lo facciano per gli effetti dell'alta temperatura oppure per protesta contro questa imprevista "migrazione" (oltre ai "migranti" veri e propri).
18 luglio, un borgo immerso nei boschi, altitudine 570 metri sul mare, circondato da monti verdissimi di 846, 852, 1008, 1059, metri sul livello del mare, investito da una ondata di "caldo africano". Si avvertono i primi malesseri animaleschi e umani: addirittura i sindaci delle territorio si incatenano, e non si sa bene se lo facciano per gli effetti dell'alta temperatura oppure per protesta contro questa imprevista "migrazione" (oltre ai "migranti" veri e propri).
venerdì 17 luglio 2015
Con 34°C in casa, ma cosa viene in
mente?
Intanto un proverbio:
Chi è fedele conosce il lato
superficiale dell’amore;
è l’infedele a conoscerne le
tragedie.
Ricordo la teoria di un noto
regista teatrale impegnato in drammi messi in scena dentro luoghi di reclusione
per gravi delitti, il quale affermava con forza che vedono più chiaramente
loro, i reclusi, guardando noi dal buco della serratura, che non il genere
umano esterno, il dramma e la complessità del Mondo. Li per lì, ne rimasi molto turbato.
Adesso sfoglio i bellissimi
depliant turistici elaborati e diffusi a Volterra sugli eventi culturali di questa torrida estate. Solo curiosità
estetica, perché non andrò da nessuna parte. Ma mi hanno colpito molto alcune
affermazioni programmatiche in Volterra Teatro. Percorsi d’arte in luoghi
vicini ali’infinito. La città sospesa: “…la città sospesa è una città colta
nell’atto di interrompersi, di ritirarsi dalla scena della vita quotidiana,
spezzare la linearità dei camminamenti e cambiare postura, guadagnare un passo
circolare, smarrito, pensoso, lento, per osservare le nervature della propria
andatura e sottrarle alla mortificazione del fine, dell’efficientismo
contemporaneo”.
“La città sospesa è una città
laboratorio in cui si lavora a rifare l’uomo, una città in cui gli spettatori,
sotto la guida di grandi maestri, sperimentano in prima persona il gesto del
sospendersi dal frastuono della contingenza, l’arte del togliersi dalla scena
della vita ordinaria per collocarsi in una scena altra, ancora da inventare”.
Poco da aggiungere a tali
perentorie e alte enunciazioni, se non l’amarezza che mi dà ogni volta che mi
imbatto nella parola <contingenza”,
la battaglia perduta dai lavoratori, che avrà portato incentivi e premi a piccoli gruppi di persone poste ai vertici
della scala sociale, ma che ha di fatto immiserito milioni di altri lavoratori
e pensionati, senza la spada e lo scudo di Re Artù a difenderli dalla
competizione capitalistica e imperialista.
Comunque l’ultima pagina di
“copertina” di Volterra Teatro, la
Città sospesa, quella che dice NO alla chiusura di Smith Bits
di Saline di Volterra,ed al licenziamento di 193 lavoratori da parte di una
multinazionale, mi sembra davvero una
lampante contraddizione col plaudire alla fine dell’efficientismo e al
togliersi di mezzo dalla vita ordinaria…
Quando ero giovane, manovale
prima, impiegato successivamente, per quarant’anni tra scuola e lavoro in una
grande fabbrica italiana, consideravo Amica questa fabbrica, e amici e compagni
i duemila lavoratori, uomini e donne, anzi avevo l’idea che essa appartenesse a
noi, anche a quelli di basso salario, e che per il Suo bene e per il Nostro
bene dovessimo sempre migliorarci e fare il nostro dovere “ordinario”, giorno
dopo giorno per anni e, quando possibile, contare un po’ di più e lottare
perché la Fabbrica
fosse efficiente e competitiva e non avesse sprechi in modo tale da poter offrire
ai giovani del nostro territorio una possibilità di futuro. Naturalmente molti
di noi pensavano anche che avesse ragione Karl Marx e che alla fin fine un
Mondo senza Socialismo, solidarietà, internazionalismo e pace non fosse
possibile…ma su questo punto convengo di essermi momentaneamente sbagliato.
domenica 12 luglio 2015
sabato 4 luglio 2015
Giove e Venere.
Matrimonio celeste.
Giove
Alla fine della
primavera, proprio come si conviene
alla nostra età, ci
siamo sposati, mia dolce colomba,
in segreto, com’è
segreto l’amore che ci avvince,
perché avevamo paura
non del disonore, ma della
arroganza degli
uomini a stabilire eterne leggi,
dal centro alla
periferia, erga omnes, senza comprendere
le insondabili
profondità dell’anima, i misteriosi moti
del cuore, e
l’attrazione fatale della carne in
sommovimento.
Venere
Ora siamo uniti,
finché morte non ci separi,
e nessuno al mondo
ci potrà dividere. E quando arriveremo
alle Porte Sante del
Paradiso, avanzeremo lieti offrendo
il nostro amore
intrecciato coi fiori di campo e l’incenso
votivo bruciato alla
Vergine del Carmine, portando
baci ardenti e carezze
audaci bagnati da lacrime
salate, asciugate
da labbra vogliose.
Giove
E la notte e i
giorni sempre troppo brevi in uno solo
stringemmo. Si
fusero i corpi mai sazi di godere,
mentre una gialla
luna di carta s’alzava ad oriente
e Cassiopea ci brillava
davanti agli occhi appannati
da gemiti
piacere.
Forse è tutto un sogno, forse non è vita,
questa
che mi sale dentro e
mi prosciuga la saliva in gola,
forse siamo creature
erranti, magiche essenze
di un desiderio, che
fluttuano a destare l’amore
celato in
ogni muta pietra.
Venere
Forse i nostri occhi
non sono occhi
bensì specchi del
desiderio, occhi di un cielo
surreale, che
nasconde il tesoro della vita
e della morte, se i
nostri occhi non si guardano,
i tuoi occhi che non
sono occhi,
bensì specchi del
mio desiderio.
Congiunzione di Venere e
Giove.
In senso tecnico è espressione propria dell’astronomia e
dell’astrologia, che indica il momento in cui i due astri presentano la stessa
ascensione retta. Il significato equivoco, tuttavia, si ricollega piuttosto ai
mitologici amori tra il padre degli Dei e la dea della Bellezza. Dice messer
Bandello in una sua novella: “…la buona Pasqua, a cui non pareva ben fatto che
Ferrante solo se ne stesse, andò a trovarlo, ed entrata seco in ragionamenti,
non molto stettero che fecero la congiunzione di Venere e Giove”. Spesso,
scrutando il cielo nella ancora giovane notte, ed ammirando lo splendore di
Venere e il moto di Giove, il grande astro luminoso, immaginai questo
“congiungimento”, non solo l’ascensione retta, ma, addirittura, la
sovrapposizione sulle loro ellittiche (oltre non è possibile), cosa che, come mi fu spiegato da una amica
astronoma, avverrà tra più di cento
anni. Perciò misi l’animo in pace. Avevo a quel tempo in gestazione il
libriccino di poesie La cometa Swan e fantasticavo ad occhi aperti sugli
avvenimenti, non soltanto del nostro sistema solare, ma dell’Infinito e dei suoi
misteri. E, com’è noto, la poesia è anch’essa un grande mistero, la cui
velocità è addirittura superiore a quella della luce, raggiungendo la
profondità dell’anima ed avvicinandosi a
Dio.
mercoledì 1 luglio 2015
Anne Frank.
Nell'eccesso di semplificazione, per voler tradurre la complessità del materiale relativo alla bibliografia del Diario e degli altri scritti di Anne Frank, compreso il materiale del libro dei ricordi di Miep Gies, la donna che aiutò la famiglia Frank nella clandestinità, fino alla prima edizione italiana da Einaudi nel 1954, non ho parlato dell'ottava persona, il signor Pfeffer, che fu ospitata dell'alloggio segreto e che, deportata dai nazisti, non sopravvisse.
Mi faccio perdonare pubblicando alcune immagini di recenti edizioni e filmati su Anne Frank.
Grecia nel cuore [i]
Muri bianchi di calce, ragnatele di pietra
sui monti selvaggi, monasteri appesi all’azzurro,
tra cielo e terra dove l’uom s’eterna
nelle forme del marmo rosato;
il passato negli occhi
di una donna bellissima a Epidauro,
isole e fiori, aranci di Tirinto, mare,
strano dei Mani il paese,
e rosse ciliegie che adornano
dei Dori i volti biondi e forti,
le tombe dei morti re e le maschere
d’oro tra storia e memoria
rivivono e si disfanno nell’incontro
d’amore sognato,
sole, falce, martello, speranza, ricordo,
dolore,
Grecia nel
cuore
desiderio placato nella tiepida sera
che porta stelle nuove nel cielo turchese
e s’apre al futuro.
[i] Dal
29 giugno al 29 luglio 1982, dopo una prima gita personale nel 1969, ritorno in
Grecia con la famiglia. Il viaggio sarà ispiratore di molte liriche dedicate a
questo affascinante paese.
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