venerdì 3 gennaio 2020





1884 - Enélida Benucci, nei Groppi.

Andando indietro nel tempo si calcola che l’attuale sistema del computo degli anni inizi 7 giorni dopo la nascita di Cristo, cioè,  dall’anno ZERO ad oggi son 2019 anni e 3 giorni. Un tempo che sembra lontanissimo, ma che, in realtà, confrontato con l’età della Terra risulta infinitesimale! Insomma, senza portare studi del DNA Mitocondriale, che arriva ad individuare le cosiddette 7 Figlie di Eva all’incirca a 40.000 anni fa, una persona qualunque, come sono io, potrebbe aver avuto un testimone vissuto all’epoca della nascita e della morte di Cristo, dato che ci separano da quegli avvenimenti soltanto 80-90 generazioni. Pochissime, ma tuttavia, a parte le dinastie di personaggi importanti,  noi persone comuni non abbiamo la percezione di questa esigua catena parentale e, il più delle volte, la nostra memoria e le cronologie, ci possono portare  a 400-500 anni fa. Più indietro c’è il buio. Nel parlare dei miei nonni, che ho conosciuto, sono arrivato a stendere una succinta biografia, con registrazione orale, solo di mia nonna Enélida, nata nel 1884 e morta nel 1974.

Da Salvadore Benucci (detto "Dore" o "il Brogio"), fabbro ferraio e poi operaio meccanico alla ditta De Larderel e musicante, e da Angiolina Cascinelli, nasce  nel gennaio del 1884, secondogenita di quattro figli,  Enélide, comunemente conosciuta cone Enelida o "Nélida". Dore e Angiolina, entrambi nati nel'aprile del 1859, hanno 35 anni. Gli altri figli sono: Artidoro, 1880; Italia, 1886 e Paolino, 1891. Nel 1901 Enelida parte da Castelnuovo, come altre sue coetanee, per recarsi "a servizio" presso una famiglia facoltosa. Dati gli stretti vincoli affettivi esistenti nell'ambito familiare, per permettere ad una ragazza adolescente di lasciare per mesi, se non addirittura per anni, i propri genitori e parenti e il proprio paesello, le condizioni economiche del tempo dovevano essere molto misere. Così, in un mattino sereno d'autunno, Enelida e Salvadore, montati a cassetta di un barroccio di un certo Gennai che trasportava il sal borace da Castelnuovo a Saline di Volterra, partono dal paesello natio per andare incontro all'ignoto. Hanno infatti in tasca una richiesta di lavoro come cameriera-guardarobiera da parte di una "principessa russa", sposa di un principe Borghese che viveva nella sua villa di isola del Garda. Da Saline a Verona in treno! Chissà quali pensieri turbinavano nella mente dei due al vedere così tanti, nuovi, mutevoli e lontani paesaggi di cui prima di allora avevano ignorato l'esistenza! E le stazioni delle città e le città stesse intraviste fugacemente, immense rispetto al piccolo borgo di Castelnuovo praticamente immutato da secoli! A Verona finisce il viaggio in treno e Salvadore, dopo aver visto partire la figlia su una diligenza diretta a Gardone, riprende un treno verso sud: a casa lo attendono il lavoro, la moglie e gli altri tre figli senza il cui pur modesto salario non avrebbero potuto campare. A Gardone una barca attendeva Enelida, la giovane e graziosa "servetta" toscana, dalla parlata così vivace e sonora e dai biondi e lunghi capelli, per condurla all'Isola dove sarebbe rimasta per circa tre anni. Poi il ritorno, con la dote, con i vestiti dismessi di qualche nobile dama, gli aranci e i limoni colti nel giardino e un orologio d'oro. E, in più, i ricordi magici di una esperienza - quasi una fiaba - che l'avrebbero accompagnata per tutta la vita, se appena due anni prima di morire novantenne – ancora me ne avrebbe raccontato qualcuno accompagnandolo a frasi in una lingua straniera, il russo. Al paese conosce Dario, operaio e musicante, si vedono alla Messa, ai concerti ed ai balli della Filarmonica e, soprattutto, alle operette nelle quali lei canta. Si sposano e nel 1906 nasce il primo figlio, Gino. Ma la vita è dura e come tanti altri castelnuovini, Dario è costretto ad emigrare in America per cercar fortuna nelle miniere di carbone della Pennsylvania, ma ritornerà povero, dopo cinque anni. In America teme più volte per la propria vita, rimasto indenne nel crollo di una galleria, poi assalito dai banditi sul treno che lo portava a suonare ad un concerto in una cittadina del bacino carbonifero, di Masontown, poi, infine, derubato dei pochi risparmi dalla "mano nera", con i soldi di una colletta tra i compagni di lavoro, rientra a Castelnuovo dopo anni di assenza e rivede la giovane sposa e il figlio che appena aveva visto nascere. Nel 1915 nasce il secondo figlio, Renzo, mio padre. Una vita laboriosa ed onesta; un grande amore per la famiglia; il secondo lavoro di calzolaio, specialmente ad "opre" dai contadini di Solaio, Anqua e Fosini e una smisurata passione per la musica da parte di tutti: i figli suonano il mandolino, il sassofono, il clarino, il quartino, la fisarmonica e Dario è un vero virtuoso, benché miope, conosce a memoria tutti gli spartiti delle marce e delle sinfonie e suona perfettamente. Anche Enelida ha una bella voce. Il fascismo non li perseguita, perché, pur di idee vagamente socialiste, "stanno al loro posto", poi per Dario, nel 1946, all'età di 67 anni, la pensione e la liquidazione, con la quale Enelida comprerà due paia di lenzuola bianche! I figli si sono sposati e hanno messo su casa, ci sono i nipoti. Dario muore giovane, nel 1948, non si sa di quale malattia; Enelida vive serenamente insieme al figlio Renzo ed al nipote Carlo, fino al 1974, quando si spenge senza soffrire, alla bella età di 90 anni.

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