NORMA&ELVEZIO, di Nadia Pagni. Introduzione storica di Carlo Groppi
Gentili signore e signori, cara
Nadia, caro Sindaco di Massa Marittima, testimoni e dirigenti dello Spi-CGIL,
sono qui a tentare di sostituire l’amica Katia Taddei, impossibilitata a partecipate
per motivi di lavoro.
La presenza di alcuni
protagonisti, Salvadori, Gobbini, Mario Fatarella ed altri, che hanno vissuto in prima persona
gli avvenimenti che fanno da cornice al
libro di Nadia Pagni “Norma&Elvezio” (volume che stasera è disponibile), mi
suggerisce di ripercorrere gli eventi storici relativi al territorio maremmano
in modo riassuntivo.
Come sapete la lotta contro il
nazifascismo in provincia di Grosseto ha un avvio molto precoce e risale ai
giorni immediatamente a ridosso tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943. Non solo
ad Orbetello e Piombino alcuni reparti militari ingaggiarono dure battaglie
contro i tedeschi, ma anche i civili dettero vita a piccole bande con forte
connotazione antifascista, tra le quale si distinse quella di Massa Marittima,
ossia “la Banda
del Massetano”, per la sua elevata politicizzazione, facente capo a Elvezio
Cerboni, Renato Piccioli ed altri, poi confluita, in parte, nella 3^ Brigata
Garibaldi Bande Camicia Rossa e Camicia Bianca, e successivamente nella XXIII
Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia”. Anche i CLN si formarono nell’illegalità,
assai precocemente, addirittura nei primi giorni del settembre 1943, sia a
Grosseto che a Livorno, Siena, Pisa ed a Massa Marittima, sulla spinta dei
“ragazzi della Torre”, la cui connotazione sociale era strettamente legata
all’attività delle miniere dove era massiccia la presenza delle forze di
sinistra, organizzate e profondamente radicate nella popolazione. In provincia
di Grosseto operarono 27 formazioni partigiane nelle quali militarono 1200
partigiani combattenti e 1759 patrioti. 155 di loro furono uccisi, 22 feriti, e
3 risultano dispersi; 24 rimasero. Inoltre 164 cittadini furono uccisi per
rappresaglia dai nazifascisti, dei quali 83 furono i minatori di Niccioleta.
La crescita e la maturazione del
movimento partigiano fu molto difficile e travagliata, nel ristretto periodo
della sua attività, cioè di soli 8 mesi, dal settembre 1943 alla fine di giugno
1944. Tra le prime formazioni più efficienti che entrarono nella lotta c’è il gruppo
creato da Elvezio Cerboni, “Capitan Mario”, il quale, dopo il 16 febbraio 1944 e
il duro rastrellamento fascista di Campo ai Bizzi al Frassine, si trasferirà nel volterrano, nella foresta
di Berignone, in area pisana, dando vita nel maggio 1944 alla XXIII Brigata
Garibaldi. La solidarietà dei mezzadri aumentò giorno dopo giorno mentre anche
l’efficienza dei partigiani si faceva sempre più intensa. Anche gran parte del
clero si schierò ormai apertamente con il movimento partigiano, specialmente
nella diocesi di Massa Marittima-Piombino. Dagli inizi di giugno l’attesismo
finì, e seguendo le direttiva del Ctln le formazioni partigiane si impegnarono
in duri combattimenti per la liberazione
di tutto il territorio toscano prima dell’arrivo degli alleati. La provincia
grossetana fu la prima della Toscana ad essere liberata e in numerosi casi, a
Grosseto, Pitigliano, Roccastrada, i partigiani svolsero un ruolo decisivo
nello scontro finale. Come sappiamo il costo della Liberazione fu elevato:
eccidi, stragi, rastrellamenti, episodi barbari e feroci, vendette, come
appunto si possono considerare quelle di cui furono vittime Norma Parenti ed
Elvezio Cerboni.
Tra i tanti valorosi combattenti
partigiani e patrioti delle Colline Metallifere, i cui nomi sono negli elenchi
ufficiali di ogni singola Brigata e negli elenchi dell’Archivio Storico Toscano
della Resistenza, tra le figure più note risaltano quelle di Elvezio Cerboni,
Norma Parenti, Mario Chirici, Alfredo Gallistru, Giorgio Stoppa, Alberto
Bargagna, Otello Gattoli, Carlo Cassola, Renato Piccioli…ed altri che m’è
impossibile qui ricordare.
Le ricerche storiche e
biografiche che conosciamo, al di là delle prime relazioni ufficiali
dell’attività ai singoli CLN territoriali d’ogni Comune, ricche di numeri e
date, ma dall’incerta cronologia e narrazione, e, soprattutto attente ad
omettere ogni particolare controverso, o addirittura a rivelare “verità
scomode”, sono procedute lente e difficoltose. Memorialistica, storiografia,
tesi di laurea, hanno sovente alimentato dure contrapposizioni. I racconti dei
protagonisti, vedi Tartagli, Tanzini, Sorresina, Tognoni, Sozzi, Cavicchi, Avanzati,
Vanni, Martelli, ecc. ecc. sono apparse molto tardivamente ed hanno toccato
numeri ristretti di “addetti ai lavori”, mentre i processi per i crimini di
guerra, uno aperto dai magistrati grossetani per i numerosi eccidi compiuti in
Maremma dalle Brigate Nere, ed un altro da quelli pisani per l’eccidio dei
minatori di Niccioleta, hanno portato, come sappiamo, a parziali verità e miti
condanne…e nel clima politico istaurato dopo il 1948 per l’avvento in Italia ed
in Germania di partiti che avevano di fatto rinnegato la Resistenza , non hanno prodotto
né chiarezza né giustizia. Ma, voglio aggiungere, in Germania la denazificazione
è proceduta più celermente ed in profondità che non in Italia.
C’è voluto, nel 1991, il saggio dello
storico pisano Claudio Pavone sulla moralità della resistenza a incoraggiare
gli storici, anche quelli locali che si occupavano di “microstoria”, ad
impegnarsi per liberare dall’imbalsamazione e dalla ripetitiva oleografia, la
memoria della guerra di Liberazione, così come richiedevano le nuove
generazioni, nel tentativo di sottrarla agli scopi contingenti e rituali del
PCI, ed anche dall’oblio nel quale l’avevano sepolta le forze dei governi di
centro destra, soprattutto la DC. Basterà
ricordare che nella rassegna bibliografica effettuata dal Coordinamento
Femminile Nazionale dell’ANPI su “Le donne e la Resistenza ”, pubblicata
nel 1989, il nome di Norma Parenti non vi è mai menzionato!
Da allora è stato percorso un
grande cammino del quale, gli ultimi traguardi raggiunti sono stati quelli di
Nadia Pagni, Antonella Cocolli, Anna Rita Tiezzi, Catia Taddei e perché no?
anche dai miei lavori usciti tra il 1998 ed il 2000 sulla Resistenza, la
mezzadria e la lotta sindacale in una grande fabbrica. Vorrei anche accennare
che in questi ultimi anni le donne si sono riappropriate, almeno come storiche
e testimoni, di un ruolo importante, nel
caratterizzare, con la loro sensibilità femminile, le vicende resistenziali,
nelle quali le donne erano generalmente relegate a comprimarie dei partigiani
combattenti, cioè a “non aver fatto niente”, dando invece il giusto peso alla
“resistenza civile” che non solo si identificava come “lotta al fascismo”, ma
come rifiuto della guerra e una ampia istanza della loro emancipazione. Una
“resistenza”, questa, che è ancora da concludersi.
Adesso la memorialistica è ampia,
gli archivi si sono aperti (anche il famoso armadio della vergogna), la
digitalizzazione dei documenti (penso al grande archivio on line
RadioMaremmaRossa, dietro al quale c’è l’infaticabile Aldo Moltalti), facilità
la ricerca che, partendo dalla storia, sfocia spesso nelle forme artistiche del
teatro, del cinema, della letteratura ed anche in opere che vanno al di là del
nostro Paese e collocano le vicende, come quella di Norma, in un ambito
universale.
Possiamo quindi finalmente
affrontare la ricerca sugli ultimi quattro “misteri” della nostra resistenza
territoriale:
1)
chi uccise, e come, e chi fu il mandante
dell’assassinio di Norma Parenti?
2)
chi fece uccidere nel carcere di Pisa Elvezio Cerboni,
e perché lui medesimo non tentò di salvare la propria vita?
3) chi
fu veramente, come capo partigiano e come uomo, Giorgio Stoppa? E perché dopo
pochi anni dalla Liberazione i comandanti partigiani delle tre brigate: III^,XXIII^ e Lavagnini, furono emarginati
dalla vita politica?
4) Chi
decise la tragica sorte degli 83 minatori di Niccioleta e degli altri quindici deportati in Germania?
Stasera la
presentazione della ricerca di Nadia Pagni, dopo la ricostruzione della vita di
Norma Parenti fatta congiuntamente ad Antonella e Anna Rita, s’addentrerà ad indagare i primi
due misteri: Norma ed Elvezio. Forse non ancora certezze, ma di certo
plausibili verità. Il 3° mistero, purtroppo, resterà ancora insoluto per altri
25 anni circa, stante la volontà della vedova di Stoppa, Maya. Il 4° mistero,
invece, ci sarà svelato probabilmente tra pochi mesi dalla ricerca di Katia
Taddei, come ella stessa ebbe a dirci il 14 giugno scorso, durante la
commemorazione dei 77 minatori di Niccioleta uccisi a Castelnuovo.
Ometto
l’elogio finale all’autrice, Nadia Pagni, che di solito si fa nelle
presentazioni, se non per affermare che essa ha fatto un grande lavoro di
ricerca su Elvezio e Norma, con una così ampia documentazione che da oggi in
avanti nessuno potrà ignorare.
Insomma,
grazie alla intelligenza ed alla tenacia femminile, forse più libera dai
condizionamenti partitici di parte maschile, che per tanti decenni hanno
contribuito a congelare la
Resistenza e i suoi protagonisti, le verità e la
riappropriazione dell’umanità dei singoli combattenti e martiri, ci appaiono
assai più vicine ai nostri sentimenti e ancora capaci di ammaestrarci di quei
valori, speranze, coerenza, onestà morale, che purtroppo vediamo rapidamente
impallidire ed esaurirsi in Italia. Grazie dunque, Nadia, ancora una volta, per
il tuo coraggio verso la ricerca della verità, con gli auguri per il meritato
successo del libro”Norma&Elvezio”, che stasera ci presenterai.
Carlo Groppi, Massa Marittima, 20
giugno 2015.
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