Anne Frank, una breve storia
d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett (2005, GB, tutti i
diritti sono riservati).
Proviamo a raccontare la storia
di una giovane ragazza ebrea, apparentemente insignificante paragonata alla
Shoah, nata in Germania in una famiglia borghese, che riesce a percepire in
tempo la minaccia dello sterminio fuggendo nella libera e democratica Olanda
mettendosi in salvo e riprendendo una vita normale. Ma ormai il mondo intero è
impazzito, non esistono praticamente più luoghi sicuri in Europa e in Asia ed
anche in Africa. Le svastiche naziste dilagano ad ovest ed ad est e Mussolini,
il grottesco tirapiedi fascista, fa il resto nei Balcani accodandosi alle
armate hitleriane perfino nell’aggressione all’Unione Sovietica. Come ci ha detto
la storia: ha fatto malissimo i suoi conti, non solo personali finendo da morto
appeso per i piedi a Piazzale Loreto, ma per la
tragedia che il fascismo causò a tutto il popolo italiano. Ma la
salvezza di Anne Frank, la piccola ebrea riparata ad Amsterdam, è solo
apparente. Anche l’Olanda viene invasa dai nazisti, e gli ebrei son costretti,
chi può, di nuovo a fuggire oppure a nascondersi. Dopo due anni di volontaria
reclusione in un “alloggio segreto” nel cuore della capitale, gli otto ebrei
che vi si erano ammucchiati vengono denunciati da un ignoto delatore e
deportati in vari Lager in Olanda ed in Germania. Tra loro anche Anne, la
sorella Margot, la madre Edith e il padre, Otto Frank, l’unico che alla resa
della Germania sarà ancora in vita. Gli altri son tutti morti. Di freddo, denutrizione e
malattie. Tra loro anche Margot e Anne. Ma Anne ci ha lasciato,
consapevolmente, un suo grande dono: un Diario, scritto nei due anni di vita
trascorsi nell’alloggio segreto ad Amsterdam. Un Diario che la renderà
immortale, perché nel buio e nella solitudine, nella paura e nell’ansia in cui
è costretta a trascorrere interminabili giorni ed anni, mai in lei verrà meno
la fiducia e la speranza, e mai la sua anima sarà conquistata dall’odio ma, bensì, dall’amore. Anne, appena quindicenne, scrive nel Diario, il 15 luglio
1944: “…noi giovani facciamo doppiamente
fatica a mantenere vivi i nostri ideali in un tempo in cui ogni idealismo viene
distrutto e schiacciato, in cui le persone fanno conoscere il loro lato peggiore,
in cui si dubita della verità e della giustizia e di Dio. Questa è la
difficoltà nella nostra epoca: gli ideali, i sogni, le belle aspettative non
fanno in tempo a nascere che vengono già attaccati e distrutti dalla realtà più
crudele. E’ davvero un miracolo che io non abbia perduto tutti i miei sogni
dato che sembrano assurdi ed irrealizzabili. Eppure li tengo stretti,
nonostante tutto, perché credo ancora nell’intima bontà dell’uomo. Non posso
costruire tutto sulla base di morte, miseria e confusione. Vedo il mondo mutare
lentamente in un deserto, sento sempre più spesso avvicinarsi il tuono che
ucciderà anche noi, provo la sofferenza di milioni di persone. Eppure, se
guardo il cielo penso che tutto questo si concluderà per il meglio, che anche
questa crudeltà finirà, che nel mondo regnerà nuovamente la tranquillità e la
pace. Nel frattempo devo preservare intatti i miei ideali, nei tempi che
verranno forse potrò ancora metterli in pratica!” Il 4 agosto 1944 Anne
viene deportata e morirà per aver contratto il tifo petecchiale provocato dai
pidocchi nel marzo 1945, appena un mese prima della Liberazione del Campo ad
opera dei britannici, nel Lager di Bergen-Belsen.
Anne Frank nacque a Francoforte il 12 giugno 1929. La sorella Margot, è vicina al suo lettino e Anne la osserva con occhi curiosi.
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