Vado la Lepre.
Tramonto, 28 giugno 2015.
Saliamo tardi al Vado la Lepre, per vedere il tramonto sul mar Tirreno, tra Vada e Rosignano. Ci troviamo P.L.F. piazzato con un 400 mm. che ha avuto la medesima idea! Siamo molto amici ed è una gioia averlo incontrato. Lui è un vero professionista fotoamatoriale, ed anche un artista dell'immagine. Io mi schernisco con la modesta fotocamera Casio 10.1 mega pixels. Ma non ho pretese. Cerco solo di catturare emozioni e raccontare storie (quando è possibile). Metto in questo post cinque sole immagini, che di meglio non son venute.
domenica 28 giugno 2015
sabato 27 giugno 2015
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(XIV)
L'unico sopravvissuto, alla fine della guerra, fu Otto Frank. Era stato separato dalla moglie e dalle figlie: Edith, Margot e Anne. Tutte loro erano morte nei Lager nazisti della Germania. La due ragazze pochi giorni prima della liberazione del Campo di Bergen-Belsen, per il tifo petecchiale. Quando Otto ritornò nel suo ufficio si sedette alla scrivania, disperato: era rimasto solo. Fu in quel momento che Miep si ricordò del Diario e glielo portò dicendo: "Questo è per te, da parte di tua figlia Anne".
Proprio allora, con queste semplici parole, la storia di Anne Frank stava per cominciare.
Nota: il curatore e adattatore sul blog di questa storia di immagini e parole ricorda che il testo originale pubblicato nel 2005 in Gran Bretagna, è apparso in Italia, sempre nel 2005, con la traduzione di Frediano Sessi, per le edizioni EL, San Dorligo della Valle (TS) - EMME EDIZIONI. Josephine Poole vive nel Sommerset, in Inghilterra. E' una nota e apprezzata autrice di libri per bambini e per ragazzi. Da molti anni collabora anche alla stesura di programmi televisivi. Angela Barrett vive a Londra, dove ha studiato al Royal College of Art. Illustratrice di numerosi libri per ragazzi, molti suoi lavori - pubblicati in Inghilterra e all'estero - hanno ricevuto premi prestigiosi.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(XIII)
La guerra stava per finire. Ma qualcuno si accorse della loro presenza e li denunciò per prendere il denaro che la polizia nazista offriva per catturare gli ebrei. E così, dopo due anni che vivevano nell'alloggio segreto i sette abitanti furono arrestati e il loro nascondiglio saccheggiato. Era il 4 agosto 1944. Quando quella sera stessa Miep salì nelle stanze trovò i fogli del Diario di Anne sparsi alla rinfusa sul pavimento e il Diario gettato in un angolo. Lei li raccolse e li nascose, nel caso che qualcuno di loro fosse ritornato dai Lager in cui l'avrebbero deportati.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(XII)
Con Peter, Anne si sentiva al sicuro: era innamorata e felice, protetta dal suo abbraccio quando guardavano fuori dell'abbaino della soffitta. La Germania, l'Italia e il Giappone stavano perdendo la guerra, e dopo il tramonto si udiva il frastuono degli aerei diretti a bombardare le città tedesche. Il loro amore era dolce e casto, così com'erano i fiori nel nocciolo che si intravedevano in basso, attraverso il vetro.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(XI)
Nell'alloggio segreto dei Frank ecco che un giorno arriva un'altra famiglia di ebrei olandesi, inviata da conoscenti; son tre persone, padre, madre e un ragazzo, di nome Peter. Anne soffriva molto la solitudine ed aveva bisogno di confidare i suoi pensieri e le sue pene. Cominciò pertanto a scrivere quasi ogni giorno sul suo Diario, fingendo di colloquiare con una amica immaginaria di nome Kitty. Al Diario raccontava tuttò ciò che accadeva quotidianamente in quelle stanzette, i litigi, le crisi ed anche i suoi sentimenti per Peter, del quale s'era innamorata. Finite le pagine del Diario, Anne continuò a scrivere su fogli di quaderno che la buona amica Miep le procurava.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(X)
Otto e Anne cercano di sistemare "l'alloggio segreto". Durante il giorno, quando al piano inferiore gli impiegati sono al lavoro, non possono fare il più piccolo rumore per timore di essere scoperti e denunciati ai nazisti; nemmeno usare il WC. Soltanto a sera, quando tutti sono usciti dagli uffici, l'amica Miep può salire a trovarli ed a portare loro qualcosa di utile.
venerdì 26 giugno 2015
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(VIII)
Nell'estate 1942 Margot riceve la convocazione a presentarsi alle autorità naziste in Olanda per essere avviata ai lavori forzati, praticamente ciò voleva dire addio per sempre alla sua famiglia. Suo padre, Otto, decide di nascondersi insieme alla moglie e alle due figlie in alcune "stanze segrete" disabitate, poste al piano superiore degli uffici nei quali si recava a lavorare. In grande segretezza, e camuffati, si trasferiscono in quell'alloggio, fingendo di aver abbandonato Amsterdam e l'Olanda. Anne porta con se le sue poche cose e, insieme ad esse, il Diario che aveva ricevuto in dono per il suo 13° compleanno.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(VII)
L'esercito di Hitler invase ed occupò l'Olanda. Gli ebrei che vivevano in quel Paese vennero braccati senza pietà ed obbligati a mettere una stella gialla, ben visibile, sui loro vestiti, in modo da essere immediatamente identificati. Sulla stella c'era una parola: "Ebreo". Ai bambini ebrei fu vietato di entrare nei parchi pubblici, giardini, cinema, teatro...ad Anne Frank piaceva moltissimo andare al cinema, ma ora non poteva più farlo. Naturalmente non poteva più andare a scuola.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(VI)
I signori Frank ascoltavano con angoscia i terribili racconti di ebrei che riuscivano ancora a fuggire dalla Germania; si parlava già dei Campi di Concentramento, oltre che della confisca dei beni e degli omicidi di strada. I genitori tentavano di far si che la vita delle due figlie fosse ancora serena, ma Margot e Anne ascoltavano di nascosto queste storie tristi e ne soffrivano molto.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(V)
Anne e Margot frequentavano la scuola ed avevano molti amici e amiche che andavano anche a trovarle a casa per assaggiare i deliziosi dolci che preparava mamma Edith. Quando Otto tornava dal lavoro raccontava loro sempre allegre storielle.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(IV)
Il signor Otto Frank si rifugiò in Olanda, con la moglie Edith e la primogenita, Margot. L'altra figlia, più piccola, Anne, li raggiunse più tardi. Ad Amsterdam trovarono un appartamento e un lavoro. Una mattina Anne fece visita al babbo in ufficio e lì conobbe Miep la sua giovane assistente. Tra loro nacque una gran simpatia e Miep cominciò ad insegnare ad usare la macchina da scrivere a Anne.
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(III)
Hitler e il suo partito nazionalsocialista dichiararono che i tedeschi appartenevano alla razza più pura del mondo, quella cosiddetta "ariana", mentre tutti gli altri popoli appartenevano a razze "inferiori", ed alcuni a razze "spregevoli", come gli ebrei. Questi ultimi andavano isolati, espulsi dalle università, dalle scuole, dalle banche e dai commerci. Compresi i bambini. Agli ebrei fu tolto il saluto, i loro negozi furono distrutti e saccheggiati, uomini e donne furono molestati e picchiati per la strada e, nel caso di un tentativo di difendersi, venivano imprigionati. Molti di loro furono costretti a fuggire dalla Germania.
giovedì 25 giugno 2015
Anne Frank, una breve storia d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett.
(2005, GB, tutti i diritti sono riservati)
(II)
La famiglia di Anne era ebrea e benestante. Quando Hitler iniziò la irresistibile scalata al potere in Germania, gli ebrei furono ritenuti i colpevoli della crisi economica che era seguita alla sconfitta tedesca nella Prima Guerra Mondiale, e cominciarono ad essere osteggiati e perseguitati.
Anne Frank, una breve storia
d’amore.
Di Josephine Poole e Angela Barrett (2005, GB, tutti i
diritti sono riservati).
Proviamo a raccontare la storia
di una giovane ragazza ebrea, apparentemente insignificante paragonata alla
Shoah, nata in Germania in una famiglia borghese, che riesce a percepire in
tempo la minaccia dello sterminio fuggendo nella libera e democratica Olanda
mettendosi in salvo e riprendendo una vita normale. Ma ormai il mondo intero è
impazzito, non esistono praticamente più luoghi sicuri in Europa e in Asia ed
anche in Africa. Le svastiche naziste dilagano ad ovest ed ad est e Mussolini,
il grottesco tirapiedi fascista, fa il resto nei Balcani accodandosi alle
armate hitleriane perfino nell’aggressione all’Unione Sovietica. Come ci ha detto
la storia: ha fatto malissimo i suoi conti, non solo personali finendo da morto
appeso per i piedi a Piazzale Loreto, ma per la
tragedia che il fascismo causò a tutto il popolo italiano. Ma la
salvezza di Anne Frank, la piccola ebrea riparata ad Amsterdam, è solo
apparente. Anche l’Olanda viene invasa dai nazisti, e gli ebrei son costretti,
chi può, di nuovo a fuggire oppure a nascondersi. Dopo due anni di volontaria
reclusione in un “alloggio segreto” nel cuore della capitale, gli otto ebrei
che vi si erano ammucchiati vengono denunciati da un ignoto delatore e
deportati in vari Lager in Olanda ed in Germania. Tra loro anche Anne, la
sorella Margot, la madre Edith e il padre, Otto Frank, l’unico che alla resa
della Germania sarà ancora in vita. Gli altri son tutti morti. Di freddo, denutrizione e
malattie. Tra loro anche Margot e Anne. Ma Anne ci ha lasciato,
consapevolmente, un suo grande dono: un Diario, scritto nei due anni di vita
trascorsi nell’alloggio segreto ad Amsterdam. Un Diario che la renderà
immortale, perché nel buio e nella solitudine, nella paura e nell’ansia in cui
è costretta a trascorrere interminabili giorni ed anni, mai in lei verrà meno
la fiducia e la speranza, e mai la sua anima sarà conquistata dall’odio ma, bensì, dall’amore. Anne, appena quindicenne, scrive nel Diario, il 15 luglio
1944: “…noi giovani facciamo doppiamente
fatica a mantenere vivi i nostri ideali in un tempo in cui ogni idealismo viene
distrutto e schiacciato, in cui le persone fanno conoscere il loro lato peggiore,
in cui si dubita della verità e della giustizia e di Dio. Questa è la
difficoltà nella nostra epoca: gli ideali, i sogni, le belle aspettative non
fanno in tempo a nascere che vengono già attaccati e distrutti dalla realtà più
crudele. E’ davvero un miracolo che io non abbia perduto tutti i miei sogni
dato che sembrano assurdi ed irrealizzabili. Eppure li tengo stretti,
nonostante tutto, perché credo ancora nell’intima bontà dell’uomo. Non posso
costruire tutto sulla base di morte, miseria e confusione. Vedo il mondo mutare
lentamente in un deserto, sento sempre più spesso avvicinarsi il tuono che
ucciderà anche noi, provo la sofferenza di milioni di persone. Eppure, se
guardo il cielo penso che tutto questo si concluderà per il meglio, che anche
questa crudeltà finirà, che nel mondo regnerà nuovamente la tranquillità e la
pace. Nel frattempo devo preservare intatti i miei ideali, nei tempi che
verranno forse potrò ancora metterli in pratica!” Il 4 agosto 1944 Anne
viene deportata e morirà per aver contratto il tifo petecchiale provocato dai
pidocchi nel marzo 1945, appena un mese prima della Liberazione del Campo ad
opera dei britannici, nel Lager di Bergen-Belsen.
Anne Frank nacque a Francoforte il 12 giugno 1929. La sorella Margot, è vicina al suo lettino e Anne la osserva con occhi curiosi.
domenica 21 giugno 2015
NORMA&ELVEZIO, di Nadia Pagni. Introduzione storica di Carlo Groppi
Gentili signore e signori, cara
Nadia, caro Sindaco di Massa Marittima, testimoni e dirigenti dello Spi-CGIL,
sono qui a tentare di sostituire l’amica Katia Taddei, impossibilitata a partecipate
per motivi di lavoro.
La presenza di alcuni
protagonisti, Salvadori, Gobbini, Mario Fatarella ed altri, che hanno vissuto in prima persona
gli avvenimenti che fanno da cornice al
libro di Nadia Pagni “Norma&Elvezio” (volume che stasera è disponibile), mi
suggerisce di ripercorrere gli eventi storici relativi al territorio maremmano
in modo riassuntivo.
Come sapete la lotta contro il
nazifascismo in provincia di Grosseto ha un avvio molto precoce e risale ai
giorni immediatamente a ridosso tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943. Non solo
ad Orbetello e Piombino alcuni reparti militari ingaggiarono dure battaglie
contro i tedeschi, ma anche i civili dettero vita a piccole bande con forte
connotazione antifascista, tra le quale si distinse quella di Massa Marittima,
ossia “la Banda
del Massetano”, per la sua elevata politicizzazione, facente capo a Elvezio
Cerboni, Renato Piccioli ed altri, poi confluita, in parte, nella 3^ Brigata
Garibaldi Bande Camicia Rossa e Camicia Bianca, e successivamente nella XXIII
Brigata Garibaldi “Guido Boscaglia”. Anche i CLN si formarono nell’illegalità,
assai precocemente, addirittura nei primi giorni del settembre 1943, sia a
Grosseto che a Livorno, Siena, Pisa ed a Massa Marittima, sulla spinta dei
“ragazzi della Torre”, la cui connotazione sociale era strettamente legata
all’attività delle miniere dove era massiccia la presenza delle forze di
sinistra, organizzate e profondamente radicate nella popolazione. In provincia
di Grosseto operarono 27 formazioni partigiane nelle quali militarono 1200
partigiani combattenti e 1759 patrioti. 155 di loro furono uccisi, 22 feriti, e
3 risultano dispersi; 24 rimasero. Inoltre 164 cittadini furono uccisi per
rappresaglia dai nazifascisti, dei quali 83 furono i minatori di Niccioleta.
La crescita e la maturazione del
movimento partigiano fu molto difficile e travagliata, nel ristretto periodo
della sua attività, cioè di soli 8 mesi, dal settembre 1943 alla fine di giugno
1944. Tra le prime formazioni più efficienti che entrarono nella lotta c’è il gruppo
creato da Elvezio Cerboni, “Capitan Mario”, il quale, dopo il 16 febbraio 1944 e
il duro rastrellamento fascista di Campo ai Bizzi al Frassine, si trasferirà nel volterrano, nella foresta
di Berignone, in area pisana, dando vita nel maggio 1944 alla XXIII Brigata
Garibaldi. La solidarietà dei mezzadri aumentò giorno dopo giorno mentre anche
l’efficienza dei partigiani si faceva sempre più intensa. Anche gran parte del
clero si schierò ormai apertamente con il movimento partigiano, specialmente
nella diocesi di Massa Marittima-Piombino. Dagli inizi di giugno l’attesismo
finì, e seguendo le direttiva del Ctln le formazioni partigiane si impegnarono
in duri combattimenti per la liberazione
di tutto il territorio toscano prima dell’arrivo degli alleati. La provincia
grossetana fu la prima della Toscana ad essere liberata e in numerosi casi, a
Grosseto, Pitigliano, Roccastrada, i partigiani svolsero un ruolo decisivo
nello scontro finale. Come sappiamo il costo della Liberazione fu elevato:
eccidi, stragi, rastrellamenti, episodi barbari e feroci, vendette, come
appunto si possono considerare quelle di cui furono vittime Norma Parenti ed
Elvezio Cerboni.
Tra i tanti valorosi combattenti
partigiani e patrioti delle Colline Metallifere, i cui nomi sono negli elenchi
ufficiali di ogni singola Brigata e negli elenchi dell’Archivio Storico Toscano
della Resistenza, tra le figure più note risaltano quelle di Elvezio Cerboni,
Norma Parenti, Mario Chirici, Alfredo Gallistru, Giorgio Stoppa, Alberto
Bargagna, Otello Gattoli, Carlo Cassola, Renato Piccioli…ed altri che m’è
impossibile qui ricordare.
Le ricerche storiche e
biografiche che conosciamo, al di là delle prime relazioni ufficiali
dell’attività ai singoli CLN territoriali d’ogni Comune, ricche di numeri e
date, ma dall’incerta cronologia e narrazione, e, soprattutto attente ad
omettere ogni particolare controverso, o addirittura a rivelare “verità
scomode”, sono procedute lente e difficoltose. Memorialistica, storiografia,
tesi di laurea, hanno sovente alimentato dure contrapposizioni. I racconti dei
protagonisti, vedi Tartagli, Tanzini, Sorresina, Tognoni, Sozzi, Cavicchi, Avanzati,
Vanni, Martelli, ecc. ecc. sono apparse molto tardivamente ed hanno toccato
numeri ristretti di “addetti ai lavori”, mentre i processi per i crimini di
guerra, uno aperto dai magistrati grossetani per i numerosi eccidi compiuti in
Maremma dalle Brigate Nere, ed un altro da quelli pisani per l’eccidio dei
minatori di Niccioleta, hanno portato, come sappiamo, a parziali verità e miti
condanne…e nel clima politico istaurato dopo il 1948 per l’avvento in Italia ed
in Germania di partiti che avevano di fatto rinnegato la Resistenza , non hanno prodotto
né chiarezza né giustizia. Ma, voglio aggiungere, in Germania la denazificazione
è proceduta più celermente ed in profondità che non in Italia.
C’è voluto, nel 1991, il saggio dello
storico pisano Claudio Pavone sulla moralità della resistenza a incoraggiare
gli storici, anche quelli locali che si occupavano di “microstoria”, ad
impegnarsi per liberare dall’imbalsamazione e dalla ripetitiva oleografia, la
memoria della guerra di Liberazione, così come richiedevano le nuove
generazioni, nel tentativo di sottrarla agli scopi contingenti e rituali del
PCI, ed anche dall’oblio nel quale l’avevano sepolta le forze dei governi di
centro destra, soprattutto la DC. Basterà
ricordare che nella rassegna bibliografica effettuata dal Coordinamento
Femminile Nazionale dell’ANPI su “Le donne e la Resistenza ”, pubblicata
nel 1989, il nome di Norma Parenti non vi è mai menzionato!
Da allora è stato percorso un
grande cammino del quale, gli ultimi traguardi raggiunti sono stati quelli di
Nadia Pagni, Antonella Cocolli, Anna Rita Tiezzi, Catia Taddei e perché no?
anche dai miei lavori usciti tra il 1998 ed il 2000 sulla Resistenza, la
mezzadria e la lotta sindacale in una grande fabbrica. Vorrei anche accennare
che in questi ultimi anni le donne si sono riappropriate, almeno come storiche
e testimoni, di un ruolo importante, nel
caratterizzare, con la loro sensibilità femminile, le vicende resistenziali,
nelle quali le donne erano generalmente relegate a comprimarie dei partigiani
combattenti, cioè a “non aver fatto niente”, dando invece il giusto peso alla
“resistenza civile” che non solo si identificava come “lotta al fascismo”, ma
come rifiuto della guerra e una ampia istanza della loro emancipazione. Una
“resistenza”, questa, che è ancora da concludersi.
Adesso la memorialistica è ampia,
gli archivi si sono aperti (anche il famoso armadio della vergogna), la
digitalizzazione dei documenti (penso al grande archivio on line
RadioMaremmaRossa, dietro al quale c’è l’infaticabile Aldo Moltalti), facilità
la ricerca che, partendo dalla storia, sfocia spesso nelle forme artistiche del
teatro, del cinema, della letteratura ed anche in opere che vanno al di là del
nostro Paese e collocano le vicende, come quella di Norma, in un ambito
universale.
Possiamo quindi finalmente
affrontare la ricerca sugli ultimi quattro “misteri” della nostra resistenza
territoriale:
1)
chi uccise, e come, e chi fu il mandante
dell’assassinio di Norma Parenti?
2)
chi fece uccidere nel carcere di Pisa Elvezio Cerboni,
e perché lui medesimo non tentò di salvare la propria vita?
3) chi
fu veramente, come capo partigiano e come uomo, Giorgio Stoppa? E perché dopo
pochi anni dalla Liberazione i comandanti partigiani delle tre brigate: III^,XXIII^ e Lavagnini, furono emarginati
dalla vita politica?
4) Chi
decise la tragica sorte degli 83 minatori di Niccioleta e degli altri quindici deportati in Germania?
Stasera la
presentazione della ricerca di Nadia Pagni, dopo la ricostruzione della vita di
Norma Parenti fatta congiuntamente ad Antonella e Anna Rita, s’addentrerà ad indagare i primi
due misteri: Norma ed Elvezio. Forse non ancora certezze, ma di certo
plausibili verità. Il 3° mistero, purtroppo, resterà ancora insoluto per altri
25 anni circa, stante la volontà della vedova di Stoppa, Maya. Il 4° mistero,
invece, ci sarà svelato probabilmente tra pochi mesi dalla ricerca di Katia
Taddei, come ella stessa ebbe a dirci il 14 giugno scorso, durante la
commemorazione dei 77 minatori di Niccioleta uccisi a Castelnuovo.
Ometto
l’elogio finale all’autrice, Nadia Pagni, che di solito si fa nelle
presentazioni, se non per affermare che essa ha fatto un grande lavoro di
ricerca su Elvezio e Norma, con una così ampia documentazione che da oggi in
avanti nessuno potrà ignorare.
Insomma,
grazie alla intelligenza ed alla tenacia femminile, forse più libera dai
condizionamenti partitici di parte maschile, che per tanti decenni hanno
contribuito a congelare la
Resistenza e i suoi protagonisti, le verità e la
riappropriazione dell’umanità dei singoli combattenti e martiri, ci appaiono
assai più vicine ai nostri sentimenti e ancora capaci di ammaestrarci di quei
valori, speranze, coerenza, onestà morale, che purtroppo vediamo rapidamente
impallidire ed esaurirsi in Italia. Grazie dunque, Nadia, ancora una volta, per
il tuo coraggio verso la ricerca della verità, con gli auguri per il meritato
successo del libro”Norma&Elvezio”, che stasera ci presenterai.
Carlo Groppi, Massa Marittima, 20
giugno 2015.
NORMA PARENTI & ELVEZIO CERBONI, un libro di Nadia Pagni.
20 Giugno 2015, Massa Marittima,
Presentazione del libro di Nadia Pagni, “NORMA&ELVEZIO”. Inroduzione
storica di Carlo Groppi. 165 presenti
che hanno firmato il registro, ma forse molti di più. Bellissimo evento, uno
dei più memorabili sui temi della Resistenza. Ho avuto l’onore, un po’
inaspettato data l’assenza della relatrice ufficiale, di fare l’introduzione
storica e di incontrare tanti amici ed amiche, conoscenti, protagonisti. Grazie
alla CGIL, all’ANPI, al Sindaco di Massa, all’editore di Effigi, ai partigiani
e patrioti presenti, per il magnifico ed emotivo avvenimento. Quando i temi
sono “alti”, diciamo pure memorie ancora vive ed eterne, quali quelle
della Resistenza, che tra le prime d’Italia si manifestò, ben prima della caduta
del fascismo e dell’8 settembre 1943, a Massa Marittima, innestandosi su radicati
sentimenti repubblicani, anarchici, socialisti e comunisti ed anche sulla
presenza di un clero che seppe prendere le distanze dal Regime fascista,
nonostante le titubanze del suo Pastore, e scendere in campo aperto, anche con
le armi, nella guerra di Liberazione nazionale, Massa Marittima, città medaglia
d’argento della Resistenza, medaglia d’Oro a Norma Parenti, medaglia d’argento
a Elvezio Cerboni, Alfredo Gallistru ed altre innumerevoli medaglie e
decorazioni al valore, può ancora oggi, con orgoglio, essere annoverata tra le
prime città d’Italia che stanno alla base della ritrovata democrazia e della
nuova Costituzione della Repubblica. E’ sul sangue dei suoi 83 minatori, uccisi
il 13 e 14 giugno 1944, rei di essersi armati per difendere le loro miniere
dalla distruzione del nemico nazifascista, che si fonda l’articolo UNO delle
nostra Costituzione. E grazie a Nadia Pagni, l’autrice dell’interessante
ricerca su Norma ed Elvezio, che si colloca quasi alla fine del cammino di
altri ricercatori locali e soprattutto dell’opera su Norma: Pagni, Cocolli e
Tiezzi e su quella di Tiziano Arrigoni su Elvezio. Un evento davvero
eccezionale! E grazie ai cittadini presenti, massetani e forestieri, per la
loro intensa partecipazione, numerica ed emotiva!
sabato 13 giugno 2015
GUERRA E
DOPOGUERRA A CASTELNUOVO DI VAL DI CECINA (1944-1945).
di Groppi Carlo.
Prima parte.
Caro Jader, cari amici della
prestigiosa rivista La
Comunità di Pomarance, mentre vi ringrazio, ancora una volta,
per accogliere la rievocazione degli avvenimenti che visse, settanta anni fa,
il Comune di Castelnuovo di Val di Cecina, mi sia consentita una breve nota
personale: non sono uno storico e non ho titoli accademici, sono soltanto un
testimone dei fatti, benché, nato nel 1938, degli stessi non mi rendessi conto
che tardivamente. Ho avuto un giovane zio, Gualfredo, l’unico maschio di una
numerosa famiglia al femminile, scomparso nella seconda guerra mondiale; mio
padre, con altri compagni, fu tra i primi curatori del luogo ove furono uccisi
i 77 minatori di Niccioleta, e tali vicende mi indirizzarono alla ricerca
storica del nostro territorio fin dal 1963. Avevo ed ho numerosi parenti negli
Stati Uniti d’America, in più a quelli di mia moglie, la cui madre era nata in
Pennsilvania, e tre zii vi emigrarono definitivamente dando origine a numerosa
discendenza “castelnuovina”. Negli anni ’90 sono entrato in contatto con
soldati e storici americani che mi hanno rilasciato memorie e testimonianze. Vediamo
dunque alcune vicende di guerra tra la fine della primavera e inizio
dell’estate 1944 nel nostro territorio, introducendo inoltre un breve capitolo
sul primo dopoguerra.
Dopo
il 14 giugno, eccidio dei minatori di Niccioleta da parte di soldati tedeschi e
italiani della RSI, e all’uccisione di altri 10 partigiani, sul territorio
comunale, cioè fino alla data del 26 giugno 1944, ormai nell’imminenza
dell’arrivo dei soldati americani, i tedeschi ritirandosi, operano per
danneggiare la rotabile S.S. 439 Massa Marittima-Castelnuovo-Pomarance, con il
162° Battaglione del Genio, un Battaglione dell’Est, e da polizia militare.
Il
gruppo di armate del generale Von Zangen che presidiano il Nord Italia inviano
in Toscana la 162^ Turkmanna, mentre dall’Ungheria arriva la 16^ Divisione
panzer grenadier SS Reichfuhrer agli ordini di Walter Reader. Affluiscono
inoltre dal sud della Francia i giganteschi carri armati Tigre del 504°
Battaglione corazzato. In alcune di queste divisioni sono presenti soldati
della RSI: la strategia è quella di ritirarsi gradualmente, “ripulire dai
ribelli le retrovie”, per attestarsi, come sappiamo sulla “Linea Gotica”
appenninica.
Relativamente
all’avanzata degli americani è una memoria del Tenente Colonnello Chester G.
Starr, che offre una succinta descrizione delle operazioni militari lungo la
costa tirrenica in direzione di Cecina e lungo la strada S.S. 439 tra Massa
Marittima-Castelnuovo-Pomarance e Volterra:
“…Con il 21
giugno la V Armata , con la Prima Divisione
corazzata, rinforzata dal 316° Reggimento di Fanteria della 91^ Divisione,
assunse il controllo del centro. Ci
furono forti combattimenti per le colline in vicinanza di Cecina e
Livorno; nel centro la resistenza dei
tedeschi si manifestò dopo la caduta di Pomarance. Il 4 luglio, l’88^ Divisione
penetrò nelle linee tra Pomarance e Volterra e si preparò all’attacco per
conquistare Volterra e altri territori a nord e per raggiungere il fiume Arno.
La difesa tedesca svolse un’azione di retroguardia su tutto il fronte, fino
alla Linea Gotica, onde rallentare l’avanzata degli Alleati, dando più tempo
possibile alle loro armate per la fortificazione del nord appenninico. Al
Centro delle Colline Metallifere la 1^ Divisione Corazzata della V^ Armata, si
fece strada su un fronte vasto talvolta 20 miglia , in un terreno
impervio e montuoso, dove le strade erano poche e tortuose. Inizialmente le
truppe da combattimento “A” agli ordini del Colonnello Daniel, e le truppe da
combattimento “B” agli ordini del
Generale Allen, stavano rispettivamente sulla destra e sulla sinistra della
strada Massa Marittima-Pomarance, ma il carattere devastato dell’area suggerì
l’impiego della Divisione di riserva di zona, l’Unità Operativa Howze. I
comandanti approfittarono di ogni strada secondaria della zona per suddividere
le loro unità in colonne più piccole e, a un dato momento, durante le prime
tappe della avanzata, gli elementi della Divisione si muovevano verso nord
lungo sette diverse strade o sentieri. Raramente più di due carri armati in
testa ad ogni colonna poterono trovare la posizione di tiro lontano dalla
strada; l’avanzata dell’Unità Corazzata fu caratterizzata principalmente da
piccole scaramucce che durarono mezza giornata ed anche meno. Alcuni nostri
soldati morirono, altri furono feriti, ma l’avanzata continuò.
Il nemico si difendeva con ostinazione
lungo la linea della SS.68. Ben lontano, sulla destra, le truppe da combattimento “A” trascorsero i
giorni dal 1 al 4 luglio dinanzi alla cittadina di Casole d’Elsa, sulla cima di
un colle, 10 miglia
a sud-est di Volterra. Vi fu un primo tentativo nel quale si fece fuoco su due
compagnie di fanteria e 6 carri armati medi, 3 carri armati leggeri e 2 carri
armati cacciatorpedinieri nemici vennero distrutti. Il 4° giorno di buon ora
dopo sette tentativi, la cittadina fu infine conquistata. Da allora la 1^
Divisione Corazzata difese le proprie
linee in attesa di rinforzi da parte della 88^ Divisione e dell’Unità Operativa
Ramey.
E’ noto che Castelnuovo di Val di Cecina fu
liberato dalla 1^ Divisione corazzata , gruppo di combattimento del generale Harmon
e così Pomarance. Proprio a Pomarance avvenne la sostituzione di questa
Divisione con l’88^ Divisione, i famosi “Blue Devils” al comando del colnnello
Joseph Crawford. Il suo 349° reggimento entrò in azione l’8 luglio partendo da
Mazzolla avanzando verso Roncolla e
Monte Voltraio, per aggirare Volterra dalla sua destra mentre il 350°
Reggimento del colonnello James Fry l’aggirava dalla sinistra. Fu così che
anche Volterra venne liberata il mattino del 9 luglio da una pattuglia del 349°
Reggimento attraverso Porta a Selci.
Dopo la conquista di Volterra la
V ^ Armata avanzerà in Valdera, fino all’Arno ed a Pontedera,
per sferrare l’offensiva su Pisa, città che, semidistrutta dai bombardamenti,
sarà liberata il 2 settembre 1944” .
In questa
scarna cronaca, talvolta di non semplice comprensione, manca qualsiasi accenno
al ruolo svolto dalle bande partigiane, ritenute dagli americani, in una guerra
mondiale globale, di marginale o nessun peso militare.
Dopo i primi
contatti, poco più chiara risulta la testimonianza di “Doc”, un
radiotelegrafista, Claude W. Waters, della V^ Armata, 88^ Divisione di
Fanteria, 349° Reggimento, i famosi “Diavoli Blu”, che fu tra i primi a oltrepassare la
Porta a Selci di Volterra,
e con il quale ebbi uno scambio di informazioni scritte nel 1989:
"...mi dispiace che ci sia poco da raccontarle,
perché ci furono pochissimi combattimenti nell'area compresa tra la SS. 1 e la SS. 2 a sud della SS.68. Dopo la
caduta di Roma, il 4 giugno 1944, i tedeschi si ritirarono più velocemente di
quanto noi potessimo avanzare al loro inseguimento con la V ^ e l'VIII^ Armata. I nostri
autocarri dovettero essere utilizzati per trasportare le provvigioni lungo
tutto il tragitto da Anzio fino a Civitavecchia e massimamente a Piombino. La
resistenza era limitata a piccole squadre, lasciate indietro dai tedeschi per
rallentare la nostra avanzata, queste squadre sarebbero poi fuggite come meglio
potevano. In alcuni luoghi furono lasciate unità più consistenti: a Cecina, per
esempio, i tedeschi combatterono duramente al fine di guadagnare più tempo per
distruggere il porto di Livorno. La nostra avanzata fu compiuta dalla 36^
Divisione sulla SS. 1, e dai francesi sulla SS. 2, l 'area intermedia era
coperta dalla Unità Operativa Howze, formata da diverse unità leggere. Il 21
giugno 1944 la 1^ Divisione corazzata, rinforzata dal 349° Reggimento di
Fanteria della 91^ Divisione, assunse il controllo del centro. Questo deve
essere accaduto quando Piombino venne conquistata e quando i paesi ai quali lei
si riferisce furono sotto il controllo della 1^ Divisione corazzata e del 361°
Reggimento. Da quanto posso vedere le uniche unità tedesche nel centro furono
quelle impegnate a distruggere i ponti, le strade e gli impianti elettrici di
Larderello. La 36^ Divisione e i francesi ripiegarono su Napoli per essere poi
impiegati nella Francia del sud e furono rimpiazzati dalla 34^ Divisione e dal
6° Reggimento sudafricano. Ci furono forti combattimenti per le colline nelle
vicinanze di Cecina e anche a Livorno. La resistenza nemica nel centro si
manifestò dopo la caduta di Pomarance. Il 4 luglio 1944, l '88° Divisione
penetrò sulla linea tra Pomarance e Volterra e si preparò all'attacco per
conquistare Volterra e altre terre del nord e spingersi verso il fiume Arno. La
difesa tedesca svolse una azione di retroguardia su tutto il territorio: da
Fondi, dove rompemmo la "linea Hitler", fino alla "linea
Gotica". Essa aveva il compito di rallentare la nostra avanzata dando ai
tedeschi più tempo possibile per fortificare il nord appenninico. I tedeschi
combatterono duramente in diversi luoghi, ma non demmo loro la possibilità di
fermarsi ed organizzarsi tra Roma e la linea di Volterra...".
Il
primo villaggio del comune di Castelnuovo ad essere liberato, al tramonto del 28
giugno 1944, è Sasso Pisano. Il parroco annota diligentemente, nel suo libro
della memoria, gli avvenimenti degli ultimi giorni del mese di giugno 1944: La sera del 28, circa alle ore 19, sono
arrivati gli americani. Il parroco, dietro invito, li ha accompagnati nelle
case del castello per accertamento di sicurezza militare. Nella medesima sera
quattro soldati sono deceduti per scoppio di granata, altri tre feriti
leggermente sono stati curati nell'ambulatorio della nostra Misericordia. Il
parroco ha visitato tanto i morti che i feriti.”
Essendo
il paese di Castelnuovo disposto sull'asse della principale via di
comunicazione esistente, la rotabile S.S. 439 Sarzanese-Valdera, che congiunge
la costa con l'entroterra pisano, fino al giorno 28 giugno è un continuo
transito di mezzi militari tedeschi ed anche di soldati tedeschi sbandati. Il
20 giugno il comandante delle truppe tedesche, generale Kesserling, transita in
ritirata e pernotta nella Villa Ginori a Castelnuovo. Racconta l'episodio il
dottor Biondi Bartolini di Pomarance che fu prelevato dalle SS e condotto alla
ricerca di una "degna" dimora per Kesserling:
"...vi era un fracasso infernale mentre andavamo per
la strada di Castelnuovo. Essi (i tedeschi) domandavano continuamente dei
partigiani. Per tranquillizzarli dicevo che non c'era pericolo. Li accompagnai
alla Villa del principe Ginori. Entrammo dentro e vedemmo che c'erano dei
soldati mongoli e tedeschi che depredavano la villa. Un ufficiale tedesco
disse: "Questi non sono soldati, sono dei maiali!". Urlando in
tedesco fece rimettere tutto al suo posto ed è probabile che il Generale
Kesserling abbia dormito nella Villa di Castelnuovo".
Alla fine di
giugno i cannoneggiamenti ed i bombardamenti degli Alleati si fanno sempre più
intensi e precisi. Ed è così che alle vittime delle rappresaglie e degli
scontri armati, si devono purtroppo aggiungere i morti e i feriti civili: il 26
giugno 1944, cade su Castelnuovo il primo obice del cannoneggiamento che
accompagna l'avanzata dei soldati americani, ormai prossimi. La cannonata
colpisce la campana maggiore frantumandola. Le schegge piovono sul sacrato
della parrocchiale affollato per la fine delle funzioni religiose: il prete,
don Stanislao Menichelli, rimane gravemente ferito all'inguine; suor Francesca
Romana ha una gamba amputata e muore dopo tre giorni di dolorosa agonia; Elvira
Giovani, paesana, muore sul colpo; la giovanetta Lenin Manetti rimane ferita ad
un piede (più tardi, nonostante il suo nome, si farà suora), Odetta Baroncini
resta ferita ad una gamba. A soccorrere il prete Menichelli accorrono mio padre
e il Ghelli: lo spogliano e gli prodigano le prime cure. Il dottor Cappelli lo
manda a Grosseto in un ospedale semiabbandonato e pieno di mosche dove don
Stanislao sarebbe certamente morto se provvidenzialmente il dottor Santarnecchi
non lo avesse fatto trasferire a Massa Marittima dove viene curato e sottoposto
ad un delicato intervento chirurgico. Rientrerà a Castelnuovo nel mese di
settembre e celebrerà la prima messa l'8 dicembre dello stesso anno. La seconda
cannonata colpisce l'arco che immette nella cripta della Porta Santa devastando
anche i soprastanti locali della sacrestia, per fortuna non facendo vittime.
Un'altra cannonata centra il seccatoio del podere Pagliaole al Monte facendo due
vittime: Giorgio Pedani e Alfredo Benini. I cannoneggiamenti durano alcuni
giorni gettando nel terrore la popolazione e cessano solo all'arrivo dei primi
soldati americani. A Castelnuovo si registrano altre due vittime tra i civili:
una bambina, Vichi Marfisa, viene colpita da un proiettile di mitraglia nelle
terre di Nicotera Barsotti, dove la sua famiglia era "sfollata",
morendo sul colpo; un operaio della Boracifera Rinaldo Sabatelli cade fulminato
dalla mitraglia dei caccia inglesi (spitfire) di fronte al Circolo dei Lagoni.
Molte case del borgo vengono colpite e distrutte.
(fine parte prima)
GUERRA E
DOPOGUERRA A CASTELNUOVO DI VAL DI CECINA (1944-1945).
di Groppi Carlo.
Seconda ed ultima parte.
In località “Piana di Sopra”, nel pomeriggio del 29 giugno, giorno festivo per i SS.
Pietro e Paolo, incontro agli esploratori americani della V^ Armata, si avvia una delegazione del CLN composta dai
principali esponenti del medesimo: Aldo Cascinelli, Gino Cascinelli, Ciro
Francini, Arnolfo Frasconi, Giovani Giuseppe, Igino Serenari, Groppi Algeri ed
altri antifascisti. E' in
questa data che il CLN di Castelnuovo ed i sottocomitati di Sasso e
Montecastelli si manifestano alla luce del sole andando a ricevere i liberatori.
Negli stessi giorni i partiti politici avviano la propria riorganizzazione: il
PCI, di cui pochi anziani ricordano o hanno vissuto la fase della scissione dal
PSI e del congresso di Livorno, ma che tuttavia è stata l'unica formazione
politica che durante il ventennio fascista ha diffuso materiale clandestino di
propaganda e ha mantenuto contatti con dirigenti di Volterra e di Pisa e adesso
si presenta, come la forza maggioritaria, sia del CLN che del movimento
partigiano, ed ha il gruppo più ampio di attivisti; il PSIUP, che ha ereditato
il ruolo del PSI come forza maggioritaria della sinistra, ma che non ha più
strutture organizzative e deve affidarsi a dirigenti "esterni" quali
Sommovigo Dante, Romano Leone, Groppi Azolino e poi ai socialisti locali Benso
Cheli, Conti Alberto, il dr. Palumbo, e alcuni giovani tra i quali Lara Bertini,
Ugo Cigni ed altri; il Pd'A, formazione non presente prima dell'avvento del
regime fascista, di estrazione intellettuale, cittadina, con le idee più
avanzate su tutto l'arco dei problemi istituzionali, con pochi o nessun seguace
nella realtà castelnuovina, e soltanto successivamente saranno raccolti i 10
iscritti necessari per ottenere un posto nel Comitato e un rappresentante nella
giunta: il piccolo possidente Meucci Gino entra nella giunta comunale. Ma sarà
un atto episodico e marginale. Infatti il Pd'A, pur avendo tra i suoi iscritti
il dottor David Lenzi, notevole figura di tecnico della società Larderello, già
ex fascista e amico di Piero Ginori Conti, sparirà rapidamente, senza lasciare
tracce. Infine si organizza il Partito Democratico Cristiano (poi Democrazia
Cristiana), un partito nuovo che ha ereditato i programmi del vecchio Partito
Popolare Italiano di don Sturzo. E' la forza politica nella quale, oltre al
clero e alle derivazioni laiche dell'associazionismo cattolico, affluiscono
molti moderati, che avevano avuto un ruolo passivo nei confronti del regime
fascista.
In un primo
tempo il PDC, che non ha strutture, sedi, esperienza politica e di
organizzazione partigiana, stenta a designare perfino i propri rappresentanti
sia nel CLN che nella giunta, ricorrendo a un anziano cattolico, Menichelli
Plinio, per poi arrivare ad un ruolo più attivo con un gruppo di giovani attivisti
non compromessi con il regime fascista, gruppo che, pur rimanendo minoritario
nella realtà di Castelnuovo, anche alle elezioni del 18 aprile 1948, assumerà
in pochi anni un ruolo sempre più importante.
Rassicurati i soldati che il paese era stato completamente evacuato dai tedeschi, i militari americani vi entrarono la sera del 29 giugno accampandosi presso il Canale e presso il Tommi mentre alcuni carri armati, scendendo dalla via della Serretta, di provenienza Bruciano-Poggio Pratone si ricongiungevano al grosso delle truppe. Da questo giorno, ai primi giorni di luglio, transitano per Castelnuovo gli uomini e i mezzi del 349° Reggimento di Fanteria comandati dal colonnello Joseph B. Crawford provenienti da Tarquinia che vanno a sostituire le truppe stremate della 1^ Divisione corazzata del Generale Harmon. Sulla rotabile polverosa è un turbinio frenetico di mezzi e di uomini: demolite con la dinamite le case che ostruivano il passaggio ai grandi camions di trasporto alla "salita di "Genesio", compresa la fonte monumentale, previo avviso alla popolazione di mettersi in sicurezza, e non uscire di casa alle ore 22, l’ora dello scoppio, passano i bulldozer e gli autocarri, i carri armati, le jeep dalle quali soldati bianchi e neri offrono caramelle e cioccolata ai ragazzi e alle donne. Gli animali fuggono ovunque spauriti, alcuni di quelli razziati dai tedeschi in ritirata vengono ritrovati qua e là, abbandonati, anche in località molto lontane dai luoghi di origine, come una coppia di vacche bianche sparita da Bruciano e rintracciata dal sottofattore Sabatino Ferrini, presso Pomarance..
Il 4 luglio
1944, il Comandante della 23^ Brigata Garibaldi, Alberto Bargagna, emette un
proclama che invita a mantenere unita la Brigata "come forza morale" e non più come
“unità combattente. Superati i primi contrasti tra i soldati americani ed i
partigiani, dopo aver ricevuto disposizioni sia dal CLN di Roma che dal Comando
Alleato, Alberto Bargagna autorizza il disarmo di tutti i partigiani e la
consegna delle loro armi e munizioni alla polizia americana.
Nel Comune di Castelnuovo di Val di Cecina
il trapasso dalla dittatura e dalla guerra alla
democrazia ed alla pace è rapido: il 4 luglio, nella sede di Municipio, il maggiore americano
Clive Robertson, incaricato degli affari civili dei territori liberati, poi con
poteri di Governatore sul sud della provincia di Pisa fino alla definitiva
riconsegna da parte dell'AMG allo Stato Italiano, si incontra con il CLN e con il commissario prefettizio ancora in
funzione, Fusi Nello, esponendo ai convenuti, a mezzo del suo interprete, che “scopo del presente raduno è quello della
nomina del Sindaco di questo Comune che deve avvenire con la designazione del
nominativo scelto con il criterio della
rappresentatività delle forze antifasciste presenti nel CLN e dell'unanimità
della designazione”, pregando i convenuti a suggerirgli la persona che si
ritiene più opportuna. Dopo pochi scambi di osservazioni i convenuti stessi
suggeriscono all'unanimità il nome del dottor Aldo Cascinelli fu Pietro. Il
Rappresentante il Governo Militare Alleato dichiara nominato, seduta stante,
Sindaco del Comune di Castelnuovo di Val di Cecina lo stesso Cascinelli Aldo,
che è presente. Il maggiore Robertson si
rallegra con lui per "...essere
stato scelto primo sindaco del Comune di Castelnuovo di Val di Cecina dopo la
caduta del fascismo". Dunque è dal 5 luglio 1944 e dal 10 luglio
(insediamento della Giunta provvisoria), che prende avvio il futuro
"assetto istituzionale" del governo della comunità locale di
Castelnuovo Val di Cecina e che tra scontri ideologici, integrazioni, dimissioni,
contrasti tra il capoluogo e le frazioni, contrasti tra le singole persone,
contrasti di natura politica tra i vari partiti, garantirà la fase della
ricostruzione, della ripresa della legalità democratica, del superamento delle
necessità più contingenti e vitali della popolazione, soprattutto degli
sfollati, dei profughi, dei senzatetto, dei mutilati e delle famiglie
economicamente più indigenti In questo contesto si colloca l’interessante
vicenda del medico condotto di Sasso Pisano, dottor Bruno Cappelli un uomo di
grande valore, come medico e scienziato, precursore della diagnosi clinica
differenziata coi sistemi dell’elaborazione dei dati, oggi utilizzata nel
mondo, via internet, il cui interessante profilo biografico è apparso sul
numero 1/2015 di questa Rivista.
Mentre la democrazia compie i suoi
primi passi e si avvia la ricostruzione...l'orchestrina di Castelnuovo, Stella
d'Argento, diretta dal Maestro Alfio Benincasa, cerca di risollevare il morale
della popolazione con grandiosi "veglioni" il cui incasso sarà
devoluto ai partigiani del Nord Italia, dove la guerra durerà ancora per altri
10 interminabili mesi! Molti ex partigiani, smobilitate le loro formazioni e
deposte le armi, si uniranno ai Gruppi di Combattimento “Friuli” e “Cremona” del
nuovo esercito italiano che si stanno addestrando, sotto la supervisione
inglese, sulle colline del Chianti. Tra loro diversi giovani di Radicondoli e
Castelnuovo. Ne ricordiamo due: Bernardi Piero, di Montecastelli, morto in combattimento presso Ravenna con il
Gruppo di Combattimento “Friuli” e Morelli Auro, cittadino di Castelnuovo, arruolato
nel Gruppo di Combattimento “Cremona”, nel quale combatté fino alla liberazione
di Padova. Intanto il nostro Comune piange i suoi soldati caduti o dispersi sui
fronti di guerra (circa ventisei, ma la cifra è approssimata per difetto),
mentre attenderà ancora a lungo il rientro di decine di internati nei campi di
concentramento del lavoro coatto del Reich: parte di quei misconosciuti eroi
che dopo l’8 settembre 1943, rifiutando l’invito di ritornare in Italia a
combattere contro i loro fratelli, quasi 600 mila, dettero un contributo
determinante per impedire ulteriori morti e distruzioni alla nostra Patria.
Si
riorganizzano le strutture ricreative (circoli), cooperative (cooperativa di
consumo, spaccio del popolo), la lega dei contadini, la camera del lavoro,
l'Unione donne italiane, sia nel capoluogo che nelle frazioni. Nello
stabilimento di Larderello si ricostituisce la C.I ., nel 1944-45 su designazione dei partiti, e
nel 1946 con elezioni generali, su liste politiche.
Il 24 settembre
1945, avviene un rimpasto nell'amministrazione comunale. Dovendosi procedere
all'immissione di un nuovo elemento appartenente al Pd'A si propone, d'intesa
con il CLN, il nominativo di Barsotti Gino fu Francesco. Si propone inoltre di
sostituire l'assessore supplente Cavicchioli Donato, dimissionario, con
Rossinelli Guido di Guglielmo (PCI) in rappresentanza di Montecastelli. Con
decreto prefettizio del 6 ottobre 1945 viene insediata la nuova giunta comunale
che ha come capo il Sindaco Frasconi Arnolfo (PCI) il quale, con un comunicato
alla popolazione emesso il 25 ottobre 1945, dà notizia alla cittadinanza degli
incarichi degli assessori: Menichelli Plinio, assessore anziano, delegato del
sindaco; Groppi Azolino, assessore ai lavori; Cheli Ciro, assessore alle
cooperative; Barsotti Gino, assessore all'annona; Fulceri Alfio, assessore
all'amministrazione; Bernardini Bernardino, cumula tutti gli incarichi per la
frazione di Sasso Pisano; Rossinelli Guido, cumula tutti gli incarichi per la
frazione di Montecastelli.
L’8 maggio 1945 ha fine la guerra in
Europa. L’Italia, grazie all’Armistizio del settembre 1943, alla scesa in
campo, soprattutto nel centro-nord, di un fortissimo esercito “partigiano”,
alla ricostituzione ed all’impiego dei primi Gruppi di Combattimento italiani,
embrione dell’esercito democratico, non subirà il durissimo trattamento
riservato dagli Alleati alla Germania ed al Giappone, ma potrà sedersi al
tavolo delle trattative di pace a Parigi con pari dignità tra i vincitori della
guerra.
Si
susseguiranno rapidamente avvenimenti eccezionali che cambieranno volto e
storia al nostro Paese: Referendum Istituzionale Monarchia o Repubblica? La Monarchia viene sconfitta
e il Re lascerà il paese; si insedia l’Assemblea Costituente, si riorganizzano
i Partiti Politici, le donne accedono al voto, si forma il Governo di Unità
Nazionale, entra in vigore la Costituzione e le
Rappresentanze Locali sono elette direttamente dal popolo…E’ l’Italia che
conosciamo, nella quale viviamo, pur con limiti, in un lungo periodo di PACE,
cercando di realizzare il progetto di costruire una pacifica Comunità tra tutti
gli Stati d’Europa.
Se avrete l’opportunità andate in
pellegrinaggio ai Falciani, alle porte di Firenze, nel Cimitero e Memorial Americano, a rendere omaggio al valore ed al
sacrificio delle migliaia di soldati della V Armata degli USA, morti per la Liberazione
dell’Italia dal nazifascismo, dei quali 4402 salme si trovano in questo
cimitero. Credo sarebbe una esperienza memorabile. Anche il Cimitero Militare
tedesco, sul passo della Futa, meriterà una visita per comprendere ancor di più
il dramma della guerra, le sofferenze che essa causa, e la necessità della
pace, della libertà e della democrazia nel mondo intero.
Iscriviti a:
Post (Atom)