venerdì 11 maggio 2012



Torremozza

Nella notte salmastra
tacciono le creature
dei campi e gli uccelli
sui rami. Il mare s'ode
appena nel ritmo
primordiale e infinito,
acqua e terra si cozzano,
e mai s'acquietano.
Siam giunti esausti
a questa casa solitaria,
si riconosce nell'ombra
dei pioppi sottili,
e sul letto umido
e disfatto, ci abbracciamo.
Siamo stranieri l'uno
all'altra, diversi, erranti
pellegrini, ma ci risplende
in fronte la bellezza
d'esser quasi bambini.
Ulula il lupo mannaro
alla campagna,
stride l'elica del pozzo
alla brezza marina,
la rugiada cade
sul canto dei grilli.
Nelle nostre parole
s'affacciano città lontane,
villeggi sperduti,
ingenui racconti,
antiche storie
d'incontri e solitudini.
Calde lacrime ci bagnano
il ciglio,
si arrendono i corpi
all'avanzar del vero.
L'alba ci strapperà
dal petto un grido
di gabbiano,
l'urlo del treno
squarcerà la sera
del plumbeo mare
a Torremozza,
e via e via e dove
e quando e chi?
Lettere si poseranno
nei cassetti
come le foglie morte
di Piazza Matteotti
e ingialliranno.
Nella storia
che mostruosa divora
i volti e gli anni,
i sogni, i nostri
affanni giovanili,
le false e vere bandiere,
l'utopia, la viltà, il dolore,
nulla rimarrà 
del nostro amore.
Solo due pioppi
slanciati alle stelle
e la lotta del mare
che mai s'arrende.
E il grido del lupo
che talvolta s'ode.

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