La valigia di fibra marrone.
Era sepolta in un vecchio mobile,
in un fondo della nostra casa,
nella cianfrusaglia di antichi ritagli
di giornali e vestitini delle bimbe
ormai spose, nel tempo che galoppa
per tutti senza mai una sosta
e si diverte alla nostra sofferenza
che si aggrappa ai ricordi lontani
mentre i giorni come sabbia fine
scivolano dalle nostre mani.
Ho aperto la vecchia valigia
ed ho sentito il profumo che uguale non c’è
nel campionario di Yves Rocher,
di ebano e argento dei tuoi amori
caro babbo, che troppo veloce
te ne sei andato,
credo in Paradiso e non sei più tornato,
lasciando nella valigetta
le impronte delle tue labbra
e delle tue mani,
e nei miei occhi lacrime bugiarde
che in segreto versavo
per alimentare l’ultima speranza
alla quale anche tu ti aggrappavi.
E, tra i ricordi che sbocciavano,
t’ho rivisto nel salottino del Serrappuccio
abbracciato alla tua Farfisa
suonare per me le
canzoni amate,
e mentre le note volavano sul giardino
delle palme svettanti,
e, dentro, il mio amore bambino…
sulle tue labbra si accennava un lieve sorriso!
Non ricordavo, caro babbo,
di possedere l’amore che ci univa
quando io diventai padre e tu bambino!
Infine, in quel gennaio,
venne dal cielo la neve, bianca e lieve,
come l’amore che ci teneva uniti.
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