mercoledì 11 maggio 2022

 

Tre doni e una filastrocca.

 

L’esuberanza  della primavera

è inversamente proporzionale

alla malinconia del mio cuore,

che troppe stagioni

si son depositate dentro

la sempre più ristretta memoria,

si che mi stupisco d’aver ancora

l’ardire di comporre

parole strampalate,

alimentando la poesia del nulla.

 

Ho qui, di fronte ai miei occhi,

gli ultimi tre libriccini,

tre doni assai graditi,

di amiche e amici,

letti velocemente,

con un po’ di commozione e d’invidia,

per “quella tristezza che a poco a poco

cresce, guardando il passato,

le foto, e poi diventa tenerezza

e poi non si sa che”:

come dice un poeta

arabo che amo.

 

Gli fa da controcanto

un campo di rossi papaveri,

come rosse furono le bandiere

nel mio cuore,

che ci riporta al versato sangue

della Liberazione,

ora che siamo sudditi o schiavi

di chi tiene in mano

le chiavi.

 

 

Ma ecco che all’alba

incontro sul bordo dell’amore

il battagliero canto,

che lascia la porta socchiusa

a un vento segreto,

a occhi che vedono i miei sogni:

così ritorno sulla via del rifugio,

a quel  trifoglio prativo

del Serrappuccio,

lassù, lontano dal dolore,

al sogno.

 

Madama Colombina

s’affaccia alla finestra

mentre passano tre fanti

su tre cavalli bianchi,

bianca la sella, bianca la donzella,

fior d’aglio e fiordaliso…

 

veloce si snoda la filastrocca,

mentre tutto il Mondo canta,

canta lo gallo, canta la gallina,

ed io supino nel trifoglio

vedo splendere un fiore

che non coglierò.

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