27 GENNAIO, GIORNATA DELLA MEMORIA DELLA
SHOAH
Ho avuto la fortuna di avere per amico,
per oltre 30 anni, un ebreo di Plzen. Un ebreo che riuscì a fuggire, pochi giorni prima che il suo Paese fosse invaso dai nazisti, in
Inghilterra dove si arruolò nella Legione Cecha e, decorato due volte al valor
militare, fu tra i primi soldati anglo-americani, che liberarono la sua città
natia. Non trovò più nessuno della sua famiglia, erano stati tutti deportati e
uccisi ad Auschwitz. Nella sua vita si dedicò a raccogliere le memorie della
Comunità ebraica della Boemia Occidentale, ricercando gli antichi cimiteri, le
epigrafi, i luoghi di culto, e le testimonianze dei superstiti. Mi coinvolse
nelle sue ricerche, affidandomi delicati incarichi e facendomi incontrare con
alcune persone, con le quali instaurai rapporti di amicizia. Mi ero talmente
immedesimato nella tragedia della Shoah, che anche in Italia posi molta più
attenzione alle vicende degli ebrei, ai deportati ed alle vittime, in
particolare della Toscana, raccogliendo memorie, testimonianze, immagini e
collaborando a ricerche storiche. Ebbi la fortuna di avere testimonianze
dirette sul piccolo Campo di Internamento per gli ebrei, allestito nella
Colonia Estiva della Diocesi di Grosseto, nei pressi del borgo di
Roccatederighi, comune di Roccastrada in provincia di Grosseto. E’ da questo Campo che alcuni bambini, insieme ai loro
familiari, furono inviati dai militi della RSI, agli ordini di Ufficiali
nazisti, ad Auschwitz, e nessuno di loro sopravvisse: Franca, Enzo, Regina,
Mary, Edita, Hans, Walter, Mosè e Gigliola…ed altri di cui ci è sconosciuto il
nome ed il numero preciso. Il Campo di
prigionia, dal quale partirono nella primavera del 1944 due distinti convogli
per Auschwitz, era stato affittato al Comando Nazista dal Vescovo di
Grosseto...e il suo silenzio successivo resterà come una ignominia eterna. Da
C.N. ebreo grossetano nato nel 1923 ed internato in quel Campo, raccolsi la
testimonianza. E fu lui a raccontarmi la vicenda di Gigliola Finzi, figlia di
una coppia di livornesi e nata in quel Campo pochi mesi prima della deportazione
ad Auschwitz insieme ai suoi genitori: “…invece fu uccisa senza pietà una
bambina, nata nel Campo di Roccatederighi, figlia di un livornese F; la madre
cercò in tutti i modi di nascondere la sua gravidanza, e poi la neonata, senza
riuscirvi. Furono tutti e tre spediti ad Auschwitz, e si seppe che il pianto
della piccolina era stato zittito
uccidendola con due o tre colpi d’arma da fuoco, gettandola in aria all’arrivo
del treno. Meglio non parlarne!” Ho pubblicato un opuscolo ed alcuni saggi su
riviste e in un capitolo del mio libro
“La piccola banda di Ariano”, ed. 2003. Sono
andato più volte a Roccatederighi, in particolare il giorno della inaugurazione
di un monumento “condiviso” tra ebrei, cattolici, ANPI, ed autorità locali, con
la presenza del Rabbino della Comunità ebraica di Roma. Pochi, o nessuno, mi
conoscevano di persona, ed io mi limitai a scattare fotografie aggirandomi tra
i convenuti. Fu così che volgendo le spalle ad un gruppetto di signore riuscìi
ad udire un brano della loro conversazione: “...io non sapevo nulla di questa
vicenda, ma come hai fatto a scoprirla?” “è stato attraverso un libro, scritto
da un certo signor Groppi, che son venuta a saperlo!” Allora non potei fare a
meno di girarmi verso di loro presentendomi: “gentili signore, quel certo
signor Carlo Groppi sarei io!”. Ebbi
domande, abbracci, strette di mano, inviti e, successivamente, lettere! Fu un
grande onore!
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