PICCOLI INCONTRI LETTERARI (PIL).
ANNI FELICI.
Il progetto di questi “incontri” partì nel 2006 da
due-tre persone del Comune di Radicondoli, Lara, Rosella, Daniela e il luogo
prescelto fu l’allora Casa della Memoria “L’Aquilante” di Belforte. Lo scopo era quello di una socializzazione
intorno a temi creativi di scrittura, prosa, poesia, oroscopo, ed anche di
consumare un piccolo dolce e sorseggiare un bicchiere di spumante! Intanto stavamo
diventando amici! Gli incontri si svolgevano cosi: in ogni singola riunione c’era
un tema diverso (ma si poteva anche andare fuori tema) e, in senso rotatorio
ognuno poteva esprimersi. Seguiva una piccola discussione. Siamo partiti con un
incontro al mese, con qualche sfalsamento, fino all’inizio della pandemia che
ci ha bloccato per due anni. Cambiata la sede da Belforte a Radicondoli, persi
per strada alcuni del gruppo iniziale, i PIL sono ripresi nel 2023, ma qualcosa
era cambiato, sia nelle presenze, che nelle sedi, e, forse, anche per impegni
di lavoro delle storiche coordinatrici, così di incontri ne sono stati
effettuati soltanto tre. Il futuro rimane incerto. Nel 2017 fu pubblicato un
delizioso libriccino, con testi dei partecipanti e le originali locandine che
ogni volta annunciavano il PIL, vere e proprie piccole opere d’arte! Un inno
alla creatività!
Io, che fui “incoronato” poeta nel 2007 a Belforte da
una mia coetanea, scrittrice e poetessa, che non c’è più, Marta Liti, sono
stato un fedele partecipante, godendo, anche al ritorno, spesso nella sera e
nel buio, della magia del cielo, dei boschi, e delle presenze animali. Avevo
anche un ricordo lontanissimo, un amore adolescenziale al Mulino delle Cerbaie,
ormai sepolto tra le rovine e gli arbusti, lungo il fiume, e rallentavo la mia
corsa per mandare un saluto romantico a chi non c’era più! Ebbi anche un “apprezzamento”
letterario da una ragazza che aveva scelto come tema “Il Museo dell’Innocenza”,
parlando del mio viaggio a Istanbul, al mio amore per Orhan Pamuk e al suo
grandioso romanzo.
Il mio tema fu “Chinatown” e si svolse nella seduta dell’ottobre
2014:
“In Chinatown mi ci sono smarrito (e ritrovato) molte
volte. Dapprima, a scuola, nel disegno geometrico, cartografico e di macchine
industriali usando il Graphos e gli inchiostri di china nero e colorati, della Pelikan;
successivamente in quelli della Koh-I-Noor, negli anni cinquanta leader dei
prodotti per la grafica, con sede a Praga, per uso di ufficio; successivamente
in alcune letture fondamentali: Il bisturi e la spada e Stella rossa sulla
Cina, la storia della lunga marcia di Mao Tse Tung. Poi nelle poesie del fiume
Wang ed in quelle presentate da Montale, soprattutto dei poeti Tu Fu e Li Po
che tanta influenza hanno avuto nella mia evoluzione letteraria, infine in
quelle di Brecht e nei racconti di Lu Xsun, Premio Nobel per la letteratura
agli inizi del Novecento. Poi arrivarono il “libretto rosso” di Mao con le
edizioni delle sue opere tradotte in italiano e pubblicate dalle Edizioni
Oriente, presso le quali lavorava un mio compagno di partito, insegnante nelle
scuole di Milano, originario di Sasso Pisano. In quegli anni mi ero abbonato
alla rivista illustrata di propaganda cinese, stampata a Pechino in lingua
italiana, LA CINA e, anche grazie ai contatti con Dinucci, un comunista pisano
poi approdato, attraverso Tirana, in Cina. Ma l’incontro più affascinante fu
quello con una anziana giornalista, una americana-apolide, Anne Luise Strong, dimorata
a Pechino, che non solo scriveva sulle principali testate politiche del mondo,
ma inviava a qualche centinaio di amici una periodica “Lettera dalla Cina”, con
gli aggiornamenti e le considerazioni su quel periodo esaltante e controverso
della “rivoluzione culturale cinese”. Mi piacerebbe che qualcuno dei presenti
al PIL, se lo riterrete opportuno, leggesse una poesia “cinese” da me scritta e
pubblicata nel libriccino “Grazie alla Vita”.
Canzone della dolorosa felicità.
Si
legge nel poema dei “salici azzurri”,
di
come misteriosamente il poeta Wang
s’innamorasse
di una leggiadra fanciulla
di
diciott’anni, mentre lui
stava
per varcare la soglia dei settanta,
e
di come fosse ricambiata
la
sua folle passione
Era
Wang d’animo generoso,
saldo
nelle membra che l’ubbidivano;
nella
lunga vita fortunato in amore,
non
disdegnando, tra le concubine,
amanti
aver serve e contadine
d’ogni
villaggio, sempre le più belle
e
bramose: a tutte regalava i fiori
della
sua poesia, prima di partire.
Instancabile
cercava la felicità
che
ancor non l’avea saziato.
Ma
la vergine d’ebano e avorio
portava
negli occhi una luce
divina e selvaggia, scudo e spada
del
suo cuore candido.
Wang
le rubò un bacio e Lù
rapida
s’asciugò le lacrime
con
la manica della sua veste fiorita,
e
fu in quel momento che il poeta
stringendola
a sé arditamente, le parlò:
<t’amo
per la tua gentile bellezza,
la
sottile sensualità delle movenze,
amo
i tuoi occhi ed i tuoi denti,
i
pomi dei tuoi seni ardenti
e
la morbidezza delle tue cosce,
se
sarai mia non avrai ricchezza,
né
figli, né gloria imperiale,
ma
solo il fardello dell’immortalità>.
Lù
l’ascoltava con piccolo tremore,
ma
quando tacque accostò le tumide
labbra
alla sua bocca, entrò infine
e
morse con voluttà, poi,
con
un gemito roco, disse le tremende
parole:
<mio amore inatteso e doloroso,
senza
futuro, vorrei mangiare
il
suono della tua voce!>
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