giovedì 31 gennaio 2013







E io, ragazza gentile dal  sorriso triste…
Un omaggio a Esenin, Chagall, Fiumi e Holan.

Ricordo tutto di lei e dell’incantesimo che mi stregò l’anima. La prima volta la vidi nella sala d’attesa di uno Studio dentistico. Ebbi l’inatteso regalo di un sorriso acerbo, triste. Pensai: ma com’è possibile che questa ragazza, novella venere emersa dall’oceano del kaos e del nulla, abbia un dente ammalato? La seconda volta venne a suonare alla mia porta: cercava proprio me, per un piccolo lavoro scolastico. Se ne andò contenta. Vecchi così giovani e dalla viva memoria non se ne trovavano molti. La terza volta, quella fatale, fu una sera d’estate sotto i tigli. S’incontrarono gli occhi e ancora non riesco a comprendere come fu che a lei mi rivolgessi con parole ardite. Le dissi che l’amavo, per la sua bellezza. A tale proposito aggiunsi che non dovevano essere, le mie, parole nuove, perché la bellezza è un dono difficile da nascondere e non sarei stato certamente il primo a farglielo notare. Fu un anno mirabile, ricco di eccezionali minimi avvenimenti. Il più sorprendente, uno strano rapporto tra noi. Per la maggior parte furono coinvolte le onde elettromagnetiche, altre volte, gli occhi, le mani, le labbra, i capelli, i denti, i vestiti, i profumi, le canzoni…infine ci fu un incontro speciale, nella città di***, dove ebbi modo di ammirarla in un’eleganza inconsueta; non fui il solo a notarla, era al centro dell’attenzione generale…il nostro legame si fece più intimo. Convertiti ai nuovi sistemi di comunicazione eravamo immersi nelle onde elettromagnetiche. Naturalmente camminavamo sull’alta corda di un circo, sospesi nell’aria, senza alcuna protezione, perché tutto c’era precluso sulla terra. Dopo essere avanzati pericolosamente, in un miracoloso equilibrio, la corda oscillò ed entrambi cademmo al suolo. Mi leccai le ferite che sanguinarono a lungo. Lei, uscì dalla mia vita. Uscì, si fa per dire! Il tempo implacabile continuava la sua marcia verso l’infinito, passarono gli anni…poi, una sera d’autunno c’incontrammo: poche parole, freddo, paura. Infine la sognai, per la prima volta: eravamo seduti al Caffè Flora, e dalla bianca camicetta sbottonata fissavo i suoi capezzoli rosso bruni, come more selvatiche, finché l’intero sogno svanì. Pochi giorni dopo, mentre stavo parlando con una amica tra la gente che affollava un mercato rionale, eccola avvicinarsi nella nostra direzione. Scorgendomi ebbe il moto istintivo d’abbracciarmi, ma, repentinamente cambiò idea, si bloccò tendendomi la mano. Sorridemmo entrambi, un po’ impacciati, scambiandoci due baci d’amicizia. Oh! in quei due baci lievi tutto riemerse dal profondo e il cuore sobbalzò come quando l’attendevo nel crepuscolo…

Mi godo quest’ora arcana del giorno
che muore senza stelle
nella frescura d’una brezza marina.
In alto, i castagni in fiore,
riverberano l’ultima luce,
mentre nel boschetto dei ciliegi
l’usignolo apre il suo concerto
appassionato. Si direbbe la felice
conclusione di un giorno perfetto
se non mi stringesse una pena
il cuore, l’assenza di te.
Che il nostro sogno non avrà mai fine
lo sappiamo, se pur dell’ultimo
bacio il grande ardore è svanito
e nulla rimane di quegli sguardi
languidi, di quel verginal tremore.
Ti dico addio sul piccolo pianeta
che mai rivedrò,
occhi di velluto, bocca di rubino,
oh! desiderio di baci immaturi,
turgidi seni che non stringerò!

domenica 27 gennaio 2013




Massa Marittima, 25 gennaio 2013. Roberta Pieraccioli e Lorenza Mazzetti.

The sky is falling (Il cielo cade).
Giornata della memoria.

E’ stata una grande emozione quella di incontrare, in carne ed ossa, Lorenza Mazzetti. Un nome antico, della mia gioventù, quando leggendo il settimanale comunista “VIE NUOVE” m’imbattevo in una pagina (che saltavo) intitolata “Il lato oscuro” di Lorenza Mazzetti. Dunque Lorenza era comunista e “analista” mentale. Allora seguivo anche assiduamente “Cinema Nuovo”, ed in particolare m’interessavo alla filmografia di Cesare Zavattini. Forse fu proprio attraverso Zavattini che seppi del dramma della Fattoria del Focardo, a Rignano sull’Arno, in provincia di Firenze, nel quale furono uccisi, il 3 agosto 1944, la moglie di Robert Einstein e le due figliolette (travolto dal dolore Robert si ucciderà un anno dopo, nella stessa Villa). Nella pur ampia memorialistica della Resistenza e degli eccidi l’avvenimento era passato molto in sordina. D’altra parte, niente di paragonabile al dramma collettivo dell’uccisione degli 83 minatori di Niccioleta (Massa Marittima), dei quali 77 ammazzati il 14 giugno 1944 proprio a Castelnuovo di Val di Cecina (Pisa), a poche centinaia di metri dalla casa nella quale abitavo. E nemmeno degli 8 partigiani fucilati dai nazifascisti, tra il 14 ed il 24 giugno, in luoghi poco distanti. Io non avevo capito bene il rapporto di parentela tra gli Einstein uccisi al Focardo e il famosissimo Albert Einstein, premio Nobel per la fisica e celebre per la sua “teoria della relatività”, credevo che fossero suoi nipoti, invece la parentela è meno stretta, Albert e Robert erano cugini. Tuttavia ignoravo che una delle due bambine risparmiate dall’odio nazista, fosse proprio lei, Lorenza Mazzetti. Era venuta a presentare a Massa Marittima, per la “giornata della memoria”, il suo racconto autobiografico,  “Il cielo cade”, Sellerio editore, premio Viareggio nel 1962, utilizzato per la sceneggiatura del film “The sky is falling” (Il cielo cade). Parlare con lei, ascoltare la sua fragilissima voce, farsi contaminare dalla sua tenerezza ed ironia è stato meraviglioso! Proprio come il film che in diretta ella ha commentato, “Il cielo cade”. Tra poco uscirà, sempre per Sellerio, il secondo libro di Lorenza, “Diario londinese…”, praticamente la seconda parte della sua autobiografia, drammatica, creativa e piena di speranza. Adesso Lorenza (nata a Roma nel 1928), abita nella città natale e dirige un teatro per bambini, il “Puppet Theatre” di Campo de’ Fiori, di cui è l’ideatrice. Fa bene all’anima il solo sapere che esistono persone come Lorenza. 

mercoledì 23 gennaio 2013


Attesa

Come ogni volta la prima neve ci sorprende
col suo silenzio, ammonisce, specialmente i poeti,
a non abusare delle parole con inni alla gioia,
né con romanticherie sul bel tempo andato,
lei cade e basta coprendo verità e menzogna
alla stessa maniera, e se noi ci rigiriamo insonni
tra le lenzuola sentendole dure e pesanti,
non sarà certamente colpa della neve, né del pensiero
che domani dovremo spalarla, almeno dalle scale.

La lasceremo intatta, questa volta,
sperando che la sciolga l’alito caldo dello scirocco
che s’aprirà un varco tra i monti  
e lo sbocciar delle gemme primaticce del melo
e, perché no?, l’arrivo della lettera  che da tempo
attendevamo, il rifiorir d’una nuova primavera,
solo apparentemente sepolta dal gelo.  

lunedì 21 gennaio 2013

ATTENZIONE!

Gradualmente vorrei riappropriarmi della mia intimità. Ringrazio gli amici e le amiche cancellati da FB. Mi scuso con gli altri che seguiranno. La posta tradizionale funziona. A quella elettronica risponderò sempre. Il presente blog GRAZIEALLAVITA sarà ancora attivo. Il telefono (telefonino) m'è nemico, perdonatemi se non trascriverò il numero. Chi cerca trova. Coordinate:
Carlo Groppi Via R. Fucini, 11  56041 Castelnuovo V.C. (PI) Italia
karl38cg@libero.it
http://www.karl-grazieallavita.blogspot.com

martedì 15 gennaio 2013




Fosini, Gerfalco, la montagna…qualche volta, come i morti,
la perduta memoria ritorna.

Nel marzo 2005 uscì il primo numero di una rivistina trimestrale, di sedici pagine, organo ufficiale della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra. La Fondazione intendeva svolgere nell’ambito del territorio di riferimento, una costante opera d’informazione in merito al proprio ruolo sociale a favore della collettività, ma, allo stesso tempo, lasciando ampia libertà d’azione alla Redazione, relativamente ad altri temi culturali. All’epoca ricoprivo la carica di vicepresidente dell’Organo di Indirizzo e m’ero impegnato a fondo per la realizzazione di questo strumento. Entrai in Redazione con il numero 3/2005, insieme al Presidente della Fondazione Edoardo Mangano, al vicepresidente del CdA Ivo Gabellieri, ed al consigliere Fabio Fiaschi. Direttore responsabile il giornalista Pietro Gasparri e collaboratori Gianna Fabbrizi, Cristina Ginesi e Luca Socchi, quest’ultimo responsabile del progetto e della realizzazione grafica. Fotografo ufficiale e coordinatore delle immagini il membro dell’OdI, signor Fabio Fiaschi. Un ruolo attivo veniva svolto dallo staff della segreteria della Fondazione, coordinato dal segretario capo Roberto Sclavi: Pamela Frosali, Elena Sarperi, Tamara Villani,  alle quali successivamente, si uniranno Ilaria Fausti, Romina Del Testa e Natascia Bandinelli. Due le tipografie, per i primi quattro numeri la Grafitalia (Peccioli), per tutti i rimanenti Bandecchi & Vivaldi di Pontedera. Non intendo fare una bibliografia degli articoli dei 31 numeri usciti, né una analisi del ruolo della rivista (che spero prosegua il suo corso anche con il recente rinnovo degli Organi della Fondazione – 4 novembre 2012), ma soltanto estrapolare un brano da due “pezzi” della serie “In questa terra fai perdere le tue tracce…Incontri, poesia ed emozioni tra Volterra e le Colline Metallifere”, iniziata con il numero 3 ottobre 2007 e proseguita per dieci numeri fino all’ottobre 2009. “…un primo dell’anno limpido e frizzante di qualche tempo fa io e mia moglie partimmo a piedi da Gerfalco per la scalata alla Cornata, una montagna fatta a schiena d’asino o a denti di sega, alta più di mille metri. Gerfalco è un borgo medievale che si affaccia a solatia ai piedi del monte con le case in pietra rosa, la chiesa di San Biagio che lo domina dall’alto di una scalinata, l’antico monastero agostiniano giù in basso. Praticamente disabitato per la crisi economica e la chiusura delle miniere si rianima brevemente soltanto nei mesi estivi coi numerosi villeggianti, spesso ex gerfalchini, alla ricerca di memorie, pace e frescura. Un unico circolo-punto di ristoro all’ingresso del paese offre gli essenziali comfort. L’ascesa è lunga ma la fatica è ripagata dall’immensità dei panorami, da Siena ad Est, all’Argentario a Sud, a Populonia ad Ovest, e Volterra e gli Appennini a Nord. Dunque salivamo lo stretto tratturo, lentamente e con fatica. Dietro a noi, passi più decisi e finalmente una coppia più giovane ci raggiunse, sopravanzandoci. In vetta ci ritrovammo e non fu difficile sorriderci ed avviare uno stentato contatto con frasi smozzicate in tedesco ed italiano. Mi presentai come scrittore di storia locale e geologo dilettante; lei era una famosa scrittrice di libri per bambini, Friederun, ben apprezzata non solo in Germania, e lui un collezionista avanzato di minerali! Venivano dalla loro casa di Ciciano, poco discosta dal monte, la casa dove era vissuta negli anni ’20 del secolo scorso la poetessa Dina Ferri. Ne parlammo con emozionante sorpresa e gioia. La poetessa pastora nata nel podere Prativigne, nei pressi di Anqua, nel 1908 e morta a Siena, giovanissima nel 1930, era infatti l’appassionato oggetto delle mie ricerche. Anche Dina era salita, in un memorabile giorno di rivelazioni, sulla vetta della Cornata; lei che non era mai andata oltre Anqua e Chiusdino, aveva saputo dal padre, Santi, indomabile e puro socialista, da quale parte stava la verità e da quale la menzogna di fronte al fascismo vittorioso. La stessa verità, la stessa scelta di vita, che su queste montagne fecero più tardi centinaia di giovani partigiani della XXIII Brigata Garibaldi “Boscaglia”, e tra loro moltissimi volterrani, alcuni pagandola con la morte, per ridare dignità e speranza ad un popolo intero. Sommessamente mi tornarono alla mente quei versi disadorni, ascoltati da vecchi mezzadri, un tempo abitanti montanini, prima che la fuga dalla terra amata ed amara, li disperdesse per sempre, i versi di Dina:


Vorrei fuggire nella notte nera,
vorrei fuggire per ignota via,
per ascoltare il vento e la bufera,
per ricantare la canzone mia.
Vorrei mirare nella cupa volta
fisse le stelle nella notte scura;
vorrei tremar ancor come una volta,
tremar vorrei, di freddo e di paura.
Vorrei passar l’incognito sentiero,
fuggir per valli, riposarmi a sera,
mentre ritorni, o giovinetto fiero,
chiamando i greggi, e piange la bufera.
                    
Avevamo fatto tardi, lassù. Ma l’aria era fresca e trasparente e la facciata del Duomo di Siena rifulgeva nell’oro del tramonto. Cominciammo a scendere attraverso una fitta abetaia, verso Nord,  giungendo rapidamente ad una antica cava di pietra, di calcare rosso ammonitico, nella quale è possibile raccogliere belle conchiglie fossili. Infatti la sommità della montagna è costituita da calcari del Lias e desta sempre un certo stupore pensare che milioni di anni or sono essa costituiva il fondale di un mare molto profondo, più di duemila metri! Dalla cava si scende ancora a due poderi abbandonati, Romano e Campo alle Rose, dai quali si diparte una comoda strada, tutta in quota, che ci riporta andando verso sinistra, a Gerfalco.

Risuona il mio passo sopra la landa;
sordo, dalla terra, mi accompagna.
L’autunno è venuto, la primavera remota:
tempo felice vi fu mai una volta?
Fumi di nebbia, spettrali all’intorno;
è nera l’erba, il cielo è così vuoto.
Non fossi mai venuto qui, di maggio!
Amore e vita, tutto è passato! (T. Storm)

Ma…direte voi, perché non abbiamo raggiunto quel bellissimo castello merlato che si erge sullo sperone di roccia bianca, laggiù in basso? E’ il castello medievale di Fosini e dalla Cornata vi si arriva soltanto a piedi per una ripida mulattiera, oppure con un “fuoristrada”,  stando molto attenti ai tratti in forte pendenza ricoperti da una grossolana ghiaia mobile. E’ una escursione che richiede almeno quattro ore, ma che certamente ripagherebbe la fatica tanto insoliti ed aspri, quasi selvaggi, sono i panorami, fragoroso lo scrosciare dei torrenti, misterioso lo stormire del vento nel bosco disabitato. Il Castello, ricco d’antica storia, è ormai in declino, spoliato degli arredi e delle suppellettili, lasciato in balia delle forze della natura. La chiesetta addossata alle mura è ormai crollata e così l’abbeveratoio, un tempo centro di vita e di incontri. Affacciarsi al muretto che protegge dal precipizio, nell’ultimo sole del tramonto, ci darà un’emozione forte, tanto più profonda nel mutevole ciclo della natura, o meglio, quando gli elementi si scatenano: allora parrà di vivere una saga e il tempo perderà la sua misura in un misto di stupenda magia e di sogno. E se sarà un giorno di primavera e il sole brillerà sullo smeraldo del prato che cinge il cassero a Sud, sedetevi sotto il vecchio mandorlo e pensate a me e ai tanti ignoti destini che vi si sono incrociati:

E’ un piacere squisito tenere tra le braccia quella che desideri,
quando col battito del cuore ti confessa la prima volta d’amarti…”

Dal  nuovo incontro coi luoghi e dalla magia delle solenni parole alla fine del primo atto del dramma di Ibsen “Quando noi morti ci destiamo…”, riemergono ricordi sepolti:

E mi guardò, con occhi sfortunati…

Quando la vidi, per la prima volta,
affacciata alla finestra delle scale,
subito m’entrò nel cuore il dolce male
che non dà scampo, lo chiamano amore.

Bella e selvaggia, come le rocce bianche
e l’acqua vorticosa del torrente,
come il turbine che fa gemere le querce;
malinconica come il suono dei campani
che a sera scendono dal monte.

La ritrovai ad una veglia alpestre,
e mi guardò con occhi sfortunati,
stava seduta in disparte, senza amici,
un brutto morbo l’aveva accarezzata.

Le andai vicino, porgendole la mano,
e lei s’alzò, sulla gamba buona,
la strinsi a me nel ballo, fattomi ardito
da un desiderio oscuro e sovrumano.

I nostri occhi saettavan strali,
scrutarono nel profondo cose ignote,
sentimmo crescer dentro noi la fiamma
che pura avvince, e rende immortali.

Oh! mia perduta sposa,
quante volte son tornato a quella balza,
al verde prato sotto il mandorlo e le mura,
oggi rovina, cercando un tuo sorriso,
mia regina, un bacio tuo,
                               per risentirti viva!

lunedì 14 gennaio 2013


Cosetta…

Ieri sera, saltando qua e là sui canali televisivi, ho visto alcune scene iniziali dei Miserabili, quella famosa del vescovo che dona a Valien l’argenteria, sottraendolo al male e consegnandolo al Bene, e quella dell’apparizione di Cosetta. Cosetta…mi son venute a mente le parole iniziali di una canzone che cantava un gruppetto di uomini al Circolo del CRAL, proprio sul corso principale del paese, dispensiera la famosa Ercolina, negli anni? forse 1953 o 1954. Anche noi adolescenti eravamo tollerati a questi cori, pur non bevendo vino, ma la spuma s. francesco. Erano uomini buoni, anche se per la maggior parte sempre un po’ brilli, amici dei nostri genitori, e padri dei nostri coetanei, alcuni erano stati partigiani, altri vecchi antifascisti, ma c’era anche qualcuno che era stato fascista, come un certo Ghelli di Pontedera, che s’era ravveduto. I più erano comunisti e socialisti, come Bimas, il Calzolarino, il Brizzi, Faro o Faruk, Patatina, Pallino, la Lonzina…il Nai, Barroccino, Strascicagiubbe, Menotti, Culo, il Mencacci, e tra i più giovani Itavio, il Costagli, il Santucci, il Bigio…Cantavano le canzoni anteguerra, a sfondo sentimentale, e talvolta anche qualche canzone politica, come, ad esempio, La guardia rossa, o quelle anarchiche, Addio Lugano bella, e Sante Caserio. E’ passato più di mezzo secolo eppure, anche se deformate, molte strofe e parole mi son rimaste in mente, insieme all’atmosfera irripetibile di quella stanza piena di fumo, i tavoli con la pietra di marmo, la colossale macchina espresso per il caffè, e, soprattutto, i piccoli bicchieri da vino, che non restavano mai vuoti ed il cestino delle uova sode! Eravamo tutti maschi, esclusa Ercolina, e così talvolta si poteva cantare anche qualche canzone “licenziosa”, magari a sfondo anticlericale…come l’ingenuo “spazzacamino” oppure la più ardita “chi è che bussa al mio convento?” Quante risate! Col trascorrere delle ore, le teste un po’ annebbiate dal vino e dal sonno, la comitiva, che intanto si era assottigliata, cominciava a dar segni di malinconia, ed allora ecco le canzoni “cosetta”, “era un tramonto d’aprile”, “la povera Cecilia”, “lo porti un bacione a Firenze”, “Piemontesina bella”, “maria angelona”, qualcosa di romano e di napoletano…poi Menotti, che era un omone corpulento e basso di statura, attaccava, tra le lacrime, “se fossi una rondinella, vorrei volare, vorrei volare, vorrei volare in braccio alla mia bella…”, tentando di sollevarsi, senza riuscirci, sulle punte dei piedi! Cominciava il bello, e immancabile era “Miniera” che strappava lacrime a fiumi, seguita da “un bel giorno andando in Francia”…Poi c’era da mettere a letto Gino di Massimina, che aveva la sbornia piangina anche per strada, e inneggiava al “grande Lenin e al grande Stalin”, mentre gli altri più o meno traballanti si reggevano sulle proprie gambe, anche se malferme. Ce n’è rimasto soltanto uno vivo, Livio, gli altri sono emigrati nel vero “paese dell’anima castelnuovina”, lassù, dov’era l’olmone, nel nostro Camposanto. E chissà se nel mistero dello spazio infinito questa combriccola non si riunisca ancora a far sorridere l’Altissimo e gli Angeli cantando Cosetta e le altre canzoni! Ho ritrovato una versione di Cosetta, tra le più originali, che ripropongo: 

"Cosetta, Cosetta"

domenica 13 gennaio 2013

"Parlami d'amore, Mariù" - Janusz Popławski, tenor




Libri editi ed inediti (news 5).

1)      C’è a Siena una libreria che vende libri usati, rari e d’occasione. La frequento da molti anni, da quando ne era proprietaria la mitica signora Ancilli, alla quale in tempi recenti è subentrata la proprietà e gestione delle sorelle Belli (figlie del poeta e uomo di cultura, Franco, da poco scomparso). Ci vado quasi ogni volta che mi reco a Siena, non solo per comprare, che le mie risorse si son ridotte al lumicino, ma per curiosare e fare quattro chiacchiere, sempre interessanti, con una delle sorelle Belli. Adesso è possibile via internet seguire l’evoluzione della libreria con i nuovi arrivi e le segnalazioni che appaiono su FB, magari ordinare i libri desiderati andando sul link www.libreria-ancilli.it  L’orario di apertura della Libreria Ancilli è LU – SAB dalle 10 alle 19,30. Ma, ancora meglio, andate a Siena in libreria, Via delle Terme, 45, luogo incantato di molti desideri, e qualcuno, ogni tanto appagato (alcuni giorni fa è toccato a me con l'introvabile saggio (finora), di E.M.Butler "Rainer Maria Rilke", Rizzoli, Collezione Sidera, Prima Edizione Italiana 1948, traduzione di Lidia Storoni, pp. 450, brossura un po' slegata, prezzo d'acquisto 15 €.!    E’ da più di mezzo secolo che m’interesso al poeta Rilke, soprattutto attraverso le edizioni Einaudi delle sue opere. Recentemente ho trovato alla Liberia Ancilli il testo Briefe an einen jungen Dichter, edizione del 1929, con le famose lettere al signor Kappus. Ma questo ponderoso saggio e E.M. Butler: “Rainer Maria Rilke”, non citato nell’ampia bibliografia che precede le Poesie 1907-1926 di Rilke, curato da Andreina Lavagetto, edito da Einaudi, 2000, non viene citato. Perciò la curiosità mia è grandissima e non appena avrò terminato la lettura di Suite francese di Irène Némirovsky, mi ci immergerò totalmente. Ma il libro di E. M. Butler mi aveva attratto anche per altri due motivi, uno d’antiquariato, dato che si tratta della prima edizione italiana (1948), l’altro per il nome della traduttrice”Lidia Storoni”, nome abbastanza familiare, soprattutto per aver tradotto (magistralmente) il romanzo di Marguerite Yourcenar “Memorie di Adriano”, del quale ho l’edizione  dei Coralli di Einaudi del 1963, credo la prima, e il volume dei millenni iscrizioni funerarie, sortilegi e pronostici di Roma antica. Adesso è possibile, rapidamente, su internet, farsi una idea del valore di questa intellettuale, storica, scrittrice e traduttrice, Lidia Storoni Mazzolani (19011 – 2006). Ebbene, come si vede, anche da un solo dimenticato volume, quante strade ci vengono indicate da percorrere! Una, per me, è il carteggio Lidia Storoni – Marguerite Yourcenar, che in parte appare sulle recenti edizioni di Memorie di Adriano a partire dal 1981 e in parte si trova sull’edizione francese dell’opera omnia della Yourcenar…Oh! che dolcezza questi incontri tardivi e la speranzosa attesa di nuovi!

venerdì 11 gennaio 2013


Marsili: il vulcano che potrebbe dare un grosso contributo all’elettricità prodotta da energia geotermica ?


Iniziate le trivellazioni per verificare le condizioni e la fattibilità del progetto per sfruttare l’energia geotermica del più grande vulcano sottomarino del Mediterraneo
GeotermiaNews
Redazione
11/01/2013

Come da programma (erano previsti infatti nel 2013) sono iniziati i lavori di trivellazione della parte più superficiale del vulcano sottomarino Marsili, che si trova circa 140 chilometri a Nord della Sicilia e che deve il suo nome a Luigi Ferdinando Marsili, fondatore dell’oceanografia marina.
L’area vulcanica sottomarina di Marsili è considerata una delle zone più ricche di giacimenti di calore fluido tra quelle conosciute: l'acqua che si infiltra nei numerosi vulcani presenti si surriscalda raggiungendo temperature fra 350 e 400 gradi, e potrebbe essere utilizzata per produrre energia elettrica.
Il Marsili è lungo 70 km e largo 30 km e raggiunge con la sommità –partendo da circa 3.000 metri dal fondo marino- una quota di circa 450 metri al di sotto della superficie del mare. È ritenuto fra i vulcani sottomarini più attivi del Tirreno.
Con il Marsili Project Eurobuilding, il vulcano potrebbe dunque diventare la prima fonte di approvvigionamento di energia geotermica off-shore, aprendo la strada ad una nuova frontiera della produzione di energia da fonti rinnovabili.
Il progetto è guidato da Eurobuilding spa e condotto in collaborazione con Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Centro di Ricerche e Studi Sperimentali per le Geotecnologie dell'Università di Chieti (CERS), Istituto di Scienze Marine (ISMAR) del CNR e Politecnico dell'Università di Bari.
La prima fase, con che ha ricevuto l'autorizzazione da parte del ministero per lo Sviluppo Economico, prevede di realizzare una prima trivellazione del “coperchio” per verificare le condizioni e la fattibilità dell'opera. Se i risultati saranno positivi proseguirà la fase del progetto industriale che prevede di pompare una parte dell'acqua calda presente nel giacimento sottomarino e utilizzarla, sotto forma di vapore, per azionare delle turbine per la produzione di energia elettrica.
«E’ un progetto unico al mondo e che punta a sfruttare entro il 2020 circa 200 MW di potenza elettrica sfruttando il calore dell’acqua che circola all’interno della struttura sottomarina del vulcano Marsili» ha spiegato il responsabile della comunicazione scientifica del Marsili Project Eurobuilding, Diego Paltrinieri.
«L’obiettivo –dice ancora Paltrinieri- è di ricavare quattro piattaforme senza fare troppi scavi: con quattro o cinque pozzi ricaveremo 200 MW; le piattaforme saranno poste a 80-100 km dalla costa e sarà il primo impianto off-shore di geotermia».
«Il Marsili –aveva spiegato Paltrinieri in una recente intervista su Lucida.mente.com e ripresa da distrettoenergierinnovabili.it- non erutta da tempo imprecisato, ma ha una elevata attività geotermica. Il vulcano si comporta come un bollitore: abbiamo trovato a circa 10 km di profondità la camera magmatica. In essa il magma risale lentamente, ma resta all’interno. Non è come il Vesuvio: è più di tipo effusivo. Il corpo del vulcano, all’interno, ha fratture e l’acqua si infiltra. Su questo bollitore abbiamo un coperchio costituito da uno strato sedimentario, ma l’acqua all'interno ha una pressione che supera i 200 bar. Si ipotizzano 400-500 gradi di temperatura. Siamo in una fase della vita del vulcano matura per sfruttare la geotermia, perché il suo magma ha alta capacità di generare elettricità».
In merito alla pericolosità del vulcano e della possibilità che una sua possibile eruzione possa provocare uno tsunami, lo stesso Paltrinieri rassicurava che erano già state fatte valutazioni tenendo conto delle indicazioni fornite dalla protezione civile.
«L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia –spiegava il responsabile della comunicazione scientifica del Marsili Project Eurobuilding- ha esaminato tutta la zona siciliana, calabra e campana: non sarebbero stati rilevati tsunamiti (depositi lasciati dal passaggio di onde di tsunami nel record geologico ndr). Risulterebbe dunque che non ci siano stati fenomeni di tsunami importanti nelle ultime migliaia di anni».
L’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) a fianco del progetto di sfruttamento del vulcano Marsili dovrebbe comunque creare una rete di monitoraggio permanente, finanziata con fondi europei e della Regione siciliana, che prevede il posizionamento di sistemi di rilevamento nel Tirreno meridionale in grado di fornire dati 24 ore su 24 tramite Internet, sulla base di quanto è già stato fatto nell’ambito di un altro progetto europeo guidato sempre da INGV, ovvero l’European Multidisciplinary Seafloor Observatory, che studia i processi di varia natura che hanno luogo nelle profondità oceaniche.
I vantaggi del portare a termine questo progetto secondo Paltrinieri sono di grande levatura, per quanto riguarda la possibilità di «generare energia elettrica dalla geotermica con minore dipendenza energetica dai Paesi esteri».
«Se il Marsili Project funzionerà -dice Paltrinieri- si potrà sfruttare un potenziale compreso tra 800 MW e 1 GW. Questo progetto apre, dunque, le porte a una fonte energetica pulita e inesauribile».

sabato 5 gennaio 2013

Ultimi giorni di vacanze!










Tra due giorni riapriranno le scuole e il ritmo giornaliero sarà scandito dall'orario delle lezioni e dei rientri, in più due pomeriggi di palestra, due di piscina e il lunedì pomeriggio dall'ora di catechismo...l'euforia del Natale e la tiepida attesa della Befana resteranno solo ricordi e qualche giocattolo rotto...ma comunque ricordi belli d'ore felici. Essere diventati "nonni" già in là con gli anni ci fa godere sensazioni inimmaginate, senza obblighi gravosi, e praticamente con inclinazioni alla regressione infantile. Per tale motivo siamo "cercati" dai nostri piccoli, più come amici e compagni di gioco, che come burberi pedagoghi. Ieri, ad esempio, c'è stata la gita nei boschi, a fare un fastello per accendere il camino; ed oggi, vigilia dell'Epifania, il divertimento è stato quello di realizzare la famosa "casetta" di Hansel e Gretel, tutta di zucchero, panpepato, glassa e aromi di zenzero...che domani mangeremo completamente al pranzo rituale! Ci insegnano molte cose nuove questi bambini, ma la più importante è quella di guardare ogni giorno con occhi innocenti, pieni di speranza, umiltà e riconoscenza.  

venerdì 4 gennaio 2013


In piena espansione il sito geotermico di San Jacinto-Tizate (Nicaragua).

In piena espansione il sito geotermico di San Jacinto-Tizate
La centrale di San Jacinto, in Nicaragua.

La RAM Power, compagnia specializzata in energie rinnovabili, è entrata nella Fase 2 del progetto che riguarda una delle aree geotermiche più vaste ed interessanti dell'America Latina

La RAM Power Corporation, un'azienda specializzata nello sviluppo, produzione e vendita di elettricità da energia geotermica, ha annunciato in questi giorni l'avvenuto ingresso nella Fase 2 del progetto riguardante l'area geotermica di San Jacinto-Tizate.
La Fase 2 del progetto consisterà inizialmente in una serie di test volti a verificare le performance delle apparecchiature di produzione appena installate e la loro affidabilità “sul campo”.
Il progetto San Jacinto ha visto la luce nel Dicembre del 2009 con un accordo con il Governo che prevedeva l'installazione di due gruppi da 36 MW (72 MW totali) che avrebbero sostituito i due gruppi da 5 MW già presenti in centrale dal 2007.
Agli impianti di produzione a singolo flash (ovvero tradizionali) sarà affiancato un impianto a tecnologia binaria da 10 MW.
L'area di San Jacinto (40 chilometri quadrati, situati nella parte nordoccidentale del Nicaragua a circa 90 chilometri da Managua) è considerata dagli esperti una delle aree più interessanti dell'America Latina dal punto di vista geotermico, e riveste una grande importanza per il Nicaragua. I rapporti hanno infatti evidenziato una capacità produttiva pari a oltre 600 tonnellate/ora di vapore più che sufficiente ad assicurare la compatibilità con i piani di sviluppo previsti dalla Fase 2 del progetto.
Il Piano Nazionale di Sviluppo del Paese sudamericano prevede per il 2013 che almeno per il 50% del fabbisogno elettrico sia assicurato dalle rinnovabili, e che nel 2017 questa percentuale raggiunga addirittura la ragguardevole cifra del 94%. Proprio per questo il tassello rappresentato dal progetto San Jacinto rivestirà una enorme importanza, dato che dovrà fornire, secondo le previsioni degli analisti, circa il 17% del fabbisogno elettrico. Inoltre, San Jacinto, contribuirà allo sviluppo infrastrutturale ed economico del Paese su un doppio binario: da un lato l'energia elettrica prodotta dagli impianti geotermici potrà essere venduta ad un prezzo inferiore del 37% rispetto alla media nazionale del prezzo dell'energia (il che renderebbe quest'energia non solo appetibile sul mercato elettrico per il Nicaragua ma anche per le altre nazioni del Centro America, aprendo così un mercato più vasto e, evidentemente, redditizio) e dall'altro creerà circa 600 posti di lavoro nel momento di maggiore impegno.
“Siamo soddisfatti delle performances ottenute con le turbine appena installate” -ha affermato Tono Rodriguez, vicepresidente dell'area America Latina di RAM Power- “visto che hanno ampiamente superato le nostre aspettative e ci spingono a continuare a credere in questo progetto”.

giovedì 3 gennaio 2013

Fosini, foto.





Il maldocchio ai maialini.

Iniziai le ricerche storiche sulla mezzadria e sulla sua scomparsa, nei primi anni ’90 del secolo scorso, dando poi alle stampe, nel 1999, il volume “Il malocchio ai maialini. Lotta politica e vita quotidiana dei mezzadri nelle Colline Metallifere Toscane (1944-1955). Precedevano il testo vero e proprio la poesia e l’introduzione che ripropongo. Non è una forma di pubblicità, in quanto questo fortunato libro, si esaurì dopo poche settimane dalla sua pubblicazione in mille copie. La sua fortuna si deve in gran parte alle “microstorie” di uomini e donne, gente umile, che mai avrebbero immaginato di contribuire alla memoria storica di una intera Comunità. Il loro tam-tam pubblicitario fu entusiasmante.

Fosini.

Or che dei cacciatori è spento il grido
e rapide scendono le brume d'autunno
un gran silenzio avvolge le vecchie mura
del castello di Fosini sulla scogliera bianca.
Non una voce, né un passo, né un lume
per miglia intorno, la tenebra azzurrina
fredda di stelle misteriose s'accende:
solo il Riponti nella valle s'ode.
Sorge la luna a oriente sui Tre Colli
e il tenue raggio fluttua tra gli abeti,
batte ai vetri del cassero,
nell'orto spoglio indugia,
di lontane veglie suscita ricordi
di volti e nomi e baci e canti
che nel gorgo del passato son spariti.
Il signor della notte apre nel vento
l'ali piumate per ghermir la sua piccola
preda; ora è lui il padrone della torre,
delle memorie antiche, dei sogni e degli
                      amori di gioventù,
quando spensierato con gli amici salivo
al rustico ballo dei contadini:
e palpitante e caldo nella timida mano
era il seno delle ragazze
che bevevano vino, dolce lo sguardo
che prometteva amore e ingenuo
il riso, sincere le parole.
Ora ha rapito con ben più forti artigli
le immagini dolcissime e innocenti
il tempo che precipita e non da scampo
ai mortali e il nulla ci spalanca
le sue porte e intorno a noi, come
a queste rovine, sarà tenebra e oblio.
Oltre il muricciolo, oltre la roccia
che domina la balza,
lancio una piastrella levigata
e scivolar leggera l'accompagno
verso il burrone, che il buio ha colmato.

 Introduzione.

       Il crollo della mezzadria avvenuto in Italia tra gli anni '50 e '60 del secolo XX° e l'annullamento di ogni nuovo patto mezzadrile con la Legge 15 settembre 1964, n. 756, hanno causato l'abbandono pressoché totale delle campagne dell'Alta Val di Cecina e delle Colline Metallifere, dato che questa forma di contratto agrario era quella più largamente diffusa, determinando una dispersione estrema dei soggetti umani e, con essa, il dissolvimento di un antichissimo patrimonio culturale, stratificatosi in lotte sociali, memorie,  parentele, usi e costumi.
      L'eccezionale ritrovamento dei verbali delle riunioni della più piccola struttura organizzativa del Partito comunista italiano (Pci). la cellula, e nel caso specifico la cellula dei mezzadri dell'area nord-ovest del paese di Castelnuovo di Val di Cecina, ci permette di rivivere, seppure molto sommariamente, il clima politico esistente nelle aree rurali, i temi discussi e le vertenze sindacali, facendoci conoscere l'attività e l'organigramma del Pci all'interno della nostra Comunità. Intorno al "quaderno" (scritto in uno stile gergale scarno e, talvolta, quasi indecifrabile), ho tentato di materializzare l'immagine di un più vasto panorama sociale ricostruendo a grandi linee lo scontro di classe nel mondo contadino (provinciale e regionale), dalla Liberazione al 1955.
      Le difficoltà incontrate nel rendere più viva e palpitante la ricerca si percepiscono nelle brevi biografie dei quattro capocellula comunisti, ormai lontani da quegli anni, con la memoria e con l'emotività, tanto che nella trama della testimonianza si avverte la perdita di coscienza  del ruolo svolto nella direzione della cellula e nel microcosmo della sezione urbana del Pci. I lettori devono accettare sulla fiducia la maggior parte delle notizie del libro e, principalmente, quelle relative alla cronologia, in quanto mi è apparso inutile sovraccaricare un volume come questo con un lungo e complesso apparato di rimandi e note specialistiche. Le fonti e la bibliografia che compaiono alla fine del tomo rappresentano l'elenco completo delle opere utilizzate e pertanto esse non vanno considerate come guida sistematica per ulteriori letture di approfondimento. L'autobiografia del dirigente comunista Steno Ferri, i ricordi e le riflessioni di vivaci personaggi: Adelmo, Tonino, Rino, Bruno e Moderino; le storie "al femminile" di Maria, Rita ed Ilva, l'intreccio tra sudore, lotta politica e poesia, nella narrazione di Eugenio, insieme alle tante altre voci che dal sottofondo si affacciano alla ribalta dell'epopea contadina di quegli anni, consentono tuttavia di gettare un piccolo fascio di luce su un mondo sempre più avvolto dall'ombra, un mondo perduto che, come cantò un poeta di origini contadine, disperato di nostalgia, non ritornerà:

"...non vedo più la rossa trebbiatrice
e quella folla mezza eretica
e mezza timorata che a Dio dice:
- Signor salvaci, troppa è la fatica! -.

Non sento più l'odore del vecciato
pan e i soavi cantici del Maggio,
quel tempo ormai lontano se n'è andato
senza ritorno, nella memoria, fu il viaggio.

      "Il maldocchio ai maialini. Lotta politica e vita quotidiana dei mezzadri nelle Colline Metallifere (1944-1955)", fa parte organicamente della ricerca storica su Castelnuovo Val di Cecina, un'opera vasta ed impegnativa che intende restituire la memoria del proprio passato ad una Comunità che rischiava di perderla definitivamente. La cronaca degli avvenimenti inizia molto prima del periodo indicato, si può dire all'alba del secolo XX° con la data di nascita di alcuni dei protagonisti, ma ho ritenuto opportuno dar maggiore risalto agli anni più rappresentativi e rappresentati ai quali si riferiscono, compenetrandosi, il diario della cellula e la cronologia. La lettura del quaderno manoscritto contenente i verbali delle riunioni di una cellula comunista negli anni 1947-1951, la cellula Pianaggello, dal nome di un podere appartenente alla fattoria del Canale di proprietà della famiglia Bresciani di Volterra, ha destato in me il forte desiderio di ridar voce  a un'epoca ed uomini che non ci sono più: il primo dopoguerra, il Partito comunista italiano, i mezzadri. La realizzazione di questo desiderio si deve, in larga misura, agli autori del libro "L'uomo e la terra. Lotte contadine nelle campagne pisane", che ha rappresentato un fondamentale punto di riferimento e di ispirazione. Il quaderno a righe di quinta con la copertina in brossura nera mi è stato fornito da Alvaro Cheli e Angelica Senesi nell'agosto 1994. L'intervista ai due ex mezzadri e le relative note biografiche risalgono a poche settimane dopo. Grazie alla loro affabile disponibilità ho potuto iniziare la ricerca, che si è snodata nel corso degli ultimi cinque anni. Ad Alvaro ed Angelica, a tutti coloro che non mi hanno negato la collaborazione fornendomi immagini, indizi e cronache (anche se, talvolta, solo in minima parte riportate nel testo); alle numerose persone intervistate, va il mio ringraziamento. In particolare desidero sottolineare l'importante contributo di: Enzo Bartoli, Ferrero Bellini, Aldo Bianciardi, Rino Cambi, Alvaro Cappellini, Marziale Cappellini, Metello Cappellini, Rita Cappellini, Adelmo Carli, Navarino Cerboneschi, Nello Cerboneschi, Antonio Cini, Renato Confortini, Steno Ferri, Primo Frosali, Ilva Gorini, Rita Guarguaglini, Nely Lisi, Ario Lolini, Wanda Masi, Mirella Pacini, Maria Pericci, Bruno Ricci, Eugenio Rossi, Erasma Salvi, Ermanno Serenari, Paola Triolo, Leonardo Viola. Con loro ringrazio l'amico Muzio Bernardini, sindaco di Castelnuovo, per aver scritto, con toni delicati e partecipati, la prefazione al volume, segno tangibile di un grande amore verso la nostra storia che onora tutta la Comunità. Le due quartine che chiudono l'introduzione appartengono alla lirica "La mezzadria", del mio coetaneo e sfortunato amico, Pier Giorgio Bianchi di Massa Marittima. La ricerca della documentazione fotografica si è rivelata assai ardua. Ho trovato, infatti, poche immagini, di incerta datazione, ed eterogenee nei soggetti. Nessun gruppo, rarissimi i ritratti, nessuna foto di manifestazioni politiche o di feste campestri locali. Per tali motivi ho ritenuto più opportuno utilizzare una serie di fotogrammi relativi ad una "trebbia" al podere "Fossoni II°" di Castelnuovo, delle quali sono l’autore, risalenti alla fine degli anni '50, che documentano le fasi del faticoso lavoro. La pubblicazione è stata possibile grazie al generoso contributo economico dell' Ente Cassa di Risparmio di Firenze ed al sostegno degli altri soggetti patrocinanti: Amministrazione comunale di Castelnuovo Val di Cecina, Comunità Montana dell'Alta Val di Cecina; Associazione culturale "Il Chiassino". Spero di non deludere la loro fiducia.
      Infine, un fugace accenno ai miei rapporti con i mezzadri: nell'autunno 1945 avevo lasciato il podere Carbonciolo e tutta la famiglia materna  per vivere in paese con quella paterna. I genitori si erano separati e una riconciliazione appariva impossibile. Eppure, quei brevi-lunghissimi anni trascorsi in campagna, in una famiglia di poveri contadini, non li ho più dimenticati ed anzi, man mano che le stagioni della vita si accumulano essi ritornano più vividi nella mia memoria. Una folla di personaggi, di animali, di stornelli, di proverbi, di fumo e di cenere, di fossi e di sorgenti, di lontane mutevoli visioni marine, di funghi e di neve, di ginepri e ginestre e di donne vecchie prima del tempo, imbacuccate ed alacri e di bambini con le scarpe sformate, mi si para continuamente innanzi. E con loro la mestizia dei magri raccolti, la gioia del rubare agnelli e formaggio al fattore, i vaghi ed incomprensibili accenni a "dare la terra a chi la lavora": perché la terra e tutto il monte, il bosco e i prati della pastura mi parevano soltanto nostri!   Questo lavoro è dunque dedicato ai mezzadri che ho conosciuto nella primissima infanzia, anche se il tema politico va oltre l'intimo e il particolare, ed insieme a loro a tutti gli uomini e alle donne che hanno lottato per un mondo nuovo, prima di arrendersi e fuggire dalla terra amara e amata, quel mondo irripetibile tradito da una speranza troppo immensa e ardita.


Carlo Groppi, 1999.

mercoledì 2 gennaio 2013


A Gerfalco.

Arrivare al piccolo borgo di Gerfalco è sempre emozionante. Sia che si giunga dall’unico accesso di strada rotabile asfaltata, sia che si risalga dal borgo di Travale, su una strada sterrata, stretta e ripida, attraversando il fiume Cecina; sia che si raggiunga dal Castello di Fosini, in un percorso di quattro chilometri sui costoni della montagna più alta (1059 metri) tra il monte Amiata  a sud e la catena degli Appennini che fascia l’intera Toscana. Qualche decina di anni or sono gli accessi da Travale e Fosini erano possibili solo a piedi o a cavallo o a dorso di mulo, adesso è invece possibile giungervi più comodamente a bordo di un’auto, naturalmente con tutte le cautele possibili dato che nei quattro chilometri montani la velocità non dovrà superare i 5 km/h, per l’estrema pericolosità di scambio con un mezzo che procedesse nella direzione opposta. Gerfalco è un paese molto antico, florido  negli anni intorno al Mille, quando nelle sue viscere si scavava l’argento per battere la moneta dei Vescovi di Volterra. Queste miniere risalgono addirittura all’epoca etrusca e ancora oggi se ne conservano i resti. In linea d’aria, benché esso non sia visibile da Castelnuovo, la distanza è piuttosto breve, poco più di 5 chilometri, mentre con l’auto occorre percorrerne più di trenta. Quando ero giovane ci andavo a piedi, in una sola giornata, partendo prima dell’alba e rientrando al calar della notte. D’altra parte al Castello di Fosini andavo spesso, specialmente al ballo dei contadini. C’erano lassù, e nei poderi della sua immensa corte, delle ragazze bellissime e selvagge. Molti paesani l’hanno sposate, altri le hanno amate. Due di loro le hanno sposate i miei cugini Alberto e Galeazzo. Amo tantissimo questi luoghi selvatici, appena sfiorati dalla globalizzazione, terra aspra senz’uomini, disseminata di ruderi, per decenni e solo da poco grazie al taglio degli immensi boschi, ridestata a vita nova, seppur diversa. E ieri, primo giorno dell’anno 2013, in parte in auto ed in parte a piedi, ho ripercorso l’antica mulattiera, ridestando le memorie e godendo di rinnovate emozioni. Col cielo gravido di pioggia nel primo pomeriggio, poi con una spera di sole al tramonto, non ho potuto documentare questo ritorno come avrei voluto. Propongo dunque poche immagini di sintesi: il castagno millenario; la veduta del Castello di Fosini; la strada nel bosco e il bosco; il podere abbandonato Campo alle Rose, la chiesetta dell’Apparita e il Borgo di Gerfalco dove nell’unico Circolo.bar abbiamo preso un caffè ed un gelato. Il caffè al ginseng (moderno) ma per il gelato la barista m’ha detto che da mesi non se ne faceva più uso…al che le ho chiesto quanti anni di età avessero quelli ancora presenti nel frigo…mi ha risposto <circa uno>, ma si erano mantenuti bene! Infatti l’ho digerito senza alcun problema.